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Perché oggi la democrazia è malata di autoritarismo
Di Gianburrasca - 17/10/2006 - Politica - 1556 visite - 0 commenti

E’ interessante, perché induce a riflettere anche sulla situazione dell’Italia e delle stesse istituzioni del Trentino, l’allarme per l’indebolimento della democrazia lanciato dal politologo Ralph Dahrendorf (nella foto), fra i massimi studiosi della materia. A suo avviso i cittadini contano sempre meno nelle decisioni più importanti, prese da centri di potere prevalentemente esterni ed estranei ai parlamenti eletti dal popolo. Quella in cui viviamo è insomma una democrazia malata.

«Benché l’affluenza alle urne sia ancora alta in Europa rispetto agli Stati Uniti, nondimeno gli osservatori riscontrano una diffusa apatia, se non un vero e proprio cinismo, nei riguardi della politica.

La gente – scrive Dahrendorf – non è interessata e, pur non avendo alcuna fiducia in chi è al potere, non si preoccupa di reagire.

E’ così che emerge la sindrome autoritaria. Diversamente dal totalitarismo, l’autoritarismo non è fondato sulla mobilitazione permanente di tutti i soggetti, ma sul loro disinteresse.…..

Rafforzare il parlamento è diventato un compito arduo. Democrazia vuol dire tre cose: realizzare i cambiamenti senza l’uso della violenza; rispettare equilibri e controlli nell’esercizio del potere; dare peso all’opinione pubblica.

La democrazia parlamentare o rappresentativa coniuga questi elementi mediante l’elezione di rappresentanti che nel parlamento, e grazie a esso, possono cambiare gli indirizzi politici e, se necessario, i governi, come pure monitorare e controllare l’esercizio del potere. Tali istituzioni si sono sviluppate storicamente durante la formazione degli stati nazionali”.

Senonché, per il politologo, oggi “lo spazio tradizionale delle istituzioni democratiche, almeno dal un punto di vista europeo, sta perdendo rapidamente terreno rispetto alle decisioni importanti: è la Banca Centrale Europea a decidere i tassi di interesse; è la Nato a pianificare gli attacchi aerei; è il Fondo monetario internazionale a decidere chi debba o meno ricevere ulteriore aiuto da parte della comunità internazionale. In questi casi, almeno, ci si confronta con delle istituzioni.

Ma ci sono decisioni altrettanto importanti che vengono prese da organismi meno definiti. Come quando, ad esempio, una società giapponese decide di investire in Gallese piuttosto che in Normandia, o quando uno speculatore americano coglie l’occasione più propizia per mandare in tilt il Sistema Monetario Europeo e, così facendo, incassa miliardi di dollari. A volte sembra che a dettare legge siano “mercati” interamente anonimi.

E’ importante ricordare, all’inizio del XXI secolo, che lo Stato nazionale è ancora lo spazio politico più importante. Può aver perduto parte della sua forza, ma resta comunque la comunità inclusiva più importante per la maggior parte della gente. Per chi è da poco sfuggito alla dominazione imperialistica, come gli stati ex comunisti dell’Europa centrale e orientale, lo Stato nazionale non incarna solo la sovranità, ma anche la libertà.

Bisogna poi stare attenti alla falsa democrazia – conclude il politologo – i cui rappresentati non danno ascolto alla voce della gente». Perché vi sia vera democrazia, insomma, non bastano le regole della democrazia. Occorrono anche e soprattutto uomini «democratici: persone coscienti dei propri diritti, che prendono sul serio la responsabilità di difenderli attivamente”.

Gian Burrasca

 
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