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L'Adunata della "società del silenzio" - Cuneo 2007.
Di Paolo Zanlucchi - 17/05/2007 - Cultura e società - 1429 visite - 0 commenti

Si è parlato a lungo in questi giorni del “Family day” tenutosi a Roma lo scorso 12 maggio, al quale la nostra Associazione ha aderito con convinzione e grande spazio di discussione hanno avuto anche su questo sito, giustamente, i commenti all’evento che ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica italiana. Ho atteso, volutamente, qualche giorno per ricordare che in contemporanea alla grande manifestazione di Roma si è svolta anche un’altra imponente riunione in Italia, a Cuneo precisamente, l’80^ Adunata Nazionale degli Alpini. Credo che il 12 e 13 maggio 2007 saranno ricordati a lungo in Italia come i giorni della riscossa della gente perbene, delle persone, uomini, donne, bambini che pacificamente, ma orgogliosamente hanno finalmente voluto dimostrare al Paese che la maggioranza silenziosa sa anche mobilitarsi per difendere i valori in cui crede, in cui intende continuare a vivere, riconoscersi e ad educare i propri figli. A Cuneo, dicevo, si sono ritrovate 450mila persone, Alpini di ogni età, grado, appartenenza politica e preparazione culturale, accompagnati spesso da mogli e figli per ribadire al mondo con gioia, con serenità in allegria, ma con fede incrollabile che in Italia concetti quali l’amor di Patria, il senso del dovere, del sacrificio gratuito, dell’amicizia e della solidarietà hanno davvero ancora un significato profondo, radicato nell’animo della popolazione.

La “società del silenzio”, come è stata definita, ha saputo restare fedele ai valori, cristiani in generale, ma non solo, non come bandiera astratta, ma come vissuto quotidiano, come storia e come tradizione che sta alla base di una sana e pacifica convivenza tra gli uomini. A Roma e a Cuneo ha sfilato davvero la gente perbene, in una sorta di rivincita di un popolo. Il mondo mediatico ha presentato questa Adunata, purtroppo, soprattutto insistendo sul lato folkloristico e goliardico della manifestazione, che naturalmente c’è stato e mi auguro ci sarà sempre: un’allegria semplice, spontanea, coinvolgente, vorrei dire, realmente popolare, lontana anni luce dal concetto di “popolo” che si respira ormai da anni nei salotti radical-chic di certa sinistra nostrana. Ma vi è qualcosa di più del folklore che affratella persone cosi diverse fra loro: è difficile da spiegare, forse impossibile, per chi non ha il cappello con la penna bene in vista in casa. E’ un modo di vivere, di condividere valori ed idealità, fratelli nel senso più alto e vero del termine e, si badi bene, non solo chiusi nel ricordo nostalgico e retorico di un pur glorioso passato, ma bene radicati nel presente.

Perché degli Alpini ci si dimentica spesso, li si ricorda spesso con altezzosa spocchia e facile ironia; poi leggiamo i numeri di questa straordinaria famiglia che nelle calamità non si tira indietro, che ha educato i propri figli, i bocia, al sacrificio e all’amore per il prossimo, e restiamo sbalorditi: soltanto nel 2006, gli appartenenti all’Associazione Nazionale Alpini hanno svolto a favore delle varie comunità locali in tutta Italia, oltre 1 milione e 444mila ore di lavoro e raccolto e distribuito in beneficenza 5 milioni e 514 mila euro, denaro frutto di spettacoli, manifestazioni ed elargizioni fatte anche e soprattutto da singoli soci. Quasi un milione e mezzo di ore di lavoro per il prossimo, gratuite, frutto spesso di sacrifici e rinunce, sottraendo tempo anche agli affetti più cari. Le cifre, già impressionanti, rappresentano però circa il 50% del lavoro effettivamente svolto per le varie comunità: la metà delle sezioni dell’A.N.A. non ha voluto comunicare i dati, preferendo lavorare con modestia, senza enfasi in una naturale riservatezza che è tipica della gente di montagna, lontano dal clamore e dalle vetrine televisive. Opere di solidarietà vera, sul campo, nel fango e tra le macerie, che tanto hanno contribuito ad alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite da calamità naturali: in Italia, nel passato anche recente, ricordiamo il terremoto in Friuli, in Irpinia, in Umbria, le alluvioni del Piemonte, della Valle d’Aosta solo per citarne alcune. Tali interventi si ritrovano oggi in esempi concreti in varie parti del mondo, tra cui lo Sri Lanka, il Mozambico, l’Afghanistan.

Ecco cosa c’è “dietro” l’Adunata Nazionale degli Alpini, c’è un convinto coinvolgimento personale, c’è la disponibilità ad ascoltare i bisogni dell’altro, c’è quella testimonianza di amore per i valori semplici e forti delle nostre tradizioni che spesso si preferisce non vedere, ma che rappresentano un’anima profondamente radicata nella società italiana. Un mondo di persone perbene che crede che vi siano dei valori che vale la pena difendere contro il relativismo morale che caratterizza il nostro tempo. A Cuneo sono arrivati, siamo arrivati, da ogni parte d’Italia e del mondo, per rivendicare con orgoglio questa appartenenza, in centomila abbiamo sfilato, tutti uguali solo in apparenza, ma ognuno con la propria storia e il proprio fardello di vita ed esperienze. Ed è stata la festa della semplicità, o, come ben ha detto il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, “un magnifico bagno nella normalità”.

 
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