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Teatro e verità, ovvero la possibilità di rappresentare il vero [parte 3]
Di don Matteo Graziola - 17/12/2010 - Cultura e società - 1096 visite - 0 commenti
(3) LA SACRA RAPPRESENTAZIONE MEDIEVALE

Dal crollo della civiltà romana al sorgere di una nuova cultura

Il crollo dell’Impero Romano portò con sé anche l’eclisse del teatro, insieme a quella dell’organizzazione sociale, culturale e politica della società romana. I secoli che seguirono videro però,dopo le terribili lotte iniziali, il realizzarsi di un evento assolutamente imprevedibile, vale a dire il formarsi di una nuova unità sociale, culturale e politica in cui i popoli invasori e quelli invasi sopravissuti si sono amalgamati fraternamente fino a fondersi completamente e a dare vita alla civiltà europea. Il fattore che ha reso possibile questo fatto anomalo nella storia delle invasioni militari, per cui all’uso delle armi si è sostituito gradatamente quello degli strumenti di lavoro, della conoscenza e del rispetto reciproco, della formazione di famiglie, della costruzione di chiese e monasteri, è stata la conversione vicendevole alla stessa fede cristiana: vicendevole perché non fu solo da parte dei popoli barbarici, ma anche dei popoli latini, che rinunciando a immagini consolidate di grandezze perdute hanno compreso che la Provvidenza li chiamava ad una cosa nuova, all’amore del nemico, alla missione e alla comunione nella stessa fede, alla costruzione con lui di una nuova e comune civiltà.
Lentamente, in mezzo alle difficoltà generate da condizioni di vita molto dure e dal verificarsi di nuove invasioni, seguite dallo stesso fenomeno di conversione-comunione vicendevole, anche la grande cultura ereditata dalla civiltà greco-romana e da quella cristiana antica è tornata a diffondersi nella nuova e singolare società europea. Dove si era conservata? Nei monasteri benedettini, mantenuta viva e conservata pazientemente per secoli da monaci latini, anglosassoni, franchi, goti, longobardi, uniti dalla stessa fede e dalla stessa regola di vita generata dalla fede. Lo stesso monachesimo benedettino che aveva costituito il nucleo della fraternità tra le genti latine e quelle germaniche e che aveva impostato il metodo per la costruzione del continente, era stato anche quello che permetteva a questa nuova realtà di ereditare una grande cultura e di portarla a nuove espressioni ed elaborazioni che sfoceranno, come si è visto, nell’invenzione e nello sviluppo delle università.

Il dramma pasquale
Ed è toccato al monachesimo benedettino anche il nuovo inizio del teatro. Il celebre monastero di San Gallo, situato nell’attuale territorio svizzero, si era trovato ad essere tra l’VIII e l’XI secolo uno dei più importanti luoghi di fede, di cultura e anche di economia e politica. Dotato nel IX secolo di una grande scuola frequentata da centinaia di studenti, ha conservato tra i vari manoscritti di quel periodo nella sua vasta biblioteca uno che attesta la prima rappresentazione drammatica medievale di cui si abbia documentazione: si tratta di un’azione scenica in lingua latina inserita nell’Introito della Messa Pasquale del mattino. Ecco il testo:

Quem quæritis in sepulchro, o christicolæ
Jesum Nazarenum, o cœlicolæ
Non est hic. Surrexit, sicut prædixerat.
Ite nuntiate quia surrexit de sepulchro.
Resurrexi, postquam factus homo, tua jussa paterna peregi.

E’ la drammatizzazione del dialogo al sepolcro vuoto di Cristo tra le donne e l’angelo che annuncia loro la Resurrezione del Signore. Tale drammatizzazione, stando ad un rituale di origine inglese attribuito a San Dunstan (967), sarebbe avvenuta nel contesto di un’azione scenica praticata precedentemente, vale a dire quella che il Venerdì Santo accompagnava il corpo di Cristo nel sepolcro e si completava il mattino di Pasqua con l’annuncio della Resurrezione e il canto del Te Deum. Lo scopo di queste azioni sceniche inserite nella liturgia era quello di aiutare il popolo illetterato a rendersi conto di ciò che viene narrato nei testi sacri. Il tutto era favorito dal fatto che proprio nel IX secolo i benedettini di San Gallo avevano scritto sequenze, inni, litanie e strofe liturgiche e le avevano messe in musica. La semplice forma di rappresentazione liturgica pasquale fu dunque elaborata col tempo nell’XI secolo in molti modi con l’aggiunta di frasi bibliche, di inni e di sequenze, quale quella famosa del Victimae paschali laudes, e con l’inserimento nella messa in scena della corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro e dell’apparizione del Signore Risorto. L’unione dunque di azioni drammatiche, di frasi bibliche, di strofe poetiche e dei canti del coro costituì una nuova e affascinante forma di teatro, che aveva come fondamentale caratteristica quella di servire la conoscenza di un fatto reale e non di una fantasia.
La vasta diffusione di queste drammatizzazioni pasquali è attestata dall’esistenza di oltre duecento drammi latini della Resurrezione, localizzati in Germania, Francia, Italia, Spagna, Olanda e Inghilterra. E sempre con lo scopo di aiutare la fede del popolo si cominciò a fare rappresentazioni delle scene evangeliche anche nella festa di Natale.
Nel frattempo i drammi pasquali si arricchirono di sempre maggiori elementi scenici, anche di natura secolare. Furono introdotti personaggi come Pilato, i Giudei, i soldati di guardia al sepolcro e persino un venditore di unguenti. Alla lingua latina cominciò ad affiancarsi quella volgare che gradualmente divenne predominante. Le aggiunte divennero così numerose che i Vescovi nel corso del XII secolo ordinarono che queste rappresentazioni pasquali, anche per la loro lunghezza, avvenissero al di fuori della liturgia e dell’edificio della chiesa. Esse si spostarono così sulla pubblica piazza, su dei palchi in legno costruiti appositamente. Nel frattempo divennero narrazioni non solo della Resurrezione ma anche di tutta la Passione di Cristo. Esse continuarono a svilupparsi mentre al loro fianco nascevano anche altri generi di teatro religioso.

Il genere dei ‘Miracoli’
Accanto a questi grandi eventi scenici pasquali infatti si fecero strada altri tipi di sacra rappresentazione. Nel XII secolo un ignoto autore anglo-normanno scrisse in Francia il dramma chiamato Adamo, che metteva in scena la caduta dei progenitori e la storia della salvezza fino ai profeti che annunciano la venuta del Redentore. I dialoghi sono in francese, mentre le note sceniche sono in latino.
Nel XIII secolo compare La storia di san Nicola di Jean Bodel. L’autore, che aveva partecipato alle crociate, narra la conversione miracolosa dei mussulmani ad opera di un miracolo operato da San Nicola.
Nello stesso periodo Rutebeuf scriveva il Miracolo di Teofilo: narra la leggenda, molto famosa nel Medioevo, di Teofilo, economo di una Chiesa della Ciclicia, che per mantenere la sua carica vende l’anima al diavolo, ma poi, pentito, riceve dalla Vergine Maria la grazia di essere liberato dall’infernale contratto.
Nel XIII secolo tutta la produzione teatrale di questo genere, eccetto pochissime eccezioni, fu dedicata ai Miracoli della Vergine Maria. Sono rimasti oltre quaranta testi manoscritti, i cui autori ci sono sconosciuti, in cui si narra la salvezza di persone innocenti e sfortunate, ma anche di grandi peccatori, da parte della Madonna, per la confidenza che essi hanno avuto in Lei.

Il genere dei ‘Misteri’ con le ‘Passioni’
Nel XV secolo vide la diffusione del genere cosiddetto dei misteri, o atti (in Italia ‘funzioni’, in Spagna autos, cioè appunto atti). A parte due testi a carattere profano (Il mistero dell’assedio di Orleans e Il mistero della distruzione di Troia), tutti gli altri si raggruppano in tre categorie: quelli dedicati all’Antico Testamento, quelli dedicati al Nuovo Testamento e quelli dedicati alle vite dei santi. In tutti si riscontra una mescolanza di elementi storici con altri leggendari o romanzeschi.
I drammi più diffusi e rappresentati sono quelli della Passione di Cristo sopra incontrati, alcuni dei quali misero in scena l’intera vita del Salvatore. Dal 1400 al 1550 ci sono stati più di cento autori di questi testi, molti dei quali sacerdoti. Composti inizialmente come brevi rappresentazioni dei testi evangelici di Pasqua, arrivarono a lunghezze inimmaginabili per la drammaturgia moderna: a Le Mans il manoscritto della Passione conta 35000 versi, mentre a Bourges fu messo in scena il mistero degli Atti degli apostoli di Arnoul e Simon Greban con 62000 versi, per una durata della rappresentazione di 40 giorni. Anche una piccola cittadina come Bolzano sviluppò un’accurata versione della Passione della durata di sette giorni, inserendo per la prima volta in Europa oltre agli uomini attori delle donne come attrici. In totale furono scritti in quel periodo oltre due milioni di versi, molti dei quali andati perduti.
Gli attori di queste grandiose messe in scena erano molto numerosi, arrivando talvolta a superare i duecento. Non si trattava evidentemente di professionisti, ma di cittadini di ogni estrazione sociale (artigiani e sacerdoti) riuniti in Confraternite della Passione, che avevano il compito sacro di curare ogni anno il grande evento. La partecipazione della città nei giorni della rappresentazione era totale, al punto che si dovettero organizzare delle squadre di sorveglianza per i quartieri lasciati deserti.
Il palco era una struttura in legno, perlopiù quadrata. Lo sfondo era una casa, il cui balcone rappresentava il Paradiso, sotto il quale venivano erette tre croci. L’entrata dell’inferno era rappresentata dalla bocca di un mostro. Gli attori salivano sul palco con una processione solenne guidata dai musicisti e da un eraldo. Il pubblico stava in piedi attorno al palco, o seguiva dalle case vicine; talvolta venivano erette delle tribune a forma di anfiteatro. Lo scenario era semplice e molte cose erano lasciate all’immaginazione degli spettatori, anche se talvolta ingegnose macchine creavano passaggi di grande effetto. I costumi erano quelli contemporanei e seguivano la grande passione medievale per i colori.

I grandi cicli inglesi del Corpus Domini
In Inghilterra si sono realizzati diversi Misteri dopo la conquista normanna. Nel XII secolo il Mistero di Santa Caterina e poi quello della Vita di Becket. Nel XIII secolo il Miracolo della Discesa agli inferi di Cristo durante il Sabato Santo. Nel XIV secolo il Mistero di Abramo ed Isacco. Ma molto importante per la cultura del popolo inglese fu l’istituzione del festival del Corpus Domini nel 1264, sviluppatosi dal 1311 in poi con solenni processioni. Per l’occasione i misteri del Natale e della Pasqua vennero uniti dentro un grande ciclo rappresentante l’intero corso della storia sacra dalla Creazione fino al Giudizio Universale. Sorsero quattro importanti cicli di questo genere: quello di Towneley (comprendeva 30 sacre rappresentazioni o plays), di Chester (24 plays), di York (48 plays)e di Coventry (42 plays). Il nome Towneley si riferisce alla famiglia che ha custodito il testo per secoli; il luogo della sua rappresentazione sembra sia stato Woodkirk, vicino a Wakefield. L’importanza di questi eventi per la storia del teatro inglese è facilmente intuibile.
Accanto a queste sacre rappresentazioni si diffusero in Inghilterra le Morali, di cui si parlerà in seguito.

Le sacre rappresentazioni nei territori tedeschi
In Germania, dopo qualche timido inizio, durante il XIV e XV secolo il dramma religioso fiorì grandemente, e i suoi manoscritti sono presenti in tutto il territorio nazionale. Le Passioni,le rappresentazioni pasquali (159 testi conservati), i misteri dell’intera storia della salvezza in occasione della festa del Corpus Domini, la drammatizzazione delle parabole evangeliche (famosa quella delle Vergini sagge e vergini stolte), i miracoli della Vergine Maria.
Nel XIV secolo in particolare si svilupparono quattro grandi Passioni scritte in rime, principalmente in lingua tedesca: la Passione di Vienna, quella di San Gallo, quella di Francoforte e quella di Maestricht. Da esse ne nacquero molte altre, tra cui quelle di Augsburg, Feising e Lucerna. Il periodo di massimo splendore per le Passioni fu dal 1400 al 1515.

La fine delle sacre rappresentazioni
Storicamente queste grandi rappresentazioni teatrali popolari finirono con la Riforma protestante, che inveì contro l’inquinamento delle Sacre Scritture operato sui palchi delle Passioni e dei Misteri con l’inserimento di elementi umoristici, leggendari e profani. Tale inquinamento si era in realtà accentuato durante l’epoca umanistica e rinascimentale, in quanto l’allontanamento delle classi colte dalla vita della Chiesa popolare aveva lasciato le confraternite teatrali in mano al popolo illetterato, il quale, mancando di una guida intellettuale, subì molto l’attrattiva delle feste carnevalesche, fino al punto di introdurre farse indecorose o dissacranti. Così dall’inizio del XVI secolo le Passioni furono soggette effettivamente ad una decadenza culturale e spirituale. Anche in esse quindi si notano le conseguenze di quel processo generale di cambiamento spirituale dell’Europa verificatosi con l’Umanesimo e il Rinascimento, vale a dire la concezione di Dio come realtà puramente ultraterrena e l’affermazione del successo mondano come vera ragione del vivere. Il Protestantesimo non fece che completare questo processo, rafforzando l’idea che la presenza divina nella vita dell’uomo si riconduce all’elemento spirituale e non realizza più quell’incorporazione dell’umano nel divino che è la Chiesa.

Una valutazione globale
Considerando le Sacre Rappresentazioni nell’ambito generale della storia del teatro e del significato che esso ha nel fatto della comunicazione non si può non restare colpiti dalla grandezza e dalla singolarità di questo fenomeno, che per certi versi si ricollega a quello più imponente della costruzione delle cattedrali. Ciò che colpisce infatti è il coinvolgimento di un intero popolo che anche attraverso queste forme teatrali esprimeva la sua affezione per Cristo. Si trattava di forme per certi aspetti poco raffinate, anche se veicolavano una produzione letteraria non indifferente e soprattutto una grande dottrina teologica sviluppata nelle università, negli scritti dei Padri, nei documenti del Magistero e ovviamente nel grande testo delle Sacre Scritture; ma appunto, sebbene poco raffinate, queste forme teatrali erano espressione di una vita potente che univa realmente le persone e le metteva in cammino verso l’infinito.
Sui palchi delle Passioni e dei Misteri veniva rappresentato un evento reale e non una mitologia, vale a dire la vita di Cristo e la storia della salvezza narrata nella Bibbia. Ciò aiutava a capire che quello che veniva celebrato nella liturgia era un fatto vivente e non un concetto astratto: vedendo passare il Santissimo Sacramento nella festa del Corpus Domini si poteva capire che ciò che in esso era presente realmente era tutta la storia viva rappresentata nei cicli drammatici della medesima festa e soprattutto il protagonista supremo, quel Gesù che era realmente nato, morto e risorto. A confermarlo non era evidentemente l’azione scenica in sè, che per tanti aspetti faceva sorridere e anche ridere, ma la vita cristiana nella sua interezza e la testimonianza di chi più ne era coinvolto.
Si può facilmente immaginare cosa voleva dire partecipare ad una confraternita che metteva in scena questi eventi, coinvolgendo l’intera città: duecento attori che provano per un anno, sapendo di fare un vero e proprio atto di culto, in una compagnia coinvolgente, con tanto di santo patrono, di feste, di assistenza reciproca… certo, i difetti umani si saranno fatti sentire e anche pesantemente, ma se queste realtà hanno fatto crescere per tre secoli un simile impegno non si può pensare che lo abbiano fatto solo per un dovere moralisticamente inteso.

Estratto dal libro La notizia dell'Essere - La comunicazione e il cristianesimo
 
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