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A proposito della sentenza sul crocifisso
Di Walter Viola - 19/11/2009 - Attualità - 1224 visite - 0 commenti
A proposito della discussa sentenza depositata nei giorni scorsi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, nella quale si condanna l’Italia per le norme che prevedono l’esposizione obbligatoria nelle aule scolastiche del crocifisso perché ciò violerebbe “la libertà di religione degli alunni”, vorrei innanzitutto citare Natalia Ginzbrug. Negli anni Ottanta la scrittrice ebrea, già deputata dell’allora Partito Comunista così commentava in un suo articolo, in questi giorni citato anche a livello nazionale, la proposta di togliere questo segno dalle aule: “il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? (…) Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsi offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano”. E ancora: “Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo (…) prima di Cristo nessuno aveva detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini (…) A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola”. Credo che la riflessione di un’intellettuale di fede diversa da quella cattolica e tuttavia anche “laica” come la Ginzburg, dimostri come l’esposizione del crocifisso nelle scuole e in altri edifici pubblici non mortifichi in alcun modo la libertà di chi professa un altro credo o di quanti non credono affatto in Dio. Con la sentenza sul crocifisso la Corte di Strasburgo avalla una concezione non laica ma laicista dello Stato, che pretende di rinchiudere la religione, in particolare quella cristiana, in un ghetto. Infatti nelle motivazioni della sentenza si sostiene che l’esposizione di questo come di ogni altro simbolo religioso lede il diritto sia dei genitori nella scelta dell’educazione da dare ai figli, sia dei minori di credere o meno, e nega il “pluralismo educativo”. Non si comprende come la Corte possa decidere tramite sentenza che lo Stato Italiano abbia violato lo stesso "pluralismo educativo". Il Crocifisso rappresenta infatti un simbolo religioso, culturale e identitario e proprio per questo non ha mai assunto una valenza coercitiva. Come hanno testimoniato le precedenti decisioni prese dai giudici in Italia, il Crocifisso rappresenta un elemento di coesione in una società che non può prescindere dalla sua tradizione cristiana. Come ha giustamente osservato il direttore de l’Adige Pierangelo Giovanetti nell’editoriale dedicato all’argomento, se togliessimo il crocifisso dalle scuole, in quanto luoghi pubblici, dovremmo allora rimuovere anche tutte le magnifiche opere sacre presenti nelle strade e nelle piazze italiane. La sentenza disconosce il ruolo della religione, in particolare quella cristiana, nella costruzione dello spazio pubblico e promuove un indifferentismo religioso che è in profonda contraddizione con la storia, la cultura e il diritto del popolo italiano. La stessa Costituzione italiana rifiuta l’impostazione laicista, di matrice illuministica, per la quale il fatto religioso ha una natura meramente individuale ed è destinato a restare nell’ambito della sfera esclusivamente privata. La Costituzione valorizza, invece, il ruolo della religione e delle singole Confessioni religiose, come dimostrano gli articoli 7, 8, 19 e 20. Infine un’osservazione sul ruolo della scuola. Un'autentica integrazione civile non può prescindere da una proposta educativa che abbia il coraggio e l'ambizione di proporre a tutti gli studenti i punti di riferimento sui quali si fonda la nostra società. Siamo di fronte a una sentenza che è il manifesto politico di chi vuole il declino di un modello che ha garantito più di 50 anni di pace e benessere, al quale si vorrebbe sostituire un’ideologia il cui obiettivo è privare un popolo della propria identità e consegnare i cittadini europei alla dittatura del nulla. Auspico quindi che tutte le forze politiche italiane ed europee sostengano senza esitazioni il ricorso che verrà presentato dal Governo italiano contro una sentenza degna di un regime totalitario.
 
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