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Elogio del peccatore
Di Lorenzo Bertocchi - 01/02/2010 - Cultura e societą - 1024 visite - 0 commenti
Berlusconi, Marazzo e adesso l’ormai ex-sindaco di Bologna Del Bono. Cosa hanno in comune questi tre signori?
Forse molto più di quanto possa apparire utilizzando le nostre misere categorie umane. A prescindere dalle indagini in corso resta il fatto che questi politici italiani, ognuno al suo livello istituzionale (Governo, Regione e Comune), avrebbero semplicemente agito come uomini che, in preda ai loro istinti, cedono al proprio piacere. Fin qui niente di particolare e nulla di nuovo sotto il sole, roba vecchia come il mondo.
Il gossip mediatico ovviamente si è scagliato a vari livelli sui tre personaggi, a livello politico, sociale e infine personale. Anche qui niente di nuovo, a parte l’accanimento a volte eccessivo e apertamente rivolto alla gogna pubblica, ma tant’è questo purtroppo è il clima del dibattito pubblico in Italia.
I commenti finiscono spesso per solleticare una curiosità pruriginosa, diciamo da “buco della serratura”, oppure affilano la lama per attaccare l’avversario politico rispetto al tema della moralità pubblica.
Tutto ruota intorno alla famigerata “questione morale”, ma generalmente chi la pone mi è meno simpatico dei tre signori che ho nominato e cercherò di spiegare il perché. Non entriamo nel dettaglio dei singoli casi che pur hanno delle differenze anche sostanziali, ma il punto di vista vorrebbe provare di osservare un po’ più dall’alto.
Gesù e la sua Chiesa ci insegnano che non è mai da giudicare l’uomo – perché il cuore solo Dio lo scruta nell’intimo – mentre altra cosa è la condanna del peccato, ma “l’accusa”, in questi casi che ho citato, anche applicando questa verità dottrinale, di fatto la smentisce a monte, proprio perché non riconosce la natura del peccato. Diceva Arnold Ghelen che la società è diventata via, via “la grande stalla della cultura, in cui gli animali feroci girano l’uno attorno all’altro sussurrando formule etiche”, ma in esse non resta nulla di “drammatico”, formule legate a nulla di Assoluto e quindi in definitiva vuote.
Anzi, nei casi in questione è molto facile trovare qualcuno che finisce per elevare a virtù una debolezza e il limite ad eccellenza, insomma in poche parole i moralisti che sollevano la “questione morale” sono sostanzialmente degli “a-morali”. C’è anche la versione ecclesiale, quella del “cattolico adulto” per cui parlare di “colpa d’origine” è quasi una vergogna e intanto predica una versione della carità svincolata dalla questione della responsabilità personale nella conversione, responsabilità che, invece, va rinnovata ogni giorno nelle scelte concrete.
Fondamentalmente è scomparso il discorso sul bene e sul male e come suggeriva Berlicche a Malacoda nel famoso pamphlet di Lewis: “Fa in modo che la sua intelligenza stia lontana dalla semplice antitesi di Vero e Falso”; ma questo diventa facile perché è scomparso Dio dall’orizzonte della libertà.
C’è in giro un sacco di anestetico che tende a ridurre la libertà a un suo surrogato, perché non c’è peccato, né colpa se non c’è Dio; se la libertà dell’uomo non osa confrontarsi con il “problema di Dio”, in definitiva cosa resta dell’uomo?
Ecco perché mi sono simpatici quelli che sbagliano, soprattutto quelli che sanno chiamare l’errore con il suo nome, quelli che non incolpano il “sistema”. Non so se i signori citati all’inizio rientrino in questa categoria, o siano anche loro iscritti tra gli ipocriti che fanno “come se Dio non ci fosse”, ma comunque li preferisco a quelli subito pronti con il dito puntato.
C’è in giro un sacco di gente che giudica, ma i più non vogliono ammettere la contraddizione che li abita, quella situazione che a guardarla bene è veramente “drammatica” perché – diceva il compianto Mons. Maggiolini – “la chiarezza su di sé, uno la raggiunge nell’esporsi indifeso a Dio”, altrimenti prima o dopo sarà la vittoria del non-senso.
L’alternativa a questo “dramma” è la “tragedia”, ossia risolversi a vivere come barche in balia delle correnti o, come diceva Camus, “fornicavano e leggevano giornali”.
C’è insomma bisogno di robusti peccatori, di quelli che lo fanno sapendo di peccare, se ce ne fosse di più forse ci sarebbero meno candidature come quella che va in onda per la presidenza della Regione Lazio. Sicuramente ci sarebbe in giro meno ipocrisia.
Per informazioni sul tema proporrei di consultare esperti in materia, ne cito tre: S.Paolo, S.Agostino e S.Francesco d’Assisi.
(tratto da www.paratisemper.blogspot.com)
 
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