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La fine del darwinismo
Di Enzo Pennetta - 14/05/2010 - Darwinismo - 2136 visite - 0 commenti

Una vistosa crepa si è ormai aperta nell’edificio del darwinismo, un sistema blindato nei confronti degli attacchi esterni è stato messo in crisi dall’interno, autori precedentemente accreditati e dichiarati autorevoli non hanno potuto essere liquidati all’improvviso come incompetenti. Stiamo parlando della pubblicazione del saggio “Gli errori di Darwin” di J. Fodor e M. Piattelli Palmarini che riporta nelle pagine iniziali la seguente frase: "…c’è qualcosa di sbagliato – molto probabilmente di fatalmente sbagliato – nella teoria delle selezione naturale..." (1).

In mancanza di smentite convincenti (e per il momento non se ne vedono) la conseguenza logica di questa affermazione dovrebbe essere un rapido sgretolamento della costruzione darwiniana e la conseguente ricerca di una teoria più adeguata.
Ma il darwinismo non è una teoria come le altre.
Nei testi scolastici viene in genere taciuto il fatto che già in passato il darwinismo era crollato sotto il peso delle sue contraddizioni e delle sue inadeguatezze, infatti nel 1923, nella sua Storia delle biologia, Erik Nordenskiöld poteva affermare: "I critici moderni si sono spesso chiesti come sia potuto succedere che un’ipotesi come quella di Darwin, basata su così deboli fondamenta, abbia potuto conquistare improvvisamente la maggior parte dell’opinione scientifica contemporanea… I fattori che hanno determinato la vittoria del darwinismo rappresentano in tal modo un problema della più grande importanza, non solo nella storia della biologia, ma anche in quella della cultura in generale" (2).

Un’altra testimonianza viene fornita dal carteggio tra il biologo Umberto D’Ancona (1896–1964) e il matematico Vito Volterra (1860–1940), quello che segue è un brano tratto da una lettera inviata dal biologo nel 1935: "In merito all'evoluzione non credo che oggi nessuno zoologo possa obbiettivamente dire di essere darwinista. Oramai questa è una fase superata. Si può essere evoluzionista, ma non più darwinista" (3).

Di fondamentale importanza questa ultima precisazione: si può essere evoluzionisti senza essere darwinisti. Sulla confusione tra evoluzione (un fatto certo testimoniato dai reperti fossili) e darwinismo (una delle possibili spiegazioni dell’evoluzione) si opera spesso una scorretta confusione finalizzata a screditare qualsiasi critica al meccanismo darwiniano basato sul caso.
Lo sforzo di recuperare la teoria di Darwin fu compiuto tra gli anni trenta e quaranta, fu necessario un complesso lavoro di riunificazione tra darwinismo e genetica classica al termine del quale, come la leggendaria Fenice, la teoria riemerse dalle proprie ceneri sotto la forma di neo-darwinismo. Ma anche allora sorsero delle contestazioni che sarebbero state rilanciate nel corso dei successivi decenni, si levarono le voci critiche di scienziati come George Gaylord Simpson, Richard Goldschmidt, Otto Schindewolf, Stephen Jay Gould e Niles Eldredge, anche dall’Italia all’inizio degli anni ’80 si levarono voci autorevoli, nomi di grande spessore come quello del genetista Giuseppe Sermonti e del paleontologo Roberto Fondi.
Tutti questi nomi, in diversa misura, pagarono la loro opposizione al paradigma neodarwiniano, qualcuno intimidito rientrò tra i ranghi, altri subirono un’ostilità spesso accompagnata da un ostracismo irrevocabile (4). Il darwinismo non è una teoria come le altre, dicevamo, tutte le teorie scientifiche si possono infatti contestare all’interno di un libero e lecito dibattito scientifico, tutte tranne questa.
Nella prima pagina del libro di Piattelli Palmarini si può leggere anche un’altra affermazione: "Bisogna scegliere tra fede in Dio e fede in Darwin… così ci dicono", ecco allora che il darwinismo appare nella sua valenza ideologica di “fede” anziché di scienza, una fede supportata da una sua “Inquisizione” molto più efficiente e ottusa di quella che viene proposta nei cliché dei “secoli bui”.
In un suo libro di successo, Il gene egoista, il massimo predicatore contemporaneo del neodarwinismo, l’etologo Richard Dawkins, paragona la teoria di Darwin al sistema copernicano, ma non si accorge che invece essa, ogni giorno che passa, finisce per assomigliare sempre più al sistema tolemaico, in particolare a quello dei tempi in cui si approssimava il tramonto.
È ancora Piattelli Palmarini a fornire un elemento utile in tal senso, quando rivolgendosi a Telmo Pievani (epistemologo, membro di una sorta di congregazione italiana per la difesa della dottrina darwiniana riunita intorno alla rivista Micro Mega) afferma: "Il disaccordo con Pigliucci e con l’ugualmente da me stimato filosofo della biologia italiano Telmo Pievani… consiste appunto nella loro (per me) incomprensibile reticenza, nel voler cioè, in qualche modo salvare il neo-darwinismo, allargandolo fino, mi sembra, a farlo scoppiare, ma senza ammetterlo" (5).

Il neo-darwinismo per resistere al peso della sua stessa incoerenza deve dunque “allargarsi” nel tentativo di inglobare i fatti contrari per neutralizzarli. Ma la stessa cosa era avvenuta proprio per la teoria geocentrica nel periodo di circa cinque secoli tra Aristotele e Tolomeo, quando erano state introdotte delle modifiche nel tentativo di superare le prove contrarie delle osservazioni. Allo stesso modo con la sintesi moderna si iniziò ad “allargare” la teoria di Darwin. Seguirono poi le critiche di S.J.Gould, N.Eldredge, G.Sermonti e R.Fondi, fino ad oggi, a quest’ultimo lavoro di Piattelli Palmarini, che il neo-darwinismo probabilmente cercherà ancora una volta di inglobare.
Ma così come il sistema tolemaico fu infine superato con la forza delle evidenze sperimentali (anche se si dovette attendere gli esperimenti di Guglielmini – 1791, e Foucault – 1851), in un tempo che si spera molto più breve, anche la spiegazione darwiniana dell’evoluzione, prima o poi, diventerà una pagina del passato.
Come abbiamo però visto quel giorno, in realtà, avrebbe dovuto essere già arrivato all’inizio del ‘900. L’appuntamento come sappiamo si è poi riproposto nuovamente più volte nel corso del XX secolo, per riaffacciarsi infine oggi, ma, come già detto, il darwinismo non è una teoria come le altre.
La “fede in Darwin” come la chiama Piattelli Palmarini, è una delle più assolute mai apparse sulla Terra, essa è inserita in una educazione scientifica che, usando le parole del filosofo della scienza T.S.Kuhn, è: "…rigida e limitata, forse più rigida e limitata di ogni altro tipo di educazione, fatta eccezione per la teologia ortodossa" (6). 
Forse un giorno qualcuno scriverà di questo ‘secolo buio’ nel quale una casta sacerdotale convinta di detenere la verità scomunicava gli eretici con l’accusa di non avere del mondo una concezione realmente scientifica (7).
Ma quel giorno bisognerà anche spiegare per quale motivo il darwinismo ebbe tanto sostegno.

Note:

1 M.Piattelli Palmarini, J.Fodor – Gli errori di Darwin, pag. 11

[2]L. Geymonat - Storia della filosofia e del pensiero scientifico,  Vol V pag. 372-373

[3] Lettere riportate da Giorgio Israel - http://gisrael.blogspot.com/2005/09/su-darwinismo-ed-evoluzionismo.htm

[4] La storia di questi scienziati è riferita in libri come “Ripensare Darwin. Il dibattito alla tavola alta dell'evoluzione” di Niles Eldredge

[5] M.Piattelli Palmarini, J.Fodor, op cit. pag. 232

[6] T.S.Kuhn, Le rivoluzioni scientifiche

[7] M.Piattelli Palmarini, J.Fodor, op cit. pag. 11

 

 

 
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