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S. R. Bellarmino: scienza e fede
Di Lorenzo Bertocchi - 23/02/2011 - Cultura e religione - 1752 visite - 0 commenti

Se si dovesse individuare nella storia un punto critico che ha determinato prima l’allontanamento, poi una vera e propria contrapposizione tra fede e ragione, questo punto è senza dubbio rappresentato dal famoso caso Galileo.

In tutta la vicenda c’è però una chiave di lettura che ci permette di comprenderla andando anche oltre il caso in questione, mi riferisco alla famosa lettera al Padre Foscarini scritta dal Card. Bellarmino nel 1615. Qui si trova la risposta ai due quesiti fondamentali della diatriba: l’astronomia copernicana era una semplice ipotesi o poteva ritenersi vera?; come interpretare la Scrittura di fronte alle nuove scoperte?

 

In merito al primo quesito Bellarmino consiglia al Foscarini, e al Galilei, di limitarsi ad intendere l’astronomia copernicana come un ipotesi e non come un assoluto: se permette di “salvare i fenomeni” in modo migliore rispetto al sistema tolemaico, per poter dire che ciò corrisponde alla realtà fisica occorrerà darne dimostrazione certa. Da un punto di vista strettamente scientifico sappiamo che Galilei non aveva le prove di ciò che sosteneva, infatti, per questo bisognerà attendere Newton e la prima prova sperimentale datata 1725.

 

Ma non è solo in questo senso che la posizione di Bellarmino è particolarmente valida, c’è di più. Il suo richiamo è volto a separare il modo di ragionare apodittico, da quello ipotetico i cui postulati sono appunto ipotetici dato il carattere contingente degli enti fisici a cui si riferiscono. Per Bellarmino “salvare i fenomeni” non è semplicemente una finzione mentale, si tratta di vere descrizioni della realtà, ma necessariamente parziali e perfettibili data la contingenza degli enti fisici a cui si riferiscono.

 

Il convincimento di dire cose vere da parte di Galilei era legittimo, ma a parte le prove certe che non aveva, c’è da sottolineare anche quella miscela esplosiva che proprio Galilei introduceva nella scienze degli enti fisici. Mi riferisco ad un certo idealismo matematico pitagorico-platonico, una certa eredità di Archimede e ad un orizzonte metafisico di stampo atomistico. Questa miscela sarà da una parte la forza motrice del successo della scienza moderna, ma dall’altra apre la strada ad un progetto anti-metafisico e anti-religioso che si fonda sul fatto che il vero viene progressivamente ridotto solo a ciò che è misurabile e la matematica viene eletta a nuova “metafisica”.

 

E’ possibile vedere nel consiglio di Bellarmino anche questa preoccupazione di fondo? A mio parere sì. Illuminismo, positivismo e scientismo sono lì a dimostrare come la ragione contrapposta alla fede abbia condotto l’uomo verso un orizzonte sempre più nichilista, riducendo la domanda religiosa ad un fatto quasi sentimentale. Tuttavia il tentativo di San Roberto Bellarmino di sottolineare il carattere ipotetico del discorso scientifico troverà grandi conferme proprio dalla scienza, nel 1931 con i teoremi di Godel. Con essi si capirà che non tutte le proposizioni esprimibili nella teoria sono dimostrabili in essa, la possibilità di mostrare verità e falsità di un teorema in modo del tutto autonomo da altre forme di linguaggio e di sapere crolla inesorabilmente. Inaspettatamente nuovi spazi si aprono anche alla metafisica e così al trascendente: ciò che era stato fatto uscire dalla finestra rientra dalla porta principale.

 

Il dialogo circa la verità si gioca tutto qui, nel ridonare spazio ad una ragione autenticamente metafisica.

Solo la metafisica può fare da ponte tra scienza e fede nel rispondere al quesito più importante - che senso ha la vita? -  quello per cui la scienza naturale non ha strumenti per dare risposta. Ecco perché il Santo Padre Benedetto XVI nell’udienza del 23 febbraio 2011, parlando di San Roberto Bellarmino, ci ricorda alcune parole del Santo: “Se hai saggezza, comprendi che sei creato per la gloria di Dio e per la tua eterna salvezza. Questo è il tuo fine, questo il centro della tua anima, questo il tesoro del tuo cuore. Perciò stima vero bene per te ciò che ti conduce al tuo fine, vero male ciò che te lo fa mancare.”

Consigliando quel grandissimo scienziato che fu Galileo Galilei, S. Bellarmino aveva sempre in mente anche questo orizzonte di senso su cui tutti – sapienti e ignoranti – dovremmo sempre meditare.

 
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