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I fatti di Roma rispecchiano una crisi più ampia
Di Giulia Tanel - 16/10/2011 - Attualità - 1480 visite - 0 commenti

Nel vedere certe immagini più che indignati ci si ritrova letteralmente inviperiti.
Il resoconto della manifestazione romana di ieri pomeriggio è impietoso: oltre cento feriti, un blindato della polizia e svariate macchine private bruciate, molteplici cassonetti distrutti, tantissimi motorini buttati per terra, la devastazione animale di negozi, banche e altre sedi simbolo del capitalismo, nonché la profanazione di una statua della Madonna.
Tutto questo per un milione (!) di euro di danni a beni pubblici, e non si sa quanti ad oggetti appartenenti a privati. Ma non c’è solo l’aspetto materiale: bisogna tenere conto anche della paura dei manifestanti pacifici, delle forze dell’ordine e di tutte le persone che si sono ritrovate, loro malgrado, in mezzo ad una vera e propria guerriglia urbana.

All’inizio della manifestazione il gruppo di black bloc marciava compatto per le vie di Roma, dietro uno striscione su cui campeggiava la scritta: “Non ci interessa il futuro, ci prendiamo il presente”. E come se lo sono presi l’abbiamo visto tutti.
Questo gruppo di facinorosi – composto in larga parte da anarchici e ragazzi appartenenti ai centri sociali – ha come unico scopo del proprio agire quello di combattere contro le istituzioni capitalistiche. La sola modalità di esprimersi che conoscono è la violenza e il sentimento che li anima è l’odio.

Ma la domanda è: perché succede tutto questo?

E’ vero che la situazione politica, economica e sociale è pessima ed è, soprattutto per i giovani, fonte di enorme preoccupazione. Ma di fronte a tutto questo l’unica risposta possibile è quella di rimboccarsi le maniche e lavorare per costruire un futuro migliore, senza rassegnarsi ad un mondo che ci vorrebbe tutti uguali ed interiormente morti.
L’odio non ha mai portato da nessuna parte, se non ad altro odio.
Questo non vuol dire fare finta che vada tutto bene, ma significa porsi di fronte alla realtà con una domanda aperta (che non sia però “pretesa”) e con uno sguardo che non sia di pessimismo, ma di speranza.

Ma forse, in fondo, perché accada tutto questo bisognerebbe prima che l’uomo recuperasse la propria interiorità. I giovani incappucciati di ieri sono ragazzi insoddisfatti, arrabbiati, profondamente infelici, che hanno di bisogno di qualcuno con cui prendersela per evitare di dover fare i conti con se stessi.
Perché la società sta andando a rotoli? Perché si è perso sempre più quello che fino a pochi anni fa era il centro di tutto: uno sguardo cristiano della realtà, ossia un atteggiamento di corretta valorizzazione dell’umanità di ognuno congiunto alla consapevolezza di essere inseriti in un progetto più grande, di cui l’Artefice è un altro, al quale l’uomo non deve sostituirsi.

E proprio ieri, mentre nelle strade volavano lacrimogeni, sanpietrini e manganellate, papa Benedetto XVI ha incontrato i nuovi evangelizzatori e oggi, durante l'omelia della Messa, ha annunciato che per il 2012  indirrà un anno della Fede, atto a spingere gli uomini ad una più piena conversione a Dio.

 
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