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Quello che non si dice sulla Georgia (3): cosa pensano i georgiani del loro Presidente?
Di Bernardo - 25/08/2008 - Attualitą - 1206 visite - 0 commenti
(di Giovanni Vagnone, 18 agosto 2008) Raramente scrivo pezzi in prima persona, raramente trovo di buon gusto giocare sulle emozioni o tenere in considerazione il lato personale e psicologico di chi è protagonista di grossi eventi storici, dei quali tutti cerchiamo spiegazioni. Di solito mi soffermo su cause remote, geopolitica, assetti che mutano e atteggiamenti di politica internazionale che hanno molte ricadute intellettuali, che informano, ma che alla fin fine rischiano di essere aride, quando c'è di più. Opinioni e analisi, notizie, non cronaca diretta. Oggi finalmente, dopo l'accendersi ed il calmarsi apparente del conflitto in Georgia, sono però riuscito a prendere contatto con un mio caro e giovane amico, di nome Levan, che ho ospitato nel 2006 qui a Torino e con cui ho viaggiato molto per politiche giovanili in Europa. Levan ha 22 anni, è responsabile esteri di Graali, un movimento giovanile vicino come valori al Partito Popolare Europeo, e mi ha raccontato cosa ha vissuto in questi quattro giorni: penso di poter rendere utile testimonianza facendo un quadro della situazione che è molto poco politico e molto umanamente spaventoso. Il governo di Tbilisi ha mobilitato come riserve tutti i giovani fino ai 23 anni. Li hanno presi e trasportati senza riserve di acqua o cibo a Gori, dove per quattro giorni sono rimasti sotto i bombardamenti russi. La situazione per i georgiani non è chiarissima, come a noi appare dall'esterno, e Saakasvili ha la grande colpa di aver mandato a morire migliaia di ragazzini totalmente impreparati, molti dei quali tentavano da subito di fuggire da Gori; Levan è rimasto finché la situazione non è stata rimessa sotto controllo, grazie alla politica dei "big", ma anche a Tbilisi i russi hanno bombardato, vicino al suo appartamento. Lui ora resta lì, insieme alla sua famiglia, completamente ignaro di cosa succederà e di cosa fare, con truppe russe a pochi chilometri dalla capitale ed un atteggiamento dei russi che non corrisponde minimamente alle dichiarazioni "ufficiali". Cosa è certo è che ritiene Saakasvili uno stupido, che ha iniziato una guerra con la Russia impossibile da vincere e che sta cercando come unica strategia di combattimento di elemosinare supporto da parte di USA e Unione Europea (io stesso ricevo quotidianamente aggiornamenti e contro-propaganda da parte di George Robakidze, Head of EU Unit del Ministry of Foreign Affairs of Georgia): ma nessuno vuole mandare truppe in un pantano come quello caucasico e sono tutti bravi solo a parole, Russia compresa. Medvedev e Putin vengono ritratti come barbari senza cuore, e nessuna colpa viene data a Unione Europea e Stati Uniti. Saakasvili insomma viene da Levan e da molta parte della popolazione georgiana ritenuto l'unico responsabile della situazione, cioè di essersi messo contro ad un gigante che non aspettava altro che il momento buono per fare i suoi comodi e prendersi gli spazi che la politica internazionale gli interdiceva. Insomma, per una causa giusta, la trasformazione in causa persa. Ed oggi le prospettive sono delle più grigie. L'unica speranza del mio amico è quella di abbandonare il suo presidente al proprio destino (e si riserva ancora un po' di senso dell'umorismo, invitandomi a guardare su youtube quanto Saakasvili sia un "cretino" http://www.youtube. com/watch?v=uyNocJFUloA ) e fuggire, probabilmente in Turchia. Lo scenario e le implicazioni geopolitiche le lascio ad altri autori e ad altri momenti di riflessione: per oggi sono contento che lui sia ancora vivo, anche se ha definito tutto un "inferno" e si è lasciato andare a confessarmi di essere terrorizzato mentre mi raccontava di tanti suoi amici morti ammazzati al suo fianco. Resta un filo di amarezza quando su alcuni telegiornali quasi tutto l'interesse va ai servizi sui gavettoni di Ferragosto, ma la consapevolezza che quest'estate lascerà cicatrici profonde nella vita di molte persone come noi, appena al di fuori dei confini della nostra Europa.

Fonte: L'Occidentale 18 Agosto 2008
 
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