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Orsi, balenottere e cristiani. Quando nel circo mediatico l'animale vale più dell'uomo
Di Umberto Folena - 15/09/2008 - Attualità - 1246 visite - 0 commenti
Giornate di pena per l’opinione pubblica globale. Le immagini di Colin, cucciola di balenottera ferita e disorientata che al largo di Sydney scambia un modesto yacht per la sua mamma, venendo invano soccorsa, hanno scosso la coscienza globale. «Abbiamo dovuto sopprimerla – testuale tradotto dall’australiano – per farla morire con dignità», e quel «morire con dignità», attribuito di solito ad altri esseri viventi, ci ha procurato un lungo brivido. E che pena per l’orso bruno di Molveno, nel Trentino, narcotizzato perché finito tra le case a curiosare tra i cassonetti, e precipitato nel lago, morto annegato. Mentre scriviamo, invece, incerta è la sorte di altri nove plantigradi polari, alla deriva su un frammento di pack artico al largo dell’Alaska. Non escludiamo una mobilitazione planetaria ed una spedizione di soccorso, se le divinità dell’audience globale lo imporranno. Giornate di sostanziale indifferenza, invece, per le decine di cristiani massacrati perché cristiani nel distretto di Kandhamal, Orissa, India. Scuole, orfanotrofi e ospedali distrutti, poveracci in fuga nella giungla, una giornata di preghiera lo scorso 5 settembre (festa della beata madre Teresa di Calcutta) rimasta nell’ombra, a parte i media cattolici la cui forza d’impatto, nel circo mediatico, è quella che è. In Iraq non va meglio: i cristiani sono dimezzati, dall’inizio della guerra. L’arcivescovo di Mosul è l’ultima vittima illustre: un richiamino in prima pagina e via. Premesso che anche la sorte di orsi e balenottere ci sta a cuore, e abbiamo imparato che a lamentarti e piagnucolare e fare la vittima (anche se vittima sei) risulti noioso e ti tiri la zappa sui piedi, quindi la parola d’ordine è dignità, tutto ciò premesso ci domandiamo: perché? Onestamente, non lo sappiamo con certezza. Però qualche sospetto l’abbiamo. E il sospetto maggiore è che in fondo non abbia torto papa Ratzinger a denunciare il relativismo imperante. Lasciamo stare l’alta filosofia; qui parliamo del relativismo pratico e quotidiano, secondo il quale tutto fa brodo e nella gerarchia dei fatti al primo posto vengono quelli che fanno vibrare le emozioni e sono più convenienti perché vendibili, facendo alzare l’audience. Volete mettere Colin con qualche anonimo fuori casta di un remoto villaggio indiano? Volete mettere gli orsacchiotti, bruni o bianchi, con i cristiani, descritti perlopiù come sordidi intriganti da scrittori modaioli, registi militanti e giornalisti ideologizzati? Altro sospetto: se a rischio sono balenottere e orsi, il cuore sussulta. Se a rischio è la libertà religiosa, chissenefrega. Eppure è la ragione a suggerirci che la libertà religiosa è la madre di ogni libertà. Ed è Alexis De Tocqueville ad affermare che «il dispotismo non ha bisogno della religione, la libertà e la democrazia sì». Stiamo scivolando giulivi nel torrido e ferale abbraccio di una società dispotica, concentrata su cose ed emozioni da consumare. Ma sono soltanto sospetti. Che ci piacerebbe confidare ai nove orsi bianchi alla deriva, prima che qualcuno decida, per evitare loro inutili sofferenze, di «sopprimerli con dignità» (e in mondovisione). (Da "Toscana Oggi", 14 settembre 2008).
 
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