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La crociata anti "private"
Di Mario Malossini - 02/04/2007 - Politica - 1351 visite - 0 commenti

E’ entrata recentemente nel vivo l’offensiva – mi verrebbe da dire la “crociata” –contro la scuola paritaria in Trentino. I promotori del referendum promosso per abrogare alcune parti della legge di riordino del nostro sistema educativo, approvata lo scorso anno dal Consiglio provinciale, cercano di convincere l’opinione pubblica che i guai della scuola trentina sono riconducibili al finanziamento accordato dalla Provincia agli istituti parificati, scorrettamente definiti “privati. In realtà è sotto gli occhi di tutti, almeno per chi guarda la realtà senza la lente deformante dell’ideologia, la funzione pubblica socialmente riconosciuta e apprezzata che questi enti no profit prestano da sempre agli alunni, alle famiglie e al mondo del lavoro nel campo dell’istruzione e della formazione professionale. La verità è che nonostante l’esiguo numero di questi istituti, il loro venir meno impoverirebbe culturalmente il sistema educativo del Trentino e, considerato il minor costo per alunno da essi garantito, costringerebbe la Provincia a produrre uno sforzo finanziario senza dubbio maggiore di quello attuale. Non mi pare quindi che valga entrare nel merito delle ragioni di questo referendum, la cui inconsistenza è sotto gli occhi di tutti. Questa può essere invece un’utile occasione per riflettere sullo stato della scuola trentina otto mesi dopo l’entrata in vigore della legge provinciale. Il dibattito intorno al referendum può offrire cioè lo spunto per interrogarsi seriamente sulla qualità attuale e sui problemi effettivi del nostro sistema educativo e formativo, che ha sicuramente bisogno di migliorare la propria offerta per andare incontro alle esigenze in continua evoluzione dei giovani, delle famiglie, della società e dell’economia. In prima battuta non posso tuttavia non osservare come la battaglia ideologica di retroguardia scatenata con questo referendum trovi oggi la condivisione anche di alcuni esponenti politici della maggioranza (da Bondi a Benedetti) da cui la Giunta provinciale è sostenuta. Ciò attesta per l’ennesima volta l’innaturalità dell’alleanza politica di centro sinistra, che in questi anni si è sempre lacerata sui temi cruciali per lo sviluppo del Trentino. Ricordo che anche il dibattito politico da cui era stato accompagnato l’esame della legge sulla scuola in Commissione e in Consiglio provinciale, nel corso del quale erano state fra l’altro recepite alcune proposte significative del nostro Gruppo in materia di istituti paritari, aveva provocato tensioni e divergenze fra i partiti e gli assessori dell’esecutivo. Che oggi il problema non sia superato è dimostrato dalle simpatie manifestate da alcune componenti della coalizione di governo verso i promotori del referendum, strumento solitamente utilizzato dalle forze d’opposizione. Dicevo che ad una riflessione minimamente attenta, non sfugge che il problema del sistema scolastico e formativo del Trentino, non è certo quello delle limitate risorse finanziarie che la Provincia indirizza agli istituti parificati. Il vero nodo da sciogliere riguarda piuttosto la scelta fra due visioni politiche che oggi si confrontano. Da una parte abbiamo infatti l’apertura prospettica e dall’altra la chiusura pervicace a un modello di società nel quale non è lo Stato, la Provincia o l’ente pubblico il titolare dell’educazione, bensì l’alunno e la famiglia. Una società in cui la parola “libertà” non risponde a esigenze di marketing elettorale, ma è un’esperienza che si traduce in occasioni concrete: nell’opportunità di scegliere fra diversi servizi scolastici, ma anche sanitari, assistenziali, formativi; nel superamento di vincoli e barriere burocratiche per facilitare la vita a chi – singolo, organizzazione sociale o impresa – desidera solo mobilitarsi e agire per crescere senza essere sempre frenato, ostacolato e scoraggiato dalla pubblica amministrazione; nella possibilità accordata alle famiglie, alle associazioni non profit e ai soggetti economici di essere protagonisti del sistema per attuare i loro progetti e rispondere efficacemente alle esigenze della società e dello sviluppo. All’ente pubblico rimane la responsabilità di garantire e fornire condizioni oggettive a livello giuridico ed economico, mettendo in campo i mezzi e gli strumenti più funzionali non solo a rendere possibile ma anche a stimolare e incentivare l’esercizio di questa libertà. A beneficio non solo di chi la chiede, ma di tutti. Questo è il punto. Perché non c’è dubbio che questa cultura della sussidiarietà oggi, nel nostro Paese e, sia pure in modi diversi, anche nel Trentino dell’autonomia speciale, è temuta, contestata e tendenzialmente respinta in partenza da una politica – propria, appunto, del centro sinistra – che sospetta e diffida a priori della responsabilizzazione della società civile, dell’iniziativa dei cittadini, delle associazioni e delle imprese, considerati portatori di interessi privati, particolaristici e perciò stesso pericolosi per la collettività. Ecco allora che oggi più che mai si riconduce tendenzialmente la gestione di tutto, scuola inclusa, alla pubblica amministrazione – sia essa lo Stato, la Provincia o i comuni – ritenuta l’unica realtà abilitata alla promozione e alla tutela degli interessi generali. Eppure qualche passo verso il superamento di questo monopolio che deprime ogni libertà, creatività e pluralità in tutti i settori della convivenza, era stato compiuto. Penso, a livello nazionale, alla legge 62 del 2000 che porta il nome del Ministro Berlinguer, da cui è stata sancita per la prima volta in Italia la parità scolastica. Legge pesantemente disattesa soprattutto dalla Finanziaria 2007 del governo Prodi, nella quale sono stati ridotte di oltre 50 milioni di euro le risorse destinate al sistema paritario. E per il Trentino penso, ancor prima, alla legge provinciale 29 del 1990, indubbiamente molto innovativa per quegli anni, che oggi avrebbe consentito di proporre una riforma della scuola altrettanto lungimirante o quantomeno al passo con i tempi se al centro dell’attenzione fosse stata posta la libertà di scelta delle famiglie e la piena autonomia degli istituti. Perché, lo ripeto, il problema della scuola trentina non è quello di dirottare le residue risorse destinate ai pochi istituti paritari rimasti a quelli provinciali. E neppure, di converso, quello di sottrarre finanziamenti a queste ultime per permettere alle paritarie di sopravvivere grazie alle “concessioni” più o meno generose della Provincia. No, il problema della scuola e della formazione professionale del Trentino riguarda la sua capacità di corrispondere flessibilmente e creativamente alla domanda degli studenti, delle famiglie, delle comunità e del mondo del lavoro. Occorre un capovolgimento di logica: se si assume il punto di vista dei fruitori del servizio, la questione non è da chi esso è gestito, ma se soddisfi o meno le loro richieste. Si tratta cioè di rendere funzionali a questo obiettivo tutte le realtà educative – provinciali e paritarie – che concorrono all’unico sistema scolastico e formativo del Trentino. Certo, dentro un quadro di regole condivise, ma ravvisando nella loro pluralità e differenziazione progettuale, organizzativa e didattica una ricchezza e non una minaccia, un’occasione di confronto e un stimolo e non un rischio per la qualità, l’efficienza e l’efficacia delle proposte. E’ questo il senso costruttivo di quell’autonomia scolastica che il Ministro Fioroni ha mortificato “disattivando” senza consultare nessuno, né il Parlamento né i soggetti direttamente interessati, gli elementi più innovativi della riforma Moratti (dal tutor al portfolio degli studenti), o con interventi da “Stato educatore”, ad esempio vietando l’uso dei cellulari in classe, come se docenti e genitori non fossero in grado di risolvere responsabilmente il problema in modo adeguato, istituto per istituto. Un’autonomia della scuola nelle sue variegate espressioni all’interno del medesimo sistema, che in Trentino la Provincia ha invece il dovere di affermare e rivendicare, per dimostrare e rilanciare nei fatti il valore e il dinamismo della propria autonomia.

Mario Malossini

Capogruppo di Forza Italia in Consiglio provinciale

 
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