Due articoli sull'"inverno della Chiesa":
1) Un articolo di Rodari sul Foglio ricorda l’appello del 1971, firmato dai più eminenti intellettuali dell'epoca, presentato a Papa Paolo VI affinché fosse mantenuto il tesoro della liturgia di sempre, sia pure accanto al rito riformato. Questo per evitare un suicidio culturale che non aveva precedenti se non, forse, la decisione dello sceicco Omar, subito dopo la conquista maomettana, di far bruciare tutti i testi conservati nella biblioteca di Alessandria d'Egitto perché "se ripetono le parole del Corano, allora sono superflui; se dicono cose diverse, allora sono dannosi". Un'attitudine mentale non dissimile da quella dello sceicco Omar agitava evidentemente chi era in posizione di potere nella Chiesa dell'epoca, Paolo VI compreso (pur nelle sue mille titubanze), tanto che questo clamoroso appello non produsse null'altro che un miserabile indulto, ristretto all'Inghilterra, per poter continuare a fruire, sotto molte condizioni, del Messale del 1965. Fu il cosiddetto Agatha Cristie indult, perché il nome della scrittrice inglese, pur tra tante altre firme ben più prestigiose, fu quello che impressionò di più Paolo VI... E così le cattedrali cristiane furono, metaforicamente e non solo, demolite.
Ecco l'articolo:
Era il 6 luglio 1971 quando il Times pubblicava un appello inviato alla Santa Sede da parte di un gruppo di intellettuali, personalità del mondo della cultura e dell’arte per salvaguardare la messa antica. Furono gli intellettuali, infatti, prima di altri, a percepire l’eliminazione della messa antica come un attentato alle tradizioni di un’intera civiltà. Lo firmò anche Agatha Christie. Con lei Jorge Luis Borges, Giorgio De Chirico, Elena Croce, W. H. Auden, i registi Bresson e Dreyer, Augusto Del Noce, Julien Green, Jacques Maritain, Eugenio Montale, Cristina Campo, Francois Mauriac, Salvatore Quasimodo, Evelyn Waugh, Maria Zambrano, Elémire Zolla, Gabriel Marcel, Salvador De Madariaga, Gianfranco Contini, Mario Luzi, Andrés Segovia, Harold Acton, Graham Greene, fino al famoso direttore del Times, William Rees-Mogg.
Ecco parte del testo dell’appello: “Uno degli assiomi dell’informazione contemporanea è che l’uomo moderno sarebbe divenuto intollerante di tutte le forme della tradizione e ansioso di sopprimerle. Come molte altre questa apodittica affermazione è falsa. Anche oggi è proprio la cultura a riconoscere più ampiamente il valore delle tradizioni. E’ evidente che se un ordine insensato decretasse la demolizione totale o parziale di basiliche e cattedrali, sarebbe ancora una volta la cultura a levarsi per prima e con orrore. Si dà il caso però che basiliche e cattedrali siano state edificate dai popoli cristiani per celebrarvi un rito antico duemila anni, che fino a pochi mesi fa era una tradizione universalmente vivente. Alludiamo alla messa cattolica tradizionale. Essa dovrebbe cessare di esistere alla fine del 1971. Questo rito ha dato vita a una folla di opere infinitamente preziose: non soltanto di mistici e dottori, ma di poeti, filosofi, musicisti, architetti, pittori e scultori tra i più grandi, in ogni paese e in ogni epoca. I firmatari di questo appello rappresentano ogni ramo della cultura moderna internazionale. Essi chiedono con la massima gravità alla Santa Sede di voler considerare a quale tremenda responsabilità andrebbe incontro di fronte alla storia se non consentisse di lasciar vivere in perpetuità la messa tradizionale, sia pure a fianco di altre forme liturgiche”.
2) Il quotidiano semi-ufficiale della Conferenza Episcopale Francese, La Croix, ha pubblicato un sondaggio indipendente sull'appartenenza e la pratica religiose dei Francesi. I dati sono angosciosi. In appena quarant'anni dal Concilio, il cattolicesimo sta letteralmente scomparendo. I danni della 'Nuova Pentecoste' conciliare sono incommensurabili e mai eguagliati da alcuna catastrofe del passato: nemmeno le invasioni barbariche, o la dominazione musulmana in Spagna, poterono altrettanto e in così breve lasso di tempo. Ecco alcuni dati del sondaggio:
Nel 1965, l'81% dei Francesi si consideravano cattolici. Oggi, solo il 64%. Di questi, solo uno su quattro ha meno di 35 anni.
Dati ancor peggiori per la pratica domenicale: se prima del Concilio il 27% dei Francesi andava a Messa la domenica, oggi solo il 4,5% (quota a sua volta composta, quasi per metà, da pensionati).
Quanto alla ricorrente affermazione dei progressisti, quando cercano di mascherare il loro fallimento, per cui cui la Chiesa avrebbe guadagnato in qualità ciò che ha perso in quantità, ecco la solidità dottrinale dei pochi praticanti francesi residui:
- per il 75% dei praticanti, la Chiesa deve consentire la contraccezione
- per il 68% dei praticanti, la Chiesa deve consentire l'aborto
- per il 69% dei praticanti, la Chiesa deve consentire il matrimonio dei divorziati
- per il 49% dei praticanti, la Chiesa deve consentire le nozze omosessuali
- per il 63% dei praticanti, tutte le religioni si equivalgono. Curiosamente, sono un po' più ortodossi i non praticanti: tra questi ultimi la percentuale dei 'sincretisti' scende al 60%. Andare a Messa e sentir le prediche (pardon: le omelie) annebbia dunque le Fede? Vien da pensare di sì, e lo si capisce quando si leggono cose come questo annuncio apparso in una parrocchia alsaziana, di cui riferisce Pro Liturgia:
Domenica 17 gennaio h. 10.30
Servizio ecumenico alla chiesa protestante.
Nessuna messa quella domenica mattina nel nostro raggruppamento di parrocchie. La dimensione ecumenica della nostra fede cristiana non è un optional, ma una realtà indispensabile [..]. Siamo numerosi a questa celebrazione comune"
[Il che significa in altri termini che il precetto domenicale, a differenza della 'dimensione ecumenica', è sì un optional.]
-E uno di speranza, in seguito alla rivelazione di Tornielli, secondo cui il nuovo primate del Belgio sarà Leonard:
C’è bagarre nella chiesa belga in attesa del nome del successore del cardinale Godfried Danneels (76 anni), arcivescovo di Malines-Bruxelles, primate e presidente della conferenza episcopale del paese. Il Papa deciderà entro Natale. La chiesa è divisa al suo interno: da una parte chi vuole continuità con la conduzione degli ultimi anni, dall’altra chi si augura un cambio di rotta deciso. Chi appoggia la continuità spinge per la nomina di monsignor Jozef De Kesel, ausiliare dello stesso Danneels. Chi sostiene la linea della discontinuità ha in mente il nome dell’arcivescovo di Namur, André-Mutien Léonard.
La chiesa cattolica belga sta attraversando una crisi profonda: i seminari sono vuoti, i fedeli praticanti ridotti all’osso, i vescovi non godono più del prestigio e della presa sulla vita pubblica del paese che avevano un tempo. Soltanto pochi mesi fa il cattolico Re Alberto II ha promulgato, senza dare peso alle critiche dei vescovi, una legge che definisce embrioni e feti “materiale corporeo umano” disponibile per le applicazioni mediche. In sostanza, è una débâcle. Una sconfitta che faceva già dire a Giovanni Paolo II: “La speranza della chiesa non è in Europa, è altrove”. E ancora, ad alcuni porporati di curia: “La chiesa belga è come un cimitero”.
I dati dicono che le diocesi belghe raccolgono soltanto 71 seminaristi. Ma 35 di questi sono della diocesi di Namur, quella governata da Léonard. A Danneels parte della chiesa locale imputa di non aver fatto altro che portare avanti la linea progressista del suo predecessore, il cardinale Léon-Joseph Suenens: battagliò in aperto contrasto con l’Humanae Vitae di Paolo VI a favore del controllo delle nascite. Danneels è anche accusato di non aver fermato la deriva dottrinale presa dalla prestigiosa (e cattolica) Università di Lovanio: qui si è sostenuta la legittimità delle unioni omosessuali.
Questo è un vecchio articolo di Paolo Rodarit: poi, come si diceva, la notizia di Tornielli: la ha spuntata Leonard!
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