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Don Gallo e il cardinale
Di Marco Luscia - 24/03/2010 - religione - 1021 visite - 0 commenti
Il prete e il cardinale. Con questa immagine ripetuta fra una battuta e l’altra don Gallo ha inteso mostrare il contrasto esistente fra la chiesa dei poveri e la chiesa istituzione. Secondo la prospettiva del prete genovese “amico dei lontani” il compito dei cristiani è semplicemente quello di vivere l’amore verso Dio e verso il prossimo, guardandosi bene che il prossimo non coincida con qualche aderente alla chiesa istituzione. Per questo ogni pretesa del magistero ecclesiastico, volto docente “dell’apparto”, scivola -agli occhi del vivace prete- in lontananza, appena accettata, per non dire mal sopportata. In realtà questa contrapposizione non dovrebbe esistere; essa è frutto soltanto di un certo utopismo evangelico venato di rivendicazioni socialisteggianti. Il mondo è ricco di sacerdoti che accompagnano i poveri e i perseguitati, in una parola, gli ultimi. Eppure nella stragrande maggioranza questi “uomini di Dio” non creano artificiose contrapposizioni fra chiesa di popoli ed istituzione. Questi preti, non vanno in televisione, non riempiono le pagine dei giornali, non pubblicano volumi prontamente promossi nel talk-show televisivi. Questi preti non sono amici di Fabio Fazio, di cantautori affermati, di Paolo Rossi, di Dario Fo, di Bertinotti o di Niki Vendola e la lista potrebbe a lungo continuare. In questi preti è assente il narcisismo e il moralismo, merce assai diffusa oggi vista la scomparsa del sano senso morale. Quel moralismo che don Gallo riserva al Cardinale, figura simbolo della chiesa trionfante, istituzionale, paludata e potente. In tal modo il prete di strada, relativizza il magistero visto come espressione delle astruse fumisterie intellettualistiche del palazzo, senza rendersi conto che è proprio il magistero e la logica del compromesso umano che ogni istituzione vive il presupposto che dà forza e rilevanza alla chiesa. Don Gallo dimentica che è proprio la lontananza dai princìpi che il magistero enuncia la causa di molti mali che assillano il nostro mondo. Quando si irridono i valori cristiani relativi al matrimonio e alla sessualità, non si deve stupire se virus come HIV si diffondono. Quando si demolisce il valore sociale della famiglia accogliendo irresponsabilmente ogni tipo d’unione, nel rivelare superficialità d’analisi, non si comprende pure che il tessuto sociale per tale via si va disintegrando, con costi enormi, che si chiamano: droga, anoressia, psicofarmaci, alcolismo, depressione ecc… Spesso-non sempre-i lontani di cui parla don Gallo sono vittime in primis non del magistero ecclesiastico ma del nichilismo individualista che nega ogni Dio e ogni chiesa. Don Gallo, come moltissimi altri, raccoglie i feriti del mondo; la chiesa e il suo magistero si preoccupano di evitare “la guerra” che li genera. Pensare il cristianesimo solo come un fatto interiore, volontaristico, come una faccenda che si svolge fra Dio e l’uomo, o ridurlo semplicisticamente ad un gesto morale è di fatto non cogliere la complessa realtà del cattolicesimo, è ricadere nell’etica protestante del primo Lutero. Senza la chiesa, senza i cardinali, senza l’istituzione, restano i singoli che come “cani sciolti” vagano alla ricerca di una morale e se la inventano momento per momento, spesso cedendo più alla passione e all’interesse che alla ragione. Fatte salve rare eccezioni. “La regola vuole invece” che l’uomo abbia bisogno di un “magistero autentico” cui fare riferimento per le proprie scelte, nonché del supporto di una comunità e della grazia sacramentale. Dove si sminuisca il magistero sanante della chiesa, lì germinerà una confusione e di fatto il progressivo abbandono del cristianesimo e dei suoi valori umanizzanti. Così, paradossalmente, l’aiuto che il “prete rosso” riserva ai “suoi ultimi” non sarà che una goccia in un mare di dilagante disperazione che egli stesso, forse inconsapevolmente, ha contribuito a creare. Se io, incardinato nell’istituzione famiglia la lasciassi per dedicarmi ai poveri, se abbandonassi le regole e i doveri che il matrimonio comporta per raggiungere i diseredati, forse avrei appagato un mio desiderio di vivere il cristianesimo radicalmente, ma avrei al contempo creato una ferita profonda nella mia piccola società domestica.
 
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