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La religione civile americana
Di Marco Luscia - 11/01/2007 - Politica - 2448 visite - 0 commenti
La religione civile americana. Fra i libri pubblicati negli ultimi mesi un posto di primo piano credo spetti al testo di Emilio Gentile, La democrazia di Dio. Il lavoro del professore universitario, che insegna storia contemporanea presso la sapienza di Roma rivela i tratti tipici della religione americana e del pernicioso connubio che essa realizza con il mondo Politico. Ma prima di presentare alcuni contenuti del volume vorrei brevissimamente svolgere un excursus storico. Le radici dell’ottimismo americano, la presunzione da parte di tutti i presidenti degli Stati Uniti -chi più chi meno- di essere investiti di una missione profetica ed epocale nei confronti del mondo, affondano le proprie radici nel lontano sedicesimo secolo. Fu allora che molti europei, soprattutto di religione protestante intrapresero il viaggio verso il nuovo mondo con la convinzione di dirigere la prua delle loro navi verso la terra promessa. Fu così che un continente nuovo, vergine, incontaminato, dove realizzare la società perfetta, la Gerusalemme terrena, si spalancò davanti ai loro occhi. Persino Colombo non dubitò, giunto sulle sponde dell’isola di San Salvador di essere alle soglie del paradiso terrestre. Come osserva Mircea Elide, il grande storico delle religioni, in un bellissimo saggio degli anni sessanta: “ Per Colombo la ricerca del paradiso terrestre non fu una chimera. Il grande navigatore diede a questa scoperta geografica una importanza escatologica.” La colonizzazione delle americhe iniziò dunque sotto il segno del prodigioso. un Teologo inglese di religione Anglicana di nome William Crashaw poteva così asserire: “ Il Dio di Israele… è il Dio di Inghilterra”. Ora quel Dio indicava la via della conquista di un nuova terra. Fu così che i primi colonizzatori del continente americano partirono nella certezza di essere stati scelti dalla provvidenza per costruire la “città sulla montagna”. Questa doveva essere un esempio, un modello della vera riforma e della conseguente rigenerazione delle umane sorti in quel continente inesplorato, sulla spinta entusiastica di un nuovo inizio. Molti dei pionieri americani pensarono di scoprire il nuovo Eden nelle regioni che incontrarono, chi in Georgia, chi nel Maryland. Edward Johnson, uno scrittore del seicento annotò: “ il Massachusetts è il luogo in cui il Signore creerà un nuovo paradiso e una nuova terra. Grazie al lavoro i pionieri avrebbero realizzato il programma che la provvidenza aveva disposto per loro. Fu così che l’ottimismo escatologico si fece via via ideologia del progresso. Ma prima che l’idea di progresso si consolidasse, il millenarismo dei pionieri si trasformò in avversione nei confronti di Roma identificata con l’Anticristo. I fautori del regno dell’Anticristo erano, in particolare i Gesuiti che si era spinti in quelle regioni. Dietro questi conflitti che animavano le nazioni europee sbarcate nel nuovo mondo, si nascondeva tra le altre cose il desiderio di un dominio coloniale che non conoscesse ostacoli di sorta. Andò in tal modo plasmandosi una lettura manichea della storia, un conflitto fra il bene e il male. Persino l’Inghilterra patria d’origine di molti coloni fu additata da come un’ invadente presenza. Il perfezionismo dei pionieri, il loro utopismo, non si accontentava più delle leggi Inglesi. Fiduciosi di essere entrati nella fase finale della storia, lontani “dall’inferno europeo”, i coloni della Nuova Inghilterra si ritennero svincolati dal Vecchio mondo. Molti di loro erano puritani e per essi la maggior virtù cristiana era la semplicità, mentre il sapere, la cultura, il lusso, l’intelligenza erano creazioni del demonio. Andava così formandosi il complesso di superiorità dei pionieri. Il puritano John Cotton scrisse: “ più sei colto e intelligente, più sei pronto a lavorare per satana.” Fu dunque la religione che nasceva da una costola della riforma protestante e non il cattolicesimo ha strutturare la forma mentis del popolo americano. Gli Stati Uniti di oggi riflettono e manifestano tracce di questa storia e il libro di Gentile ne propone al lettore alcune. Una prima traccia è quella dei predicatori delle innumerevoli sette protestanti che prolificano nel territorio statunitense. Jerry Farrel, esponente di spicco della destra cristiana evangelica, in un dibattito sull’11 settembre commentò, che Dio aveva tolto la protezione agli States perché gli americani lo avevano tradito. Per il predicatore era necessario un pentimento. Lo storico della cultura Delbanco rilevava a sua volta come il popolo americano avesse smarrito il senso del male, la presenza del demonio e del suo devastante agire. I profeti religiosi puntarono inoltre l’indice contro la scellerata politica statunitense, contro il materialismo e il culto della ricchezza, contro l’aborto, contro l’attacco alla famiglia, la pornografia, l’omosessualità. Fatto curioso è che da parte della politica e di gran parte dell’opinione pubblica si realizzò un rifiuto dell’idea di un 11 settembre frutto di un Divino castigo. Quello che accadde fu invece il riemergere della religione civile americana, cioè di un corpus di elementi simbolici, storici, nazionalistici, apocalittici, sacri, che riproponevano rinnovata l’idea di un Destino americano e del ruolo privilegiato della Nazione intesa come esperienza religiosa. E’ pur vero che i presidenti degli Stati Uniti hanno sempre mostrato un’attenzione particolare nei confronti di Dio e della religione. Gentile riporta al riguardo stralci di discorsi di molti presidenti; tali discorsi rivelano inequivocabilmente una religiosità elementare, anticotestamentaria, tipica del sentire dell’americano medio. Indubbiamente la presenza di tematiche religiose ed il richiamo della protezione divina da parte dei politici americani ha accompagnato il sorgere e l’affermarsi della potenza statunitense. Ma questo, sino a qualche anno fa costituiva più un rito, un passaggio obbligato allo scopo di catturare ogni segmento dell’elettorato, piuttosto che l’espressione di un sentire profondo. Per il resto la società americana soprattutto negli anni Settanta e Ottanta aveva fatto i conti con profondi processi di secolarizzazione con il conseguente confinamento della dimensione religiosa nel privato. La tragedia dell’11 settembre ha rimescolato le carte risollevando il coperchio su ansie e inquietudini che per lungo tempo erano rimaste sopite. L’ansia per quanto accaduto e la reazione nei confronti dell’ipotesi del castigo di Dio ha così rafforzato e riproposto il mito della religione civile. La bandiera in tal senso ha assunto un carattere sacrale comparendo con sempre maggiore assiduità nelle chiese accanto alla croce e assurgendo al ruolo di totem. Intanto, la politica, in primis attraverso la figura del presidente, ha riscoperto un sentire religioso forte e il capo supremo della stato è assurto al ruolo di simbolo diventando il tramite fra Dio, la nazione americana ed il popolo “eletto”. In tal modo è riemersa fra i governanti americani l’idea di combattere per la causa del bene, per il trionfo della pace, della giustizia, della libertà e dell’uguaglianza fra gli uomini. Questa idea ha assunto rapidamente il carattere di una vero e proprio compito, di una missione che Dio riproponeva al popolo degli Stati Uniti. Fra gli atti fondativi di questa religiosità civile spicca il luogo di Ground Zero. Come ci ricorda il filosofo Jean Pierre Dupuy : “la vista delle rovine fumanti suscitava un senso di sacro terrore… il sentimento di venerazione, stupore suscitato dall’esperienza del sacro de del sublime”. Commenta al riguardo Gentile: “ La religione ha origine dal senso del sacro, della morte. I luoghi dove la morte è sovrana sono spazi sacri.” Un altro elemento, che rafforza il senso del sacro e di appartenenza generato dall’11 settembre, è la trasformazione delle vittime da cittadini semplici in eroi e martiri. Definito così il luogo del martirio, definito il profilo delle vittime inscritte nella categoria dei martiri ovverosia dei testimoni di una fede, il quadro appare completo perché sulle rovine fumanti dell’11 settembre possa aver luogo una liturgia. Gli officianti saranno i politici, i testi sacri, i discorsi che i presidenti del passato hanno pronunciato in occasione dei momenti più difficili per la nazione. Una parola ancora mi sembra opportuno spendere riguardo al ruolo, in tutto questo, delle religioni tradizionali. Posto che la politica statunitense ha ancora una volta consacrato se stessa al rango di nazione guida, le religioni tradizionali, le Chiese, hanno perso invece le propria specificità, essendo sono state risucchiate dentro un grande discorso ecumenico del quale fanno parte gli stessi musulmani. Alle peculiarità di ciascuna fede è subentrata l’emotività, la certezza che le singole distinzioni vanno superate dalla consapevolezza di appartenere ad un disegno superiore. Il presidente Bush, il 20 gennaio 2005 ebbe a dire: “La vita della nostra nazione è sostenuta dalla verità del Sinai, del Sermone della Montagna, delle parole del Corano e delle varie fedi del nostro popolo.” In tal modo la causa dell’America è venuta ad identificarsi con la causa di Dio. Il sociologo americano Will Herberg, osservava al riguardo: “ Dalla fusione di religione e nazione si passa inavvertitamente allo sfruttamento diretto della religione per scopi economici e politici.” In tal modo la religione civile americana rischia di venir a coincidere con la politica stessa, soprattutto con la politica estera che in tal modo si ammanta di ragioni metastoriche e provvidenzialistiche. E’ indubbio che l’evocazione di un pericolo -ora l’indiano, ora l’Inghilterra, ora il comunismo, ora il degrado morale, ora il fondamentalismo islamico- hanno accelerato il ridestarsi nel cuore della politica americana di un sentire comune e di una comune missione, riproponendo nella nazione quel senso di superiorità e di elezione con cui giunsero oltre oceano i primi pellegrini. Quello che però ci deve preoccupare è il fatto che attraverso questa forma di “teocrazia ecumenica” dalle tinte vagamente New Age, va smarrendosi la funzione essenziale della religione, il suo essere forza profetica capace di opporsi sempre ad ogni pretesa assoluta, soprattutto quando questa è incarnata dall’autorità statale. La religione civile americana è lontanissima dal cuore del cattolicesimo; essa piuttosto nega la forza morale delle chiese e delle religioni, sostituendo ad esse un impulso patriottico e missionario rispetto al quale il Presidente assume la funzione del Pontifex, dell’interprete legittimo della religione civile. Sembra in ciò di poter ravvisare il definitivo affermarsi del progetto massonico di plasmare l’intero pianeta secondo un disegno tutt’altro che democratico. Gentile conclude il suo lavoro con la seguente osservazione: “Per tutti questi motivi, si può dubitare che il tentativo di trasformare la religione civile americana un una ‘religione politica all’americana’ possa avere successo: ma il fatto stesso che il tentativo sia stato messo in opera con tanta deliberata ostentazione nella più potente democrazia del mondo attuale, è un un’esperienza grave, che lascia una traccia e può rappresentare un esempio seducente per altri aspiranti al monopolio della politica e della religione in una società democratica.” E’ quello che per certi aspetti sta cercando di realizzare anche nel nostro paese un movimento di pensiero che pone al centro del concetto di civiltà l’idea che essa coincida esclusivamente con l’occidente e i suoi valori. Dentro questa prospettiva sono ascrivibili tutti quei tentativi di strumentalizzare la religione cattolica. Ma la Chiesa non si presta ad essere il cappellano di progetti che vogliono consacrare una parte del mondo- ricco- alle spese dei restanti popoli.
 
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