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La conversione di Sant’Ignazio di Loyola
Di Claudio Dalla Costa - 24/09/2009 - Religione - 1704 visite - 0 commenti

S. Ignazio di Loyola è un altro dei grandi convertiti che la storia cristiana ricordi: pochi uomini, infatti, hanno avuto un influsso di così grande portata all’interno della Chiesa cattolica come questo basco, fondatore della Compagnia di Gesù.

 Nato nel 1491, la svolta della sua vita si ha all’età di trent’anni con un gravissimo incidente che per poco non gli costa la vita. Nel maggio del 1521 un esercito francese invase la Navarra e attaccò Pamplona. Ignazio e altri soldati si barricarono dentro una fortezza per respingere l’attacco dei nemici, ma un proiettile lo colpì ad una gamba e gliela spezzò; anche l’altra gamba rimase ferita, ma meno gravemente.

Trasportato nel suo castello di Loyola, chiese ai medici di mettergli a posto le gambe, perché voleva tornare a essere un brillante cavaliere. Dopo varie vicissitudini mediche, con tanto di operazioni, fu costretto ad un lungo periodo di riposo. Non sapendo come trascorrere il tempo, decise di dedicarsi alla lettura di libri di cavalleria, il suo genere preferito.

Tuttavia, nel castello non c’erano libri di questo tipo. Gli portarono due libri con argomenti di tutto altro genere: la Vita di Cristo e la Legenda aurea (una raccolta edificante di vite di santi). Rimase particolarmente impressionato dalle vite e dalle penitenze di S. Francesco, S. Domenico e S. Onofrio, e si chiedeva se le cose che avevano fatto loro non potesse compierle anche lui.

Sentì ben presto un forte disgusto per la vita passata e decise di andare pellegrino a Gerusalemme. Prima, però, si diresse al santuario della Madonna di Montserrat dove si confessò e passò una notte in preghiera ai piedi della Madonna. Iniziò così la sua nuova vita di cavaliere di Dio, dal momento che aveva ormai vestito “le armi di Cristo”.

Successivamente, una serie di visioni gli fecero comprendere che tutte le cose, sia naturali che soprannaturali, procedono dall’unica sorgente divina; e tutte devono far ritorno in Cristo alla loro sorgente divina. Il mistero dell’Incarnazione, il cui centro è il mistero pasquale, abbraccia dunque tutte le realtà. Ne segue che tutto nell’uomo, tutte le risorse naturali e soprannaturali vanno adoperate nel servizio di Dio in Cristo.

L’ideale di Ignazio era di aiutare le anime e il Signore gli fece comprendere che, per fare questo, doveva prima prepararsi con lo studio. Dopo un lungo pellegrinare, venne ordinato prete il 24 giugno 1537 a Venezia, e, nel novembre dello stesso anno, alle porte di Roma, fece una straordinaria esperienza mistica: ebbe la conferma, in modo soprannaturale, che il nome della Compagnia che voleva fondare doveva essere quello di Gesù.

La congregazione, approvata il 27 settembre 1540, è ancora oggi uno straordinario strumento di evangelizzazione a servizio del papa e della Chiesa cattolica. Un’innumerevole schiera di straordinari apostoli si sono formati all’ombra di S. Ignazio, tutti accomunati dalla passione per Dio e per gli altri, dalla vicinanza ai più bisognosi, attenti a promuovere la cultura e le scienze in ogni parte del mondo.

 Il santo esercitò subito un grande fascino tra i suoi primi compagni, e, le due testimonianze che seguono, sono indicative al riguardo. La prima è di Francesco Coster, belga, che all’età di 21 anni, nel 1553, entrò nella Compagnia e venne mandato a Roma e qui conobbe Ignazio. Scrivendo al suo padre spirituale dice: “Ieri ho visto per la prima volta il reverendo padre Ignazio, con una gioia indicibile e una tale contentezza da non potermi stancare di guardarlo. Questo buon vegliardo (62 anni nell’anno 1553) passeggiava in giardino appoggiato sul suo bastone. La pietà si irradiava dal suo volto. È dolce, amabile, talmente benevolo da rivolgere la parola a tutti, intelligenti e ignoranti, grandi e piccoli. Che uomo meritevole di lode e di venerazione! Chi può dubitare che in cielo gli è stato preparato un bel posto?”.

La seconda è tratta da una lettera del maggio 1555, firmata da tutti i professori dell’Università di Barcellona, e indirizzata a lui. Si legge: “Reverendo padre, quando consideriamo le tue opere e le confrontiamo con quelle dell’antichità, tu ci appari davvero beatissimo, perché Cristo ti ha eletto…per sostenere con vigore i vecchi edifici ecclesiastici che minacciano di rovinare per vecchiezza e per incuria dei loro architetti, e per costruirne dei nuovi. È quanto hanno fatto in altri tempi Antonio e Basilio, Benedetto e Bernardo, Francesco e Domenico, e molti altri illustri personaggi che veneriamo come santi e nominiamo con onore. Verrà un tempo – lo speriamo e lo desideriamo – nel quale tu sarai invocato allo stesso modo per le tue grandi opere, e la tua memoria sarà consacrata in tutto il mondo”.

Di fondamentale importanza sono poi gli esercizi spirituali inventati da Ignazio che sono la base della sua spiritualità: sono il vero segreto della Compagnia, uno dei mezzi per cui il nostro santo ha segnato così profondamente la storia della santità. Infatti, gli esercizi, ancora oggi, sono la base della spiritualità di migliaia di persone che dimostrano come Ignazio sia più che mai attuale anche agli albori del terzo millennio cristiano.

 
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