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Appunti di un'omelia di fine Quaresima
Di don Massimo Vacchetti - 29/03/2009 - Religione - 2378 visite - 0 commenti

“Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). Che bello questo desiderio di alcuni greci giunti a Gerusalemme! I greci, lo sappiamo, praticavano un culto e una religiosità politeista. Gli dei greci sono molteplici al punto che San Paolo quando raggiungerà Atene dirà di aver ammirato i templi e gli altari dedicati ai tanti dei, tra cui anche quello al Dio ignoto. La religiosità greca era aperta al Mistero, come del resto tutte le culture e i popoli del mondo. San Paolo vorrà svelare l’identità di questo Dio ancora non conosciuto, ma già adorato.

Alcuni di loro, a Gerusalemme, hanno sentito parlare di Gesù. Avviene loro quello che accade a noi quando si parla di qualcosa che ci interessa, domandano: chi, dove, quando, come. Vanno al sodo. Chiedono, pretendono, una cosa sola: semplicemente “vogliamo vedere Gesù”. Anche a me è successo a un certo punto della vita di desiderare questo: “vedere Gesù” e in Gesù vedere Dio! Ogni giorno, la preghiera con cui si chiude la giornata è sempre la stessa: “Vieni Signore Gesù”, la stessa con cui si chiude la Sacra Scrittura. Vieni Signore Gesù vuol dire, ultimamente, che io ti veda e ti riconosca!

E’ imparagonabile questo desiderio con ogni altro desiderio che attraversa il mio cuore. E il peccato consiste semplicemente nel barattare questo desiderio, nello scambiare questo desiderio con altri più meschini. Ho scoperto col tempo che vedere Dio significa vedere il Padre: “chi vede me, vede il Padre” (Gv14,9). E chi vede il Padre, vede, conosce, capisce più profondamente chi sia l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio. Vedere Gesù vuol dire infatti, innanzitutto vedere il mistero di Dio che in Lui si è affacciato, si è fatto presente: “Dio nessuno l`ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18); ma vuol dire anche vedere l’uomo perché in Gesù l’umanità ha il suo modello e il suo compimento. Pilato lo presenterà alla folla con queste parole: "Ecco l`uomo!" (Gv 19,5). Vedere Gesù corrisponde al desiderio più grande dell’uomo. Portiamo una grande nostalgia di Lui e ne sentiamo il fascino.

Ho ascoltato l’altro giorno a Trento un fervoroso Antonio Socci. Mi ha sorpreso l’incipit che ha voluto dare alla serata. “La cosa più importante di questo libro – non sono le parole esatte forse, ma la sostanza c’è tutta – non è il contenuto, ma la copertina che non l’ho fatta io, ma Caravaggio. E’ Gesù, è questo volto il contenuto del libro”. Vedere Gesù è il desiderio nascosto, la speranza più grande. Perfino la «bestemmia» - e qui mi rifaccio al contenuto di questo suo prezioso libro - è segno dell’impossibilità di dimenticarlo e di desiderarlo. Così scriveva Giovanni Testori, nel tempo della sua lontananza dalla Chiesa il poeta lombardo scriveva: «T’ho amato con pietà/ Con furia T’ho adorato./ T’ho violato, sconciato,/ bestemmiato./ Tutto puoi dire di me/ Tranne che T’ho evitato».

Socci quella sera fece una rapida scorsa dei grandi personaggi che hanno subito quest’attrazione realizzando le parole di Gesù: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,33). Così Napoleone nel suo esilio a Sant’Elena a un certo punto scrive: “Potete concepire un morto che fa delle conquiste con un esercito fedele e del tutto devoto alla sua memoria? Potete concepire un fantasma che ha soldati senza paga, senza speranza per questo mondo e che ispira loro la perseveranza e la sopportazione di ogni genere di privazione?... Quanto a me, i miei eserciti mi dimenticano mentre sono ancora vivo, come l’esercito cartaginese fece con Annibale. Ecco tutto il nostro potere di uomini!.... Che abisso tra la mia profonda miseria e il regno eterno di Cristo, pregato, incensato, amato, adorato, vivo ancora in tutto l’universo”.

O Dostoevskij, grande scrittore russo: «non c'è nulla di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più coraggioso, né di più perfetto del Cristo... e non solo che non c'è nulla, io me lo dico con un amore geloso, ma che nulla ci può essere. Più ancora: se qualcuno mi avesse provato che il Cristo è al di fuori della verità... avrei preferito restare col Cristo piuttosto che con la verità». E ancora, «Quest’uomo fu il più eccelso sulla terra, la ragione per cui la terra esiste. Tutto il nostro pianeta, con tutto ciò che contiene, sarebbe una follia senza quest’uomo. Non c’è stato e non ci sarà mai nulla che gli sia paragonabile. È qui il grande miracolo».

Franz Kafka, interpellato da un amico che gli domandava un giudizio su Cristo?: “È un abisso pieno di luce. Bisogna chiudere gli occhi per non precipitarvi”». Più vicino ancora ai giorni nostri l’inquieto autore di On the road, Jack Kerouac, scrive: «So che soltanto Gesù conosce la risposta definitiva».

Il Cardinale Siri sintetizza la ragione per cui quest’uomo, questo ebreo, è cercato da chiunque abbia a cuore la propria vita: “L’aria è impregnata di Gesù Cristo anche dove non lo si vuole, anche dove non lo si ama, dove lo si bestemmia, dove non lo si cerca, lo si rinnega”.. Gli occhi non sono mai sazi di vedere le cose, eppure “vedere Gesù” è la sola visione che sazia lo sguardo perché di Lui e per Lui sono fatte tutte le cose. I greci con questa loro domanda e pretesa ci hanno consegnato il più grande desiderio del nostro cuore: vedere il volto di Colui che porta la pienezza della divinità e dell’umanità. “Vedere Gesù” è l’esigenza del cuore umano che cerca coi tutte le sue forze di rispondere alle due domande fondamentali: “chi sono io?” e “chi ha fatto tutte le cose?”.

La prima riguarda la domanda su di sé, la questione decisiva riguardo il proprio essere. I salmi d’Israele esprimono questa posizione drammatica nel grido: “che cos’è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Salmo 8). La seconda è relativa al Mistero che l’uomo immediatamente, appena avverte coscienza di sé, riconosce come il fattore di tutte le cose e da cui si sente attratto pur senza conoscerne il volto, pur senza poterlo nominare. Ecco, perché i greci a Gerusalemme appena sentono parlare di un uomo la cui pretesa, su cui pende la terribile e sconvolgente accusa dei giudei (“Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio", Gv 10,33) si procurano di conoscerlo. Ed è così che, davanti a questa domanda, avviene una cosa curiosissima. Cercano, come faremmo noi, una raccomandazione. Si avvicinano a uno di origine greca Filippo, uno che nella cerchia degli apostoli comincia ad avere un certo ruolo, forse proprio per la vicinanza col mondo greco. E questi chiama Andrea e questi, insieme, vanno da Gesù. Vedere Gesù passa attraverso l’incontro con alcune persone, con alcuni suoi amici perché è vero quello che Gesù dirà: “Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore”. Dove c’è Gesù, là ci sono anche i suoi amici. E dove sono i suoi amici, lì c’è Gesù. In questo modo, si invera anche per noi la possibilità di vedere il volto, altrimenti inconoscibile, di Dio.

 
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