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Darwin, Nietzsche e il nazismo.
Di Francesco Agnoli - 07/05/2008 - Filosofia - 5364 visite - 0 commenti

Ci sono autori che godono dell'impunità: non importa cosa abbiano scritto, si scopre sempre che vanno interpretati, che qualcuno non li capisce, che sono stati deformati dall'utilizzo strumentale di Tizio, Caio o Sempronio.

Poco importa che i deformatori siano, ad esempio per Darwin, suo figlio Leopold e suo cugino Galton, e che entrambi ricevano, da parte del loro più famoso parente, elogi e benevole considerazioni. Si riconosce sì che il darwinismo ha influenzato la mentalità colonialista, l'eugenetica, il nazionalsocialismo, ma sempre e solo per cattive interpretazioni. Si ammette che l'idea di legge del più forte e di lotta per l'esistenza ha contribuito alla mentalità bellicosa che portò al primo conflitto mondiale, e che Stalin e Hitler si abbeverarono ai testi di Darwin per confortare il loro ateismo e la loro visione del mondo. Ma Darwin non c'entra.

La sua opera è eticamente neutra, in tutte le sue parti. A nulla valgono neppure i passi letterali in cui il celebre naturalista lamenta l'esistenza di "asili per pazzi, storpi e malati", le leggi a favore dei poveri, l'attivismo dei medici, i matrimoni liberi, troppo liberi, tra i "membri più deboli ed inferiori". O quelli in cui, citando Francis Galton, sostiene che "nell'eterna lotta per l'esistenza è la razza inferiore e meno favorita", composta dai "più poveri e i negligenti", dall' "irlandese squallido, senza ambizioni", "che ha [purtroppo] prevalso" (L'origine dell'uomo). Ancora una volta non serve: Darwin non si tocca.

Così accade anche per Nietzsche: l'interpretazione nazionalsocialista del suo pensiero è colpa di sua sorella Elisabeth, quella falsaria maledetta, che non lo conosceva affatto e neppure lo frequentava. Diabolica a tal punto da manipolare in chiave nazista una sua opera, "La volontà di potenza", pubblicata però la prima volta quando ancora Hitler era un ragazzino e il nazismo, dunque, non esisteva.

 Per la vulgata, per i Vattimo, i Cacciari e per certa sinistra, oltre che per certa destra nichilista e giacobina, è tutta colpa di Elisabeth. E poi anche di Hitler, che non sapeva leggere, di D'Annunzio, che lo interpretava male, di Mussolini, un altro ignorante illetterato, pure quando stava a sinistra e, rieccheggiando quasi a memoria un passo del filosofo, scriveva: "La morale cristiana insegna a rinunciare; il superuomo nietzschiano vuole invece conquistare... il cristianesimo grida: Amatevi come fratelli! Proteggete i deboli, rialzate i caduti, consolate i dolenti! Nietzsche insegna: a quel che sta per cadere bisogna dare un urto". E poi vi sono gli altri cattivi interpreti, che non hanno compreso il vero significato delle frasi orribili disseminate nelle opere di Nietzsche: Pareto, Weber, Lukàks, Mayer, Nolte, Hobswam… E' vero: Nietzsche non è filosofo facile, in quanto è assolutamente anti-organico, ha scritto di tutto e il contrario di tutto. E' violentemente antisemita in un passo, due, tre, quattro, e inspiegabilmente dolce, in un altro. Ama e odia, spinge il superuomo oltre i limiti, ma non ha mai neppure violato una legge dello Stato. E si potrebbe continuare a lungo, senza dimenticare che nel complesso le sue pagine trasudano odio, disprezzo, orgoglio luciferino, sino, letteralmente, alla follia. Quos Deus perdere vult, demendat. Cosa sono le donne per un misogino come lui? Creature stolte, disinteressate alla verità, esseri che neppure pensano. Poi c'è pure la "donna malriuscita", cioè "quella che non può procreare" e che odia la "donna benriuscita" (Ecce homo).

Quanto darwinismo c'è in questo essere dell'uomo solo per la procreazione, per la specie, e quindi senza uno scopo personale, una eternità individuale? Quanto darwinismo e nazismo in quel concetto di malriuscito e benriuscito? E cosa significa quel cianciare di "superuomo" e di "sottouomo", di "annientamento delle razze decadenti" e di "compromettente fecondità" dei malriusciti? A ben vedere Nietszche fu senza dubbio un profeta del nazismo, per moltissimi aspetti. Pensiamo a quel suo insistere di continuo sulla necessità della schiavitù, per la sopravvivenza della civiltà. Non può trattarsi di una semplice metafora: conosce bene, infatti, la polemica viva negli Stati Uniti, in Russia ed anche in Prussia, proprio in quegli anni, tra abolizionisti ed antiabolizionisti. Mentre l'Inghilterra abolisce la schiavitù nelle sue colonie (1833) e la Russia la servitù della gleba, Nietzsche si scaglia contro il celebre romanzo abolizionista "La capanna dello zio Tom", opera di uno spirito cristiano, e quindi debole e servile. E il suo odio si scaglia contro il cardinal Lavigerie, che cerca di porsi a capo di un movimento internazionale per la dignità degli schiavi, riuscendo a coinvolgere anche la Germania e così "suscitando il sarcasmo e l'indignazione del filosofo".

Affermata, lui, non i suoi interpreti, la bontà della schiavitù e l'inferiorità delle donne, Nietzsche incontra, ad un certo punto della vita, la fisiologia. Crede cioè che occorra dare gran peso, nella lettura della storia, all'alimentazione, all'"influsso climatico" e all'origine genetica. Nel Crepuscolo degli idoli, Socrate viene definito come un figlio della "plebaglia", la cui bruttezza, fisica e spirituale, sarebbe espressione "di uno sviluppo ibrido, ostacolato dall'incrocio". "Gli antropologi che si interessano di criminologia- scrive il filosofo- ci dicono che il delinquente tipico è brutto: mostrum in fronte, monstrum in animo […] Era Socrate un delinquente tipico? ". Le teorie simil-lombrosiane dei "crani deficienti" affascinano il filosofo, insieme all'eugenetica di Francis Galton. Ecco assumere importanza, nella comprensione della storia, del successo o meno di un popolo, lo studio delle diete, dell'ereditarietà, delle "unioni controproducenti", dell' "allevamento" adeguato o meno degli uomini-animali. Al punto di affermare che la "diffusione del buddismo dipende in buona parte dalla quasi esclusiva, soverchia alimentazione di riso presso gli indiani, e dal conseguente generale rammollimento". Esattamente come per una pletora di contemporanei che hanno escluso la metafisica, l'anima e la libertà, anche per Nietzsche tutto è riconducibile e circoscrivibile alla materia: così la vecchia Europa, sovrappopolata e gonfia di metropoli, richiede una serie di interventi, evidentemente dall'alto, che sarà proprio Adolf Hitler, suo fedele discepolo, ad adottare con una certa sistematicità: la regolamentazione, in sintesi, dei matrimoni e della procreazione. Darwin e Galton si saldano così, in Nietszche, con Platone e Campanella: la modernità si fonde col mondo antico, la presunta scientificità positivista si amalgama agli antichi progetti di sapore magico, gnostico ed elitario.

 Cosa propone concretamente il filosofo tedesco? Anzitutto di "scoraggiare il celibato degli elementi sani della popolazione mediante aggravio dell'imposizione fiscale e prolungamento del servizio militare, nonché mediante concessione di vantaggi di ogni sorta per i padri di una prole numerosa (soprattutto maschile)" (D. Losurdo, op.cit.). Poi, al fine di evitare le "unioni controproducenti" e la proliferazione di esseri inferiori, sostiene l'introduzione di referti medici precedenti al matrimonio, vincolanti, e, se necessario, la detenzione e la castrazione per i delinquenti (termine assai vago), "per i malati cronici e nevrastenici", per i sifilitici, e in tutti i casi in cui "un figlio sarebbe un delitto". Inoltre invoca "l'uccisione dell'embryo, l'eliminazione dei frutti di accoppiamenti infelici" (infanticidio) ed elogia la morte o il suicidio di "troppi (che) vivono e troppo a lungo restano sui loro rami. Venisse una tempesta che scrollasse dall'albero tutto questo marciume e pasto di vermi! Venissero predicatori della morte rapida! Sarebbero per me le giuste tempeste e i giusti scrollatori dell'albero della vita". Quanto ai malati, ai "malriusciti", difesi dal cristiano, "occulto groviglio di vermi", e dal socialista egualitario, difendendoli e curandoli si è preso partito per "tutto ciò che deve perire, si è invertita la legge della selezione" (Ecce Homo). Invece si devono sopprimere i mendicanti, "far perire i lamentosi, i deformati, i degenerati". Come oggi in Olanda, ieri in Germania, domani in Italia, occorre eliminare il neonato "miserello, malfatto" e che "non ha vita abbastanza per morire" (Gaia scienza).

Negli appunti degli ultimi mesi di vita cosciente Nietzsche scrive: "E' immorale, è contro natura nel senso più profondo dire ?non uccidere?. Il divieto biblico ?non uccidere? è un'ingenuità a paragone del mio divieto ai decadenti ?non generate?. Nei confronti dello scarto e del rifiuto della vita c'è un solo dovere, distruggere". Mentre ne L'Anticristo afferma: "La compassione intralcia totalmente la legge dell'evoluzione, che è legge della selezione. Essa conserva ciò che è maturo per la fine, oppone resistenza a vantaggio dei diseredati e dei condannati dalla vita, essa conferisce alla vita stessa, attraverso l'abbondanza dei malriusciti di ogni specie che conserva in vita, un aspetto grigio e precario".

Non è darwi-nazismo, questo? Alla radice di tutto c'è un principio metafisico: la negazione dell'anima individuale, e dell' "uguaglianza delle anime di fronte a Dio". Ogni riduzione dell'uomo, degli individui, a specie, a razza, a classe sociale, a "benriusciti" o "malriusciti", ogni totalitarismo insomma, passerà esattamente di qui.

 
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