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La triste deriva dei diritti umani
Di Donald Ferri - 26/11/2010 - Attualitą - 1220 visite - 0 commenti

Quale idea evoca oggi tanto sentimento di ossequio quanto quella di “diritto umano”? Pronunciare queste due parole fa si che il contesto in cui sono inserite acquisti automaticamente una dignità che nessun ragionamento può scalfire. Ci eleva in una dimensione inattaccabile, immune dal giudizio. Ed è giusto, in fondo, che sia così. L’idea di diritto umano, cioè di diritto intrinsecamente legato all’essere umano in quanto tale è cosa nobile, un concetto forgiato nel tempo da menti elevate, un concetto che ha contribuito a rendere gande e unica la nosra civiltà. Forse il suo miglior prodotto. É proprio per questa convinzione che trovo ben triste quanto sta attualmente accadendo a questa idea, affetta a mio avviso ormai da una profonda malattia che ne ha diluito l’originale forza e pervertito le fondamenta.

Questo malore è il risultato dell’insinuarsi nella teoria dei diritti umani di alcune linee di pensiero, di alcune tendenze che la stanno a tutti gli effetti rendendo una teoria debole, contradittoria e nichilista. Questo succede in primo luogo quando da una dimensione puramente astratta i diritti umani si concretizzano nell’azione delle copiose istituzoni create per garantirne il rispetto. É proprio in questo ambito che che la distorsione si fa più tediosa e per molti aspetti pericolosa. Ma quali sono queste tendenze? Si tratta di tendenze nate nella “Pax” delle Democrazie occidentali, cioè rese possibili dal relativo benessere nelle quali tutte, bene o male, si trovano.

Quest’ultimo è un’humus particolarmente prono a permettere il fiorire di linee di pensiero deboli, in qualche modo dimentichevoli del passato ed incuranti del futuro. Per questa ragione dunque pericolose per il futuro di quelle stesse società che ne hanno permesso l’esistenza. Il primo fronte da prendere in considerazione è riassumibile in una parola: autoconservazione. Montesquieu nello “Spirito delle leggi” sosteneva che il fine principale delle leggi è l’autoconservazione dello stato. Penso che la teoria dei diritti umani, nata come teoria preposta alla conservazione di un certo assetto nella gestione della cosa pubblica (valori democratici, centralità della persona etc) abbia perso di vista questo spirito. Sono numerosissimi i casi in cui i diritti umani vengono usati dalle organizazioni internazionali come arma per indebolire le misure che le democrazie occidentali spesso prendono proprio per rafforzare e proteggere i valori fondamnetali delle società libere, quindi la loro sopravvivenza.

In altre parole, la teoria dei diritti umani si è completamente scollegata da un senso di autoconservazione della civiltà nella quale essa stessa è nata.. É la conseguenza di quella tendenza più ampia in occidente in base alla quale sta venendo a mancare un sentimento di autoconservazione di un’identità collettiva parallelo a quello individuale, certo naturale e necessario, ma decisiamente non sufficiente. Spirito di autoconservazione di una civiltà significa fare scelte forti il cui senso si coglie di generazione in generazione, non di giorno in giorno. Sono illuminanti le lezioni che ci vengono dai casi concreti. La sezione ordinaria della Corte Europea dei diritti dell’uomo si è recentemente pronunciata a favore della rimozione dei crocifissi dalle scuole italiane poichè violerebbero la libertà del gentitore di educare i propri figli liberamente .

Non voglio ora entrare eccessivamente nel merito della (triste) vicenda, ma mettere in evidenza ciò che vermante è problematico in questa vicenda. I giudici della venerabile corte di Straburgo hanno dimostrato con la loro sentenza una imbarazzante superficialità. Hanno deciso di cosiderare non meritevole di protezione ed addirittura pericoloso per i diritti umani il simbolo di quella filosofia senza la quale non avremmo avuto i diritti umani stessi. Si sono dimenticati che il concetto stesso di diritto umano come oggi noi lo intendiamo, cioè di diritto fondato sulla centralità e importanza della persona umana, è un concetto che si è plasmato nella cultura cristiana a sua volta intrisa di classicità.

É interessante il fatto che la prima “Carta dei diritti”, cioè la Magna Carta del 1215 fu scritta proprio da un ecclesiastico, l’arcivescovo di Canterbury Stephen Langton. É per questo che mi chiedo, una civiltà che si dimentica della propria origine e consistenza come fa a sopravvivere? Il secondo fronte da considerare è quello, strettamente collegato al primo, del relativismo. I diritti umani sono visti sempre più in un ottica relativista. In base a questa prospettiva, un diritto da considerarsi assoluto e meritevole di tutela poichè posto a protezione di un determinato valore in occidente, può non essere considerato tale relativamente ad un’altro ambiente culturale. Il problema non è il fatto che tale valore non sia riconosciuto da altre culture, che è cosa inevitabile. Il problema sorge quando è proprio chi lo proclama a non riconoscerne l’universalità.

 Perchè? Perchè chi sostiene la relatività dei valori relativi alla persona umana, quali quelli appunto protetti dai diritti umani, di fatto si pone in contraddizione con il concetto di diritto umano stesso che per sua vocazione, struttura e origine, è universale. Relativismo è dunque in questo contesto sinonimo si incoerenza, contradittorietà e impotenza. É la conseguenza di un certo disimpegno intellettuale nei confronti dell’assoluto, concetto forte dalla quale spesso ultimamente si fugge, forse per mancanza di coraggio. Sostenere che i diritti umani siano assoluti e universali significa riconoscere in pieno il loro valore e non condannarli all’umilante funzione di ornamento retorico per discorsi politically correct. Significa non nascondersi quando occorre una loro ferma protezione o rinunciare quando si tenta di portarli dove essi non sono rispettati.

Per molti quest’ultimo è un ragionamento imperialista, per me è coerenza, onestà intellettuale. I diritti umani sono diritti legati all’uomo in quanto tale, dunque la loro validità non può (a rigor di logica) dipendere dal contesto culturale in cui l’uomo si trova. Per questo chi proclama la loro importanza non può, senza cadere in un evidente contraddizione, sostenere che è ingiusto “imporli” ad altri. Semmai è difficile. Per concludere, un presupposto. Sostenere, come chi scrive, che i diritti umani debbano aspirare all’autoconservazione della civiltà che li ha prodotti e che vadano considerati in senso universale richiede un sentimento di orgoglio per la nostra civiltà, quella occidentale. Comporta il riconoscerne oltre ai difetti anche i grandi meriti. Significa desiderarne la continuazione. La mia sensazione è che oggi i diritti umani soffrano perchè il preteso e diffuso ossequio dimostrato nei loro confronti proviene da chi, questo orgoglio lo ha da tempo, per qualche triste ragione, perso.

 
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