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I divertimenti di uno scienziato relativista. Carlo Flamigni.
Di Francesco Agnoli - 31/12/2007 - Fecondazione artificiale - 1550 visite - 0 commenti

Tra gli animatori dello Uaar (unione atei e agnostici razionalisti), accanto al celebre Odifreddi, v'è anche Carlo Flamigni, medico, editorialista di Unità e Liberazione.

Anche gli uomini di scienza, quelli sempre a contato con la sofferenza delle coppie sterili, col dramma degli embrioni da manipolare e da scartare, con gli scrupoli che assediano le loro coscienze, si alleggeriscono un po', ogni tanto, facendo o scrivendo qualcosa di allegro. Così anche Carlo Flamigni, che ora è occupatissimo a discutere su L'Unità contro i fanatici cattolici,  a suo tempo ha scritto un libro divertente, un "mystery romagnolo", intitolato "Giallo uovo" (Mondadori). Essendo un po' romagnolo anch'io ho pensato di comprarlo, in una bancarella d'autogrill, a prezzo scontato.

Era lì, tra alcuni gialli e i libretti d'amore della Blue Moon. Nella presentazione vi si legge che Flamigni vuole darci "una esilarante commedia con toni gialli in cui l'autore, uno dei massimi esperti italiani di procreazione, affronta con ironia il tema della fecondazione artificiale". Con una simile premessa la mia fantasia ha provato subito ad anticipare la lettura. Un "mystery romagnolo" racconterà forse, mi sono detto, di fecondazioni con seme di persona morta, o di traffico di embrioni, di vendita di seme maschile affetto da epatite o da aids. Oppure parlerà di fecondazione eterologa, analizzando la comicissima e misteriosissima vicenda, oggi possibile, di un figlio con tre madri e due padri, o di figli che ricercano i loro genitori genetici, viaggiando come detectives tra internet e i registri dei centri di Fiv... Insomma pensavo si parlasse di qualcosa che abbia a che vedere con quel far west della genetica che Luca Sofri afferma categoricamente non essere mai esistito. In realtà, leggendo la storia, si rimane un po' delusi. Il mystery non è particolarmente avvincente. Si tratta, in soldoni, delle vicende di vari personaggi, tra cui il dottor Giovanni Ardire, laureato in medicina a Bologna, la città di Flamigni, che "aveva cominciato a lavorare con un ginecologo di non grandissimi principi morali", il quale accanto alla fecondazione artificiale praticava gli aborti.

Ardire era poi finito sotto accusa per "commercio di gameti, vendita di embrioni, uso non autorizzato di seme di donatori". Del resto il suo compito non era facile: lavorare nell'ambito della fecondazione artificiale significa, infatti, essere in "un settore che, in fondo, non aveva uno statuto scientifico particolarmente avanzato", in cui però, in molti "avevano fatto soldi, carriera e comparivano nei talk-show". A questo medico viene dato il compito di fabbricare un figlio rigorosamente maschio, utilizzando l'utero di una donna disposta ad affittarlo, "certamente non gratis et amore dei". Al medico vengono assicurati, in caso di successo, "cento meloni", cioè "cento milioni". Di fronte all'offerta il dottor Ardire si illumina, accantona ogni remora, e accetta. Quindi si procura una giovane donna, Maria: "la storia di Maria non era dissimile da quella di molte ragazze cinesi che vengono a lavorare in Europa piene di speranze", e disposte a tutto. Trovato il contenitore in cui far crescere il futuro bambino, al dottor Giovanni resta solamente da applicare la famosa diagnosi pre impianto per la selezione del sesso. Così il procedimento può iniziare: alla donna vengono prelevati 18 ovuli, evidentemente con una iperstimolazione ovarica non indifferente, da fecondare con "seme sufficiente per 50": "se si formano troppi embrioni, possiamo congelare quelli in eccesso…

Sei comunque ci vogliono tutti e subito, visto che bisogna selezionare i maschi". Vengono così formati quattordici embrioni, di cui otto vengono congelati, gli altri analizzati per determinarne il sesso: "l'esame era andato benissimo e aveva identificato due maschi e quattro femmine, tutti normali. Poi (il dottore, ndr) aveva scoperto di aver buttato via, per errore, il foglietto che consentiva le identificazioni. Ora sapeva che c'erano due maschi e quattro femmine, ma non sapeva quali fossero i maschi e quali le femmine. Bisognava allora scongelare sei embrioni, meglio sette, in previsione di qualche danno dovuto alle manovre di congelamento e cominciare da capo". Congela, scongela, raspa, gratta, seleziona, rompi per sbaglio le provette…: alla fine della vicenda nascono due gemelline femmine, e la storia finisce. Niente di particolarmente ironico, invero; anche come giallo, non un gran che. Interessante, però, questo scherzare sugli uteri in affitto, la selezione del sesso, il massacro di embrioni, e i tanti, tanti soldi che girano, intorno a queste abominevoli pratiche. I "cento meloni", infatti, ritornano più volte, trattati con maggior riguardo, sicuramente, rispetto agli embrioni!

 
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