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Pisapia /2
Di Lorenzo Schoepflin - 30/05/2011 - Politica - 1460 visite - 0 commenti
Continua il poco rassicurante ritratto di Giuliano Pisapia, nuovo sindaco di Milano (ancora da Avvenire, 26 maggio 2011) Quanto sia importante l’azione capillare per evitare che le donne si trovino a scegliere di interrompere la gravidanza è dimostrato dal prezioso lavoro volontario svolto dai Centri di aiuto alla vita e da tutti i soggetti impegnati nella difesa della vita dal concepimento. Ma quanto ancora ci sia molto da fare stanno lì ad evidenziarlo i 120mila aborti annui che ogni anno si registrano in Italia. Di fronte a tali cifre, è chiaro il ruolo che le amministrazioni locali possono recitare nel sostegno alla maternità proprio in virtù della loro incisività sul territorio. Un ruolo che sembra non piacere ai radicali. Sul numero del luglio 2009 dell’Agenda Coscioni, organo informativo dell’omonima associazione legata a doppio filo col mondo radicale (Marco Cappato ne è il segretario e sarà eletto a Milano se vince Pisapia), l’attuale amministrazione comunale milanese e la Regione Lombardia venivano messe sotto accusa per i finanziamenti erogati al Centro di aiuto alla vita della Clinica Mangiagalli. Proprio al Cav del grande ospedale Letizia Moratti ha promesso nuovi aiuti concreti qualora venisse rieletta. Ancora sull’Agenda Coscioni, si denunciavano il ricorso a giudizio dei radicali troppo diffuso all’obiezione di coscienza (detto dai paladini della libertà assoluta è un bel paradosso) e l’asserita difficoltà per le donne di ottenere la pillola del giorno dopo. Non deve stupire dunque che i radicali a Milano abbiano scelto di sostenere Giuliano Pisapia, al quale opportunamente il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella ha posto alcune domande (rimaste senza risposta) in merito ad alcuni punti del suo programma elettorale e in particolare sull’educazione dei giovani. «Il diritto all’assistenza in caso di interruzione volontaria di gravidanza deve essere garantito attraverso la corretta attuazione della legge 194», si legge a pagina 20 del programma. Un proposito generico, il cui significato probabilmente va ricercato nella storia parlamentare di Pisapia. L’8 luglio 2002, l’allora deputato avanza una proposta di legge con l’intento di modificare il testo della 194 in senso permissivo. All’articolo 1 della proposta si indicavano nella contraccezione ordinaria e d’emergenza – la pillola del giorno dopo, in realtà dai provati effetti abortivi – gli strumenti con i quali lo Stato doveva impegnarsi nella prevenzione dell’aborto. Approcci discutibili, come dimostrano molti casi che a un aumento della diffusione della contraccezione non hanno visto associarsi una diminuzione del ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza. Inoltre, Pisapia e gli altri firmatari del testo chiedevano l’abbassamento del limite di età oltre il quale si può procedere all’aborto senza interpellare i genitori: oggi tale limite coincide con la maggiore età, mentre si chiedeva di arretrarlo ai sedici anni. Si proponeva poi di spostare in avanti il limite gestazionale, dai novanta giorni alle quindici settimane. Modifiche dunque in direzione permissiva, ma non solo per quanto riguarda i limiti temporali. Anche in merito all’uso della Ru486, la posizione di Pisapia era molto chiara, chiedendo «la possibilità di interrompere la gravidanza utilizzando le tecniche di aborto farmacologico». La squadra che sostiene Pisapia si distingue anche per il proprio attivismo in tema di fecondazione assistita. È stata eletta nella lista del Partito democratico Marilisa D’Amico, professore ordinario di diritto costituzionale all’Università di Milano e protagonista di tante battaglie contro la legge 40. D’Amico, interpellata sul proprio programma elettorale, ha dichiarato che intende sostenere la «creazione di un servizio di consulenza» presso tutti gli ospedali affinché le coppie possano «ricorrere alla fecondazione assistita, di cui oggi si parla troppo poco». E che a Pisapia non piacciano i limiti imposti dalla legge 40 non è un segreto. Nel 2002, quando ancora il testo era in discussione in Parlamento, Pisapia propose di sopprimere l’articolo 4 che consente l’accesso alla fecondazione solo in caso di sterilità e infertilità e vieta quella eterologa con gameti esterni alla coppia.
 
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