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Natale, un evento atteso dai popoli
Di Francesco Agnoli - 20/12/2008 - Storia del Cristianesimo - 1137 visite - 0 commenti

Siamo nell'epoca dell'Avvento: aspettiamo qualcosa...Come quando si aspetta di crescere, poi di sposarsi, poi di avere un figlio...Aspettare ci educa, ci rende migliori, ci purifica... Ebbene il Natale ci insegna che questa attesa è anche qualcosa di storico, che ha segnato l'umanità per secoli. Tralascio qui di analizzare le profezie dell'Antico Testamento, troppo complesse, per considerare brevemente come l'attesa di un Messia abbia caratterizzato anche il mondo pagano.

In un bellissimo libro, "Inchiesta su Gesù bambino" (Gribaudi), Andrea Tornielli ricorda che pochi anni prima della nascita di Cristo l'Oriente era pervaso da una grande aspettativa, da un desiderio senza precedenti di palingenesi, testimoniato tra gli altri da Flavio Giuseppe e dagli storici romani e pagani Svetonio e Tacito. Scriveva quest'ultimo nelle Historiae: "I più erano persuasi trovarsi nelle antiche scritture dei sacerdoti che, verso questo tempo, l'Oriente sarebbe salito in potenza. E che dalla Giudea sarebbero venuti i dominatori del mondo".

Ancora più interessante è forse analizzare la quarta ecloga di Virgilio, databile al 40 a.C., in cui si parla di un "puer" di origine divina, con una madre che gli sorride e che egli riconosce, che darà vita ad un nuovo "saeclorum ordo", ad una nuova età dell'oro, in cui, tra le altre cose, scompariranno, simbolicamente, i serpenti. Molti critici si sono affannati ad identificare il puer con personaggi romani, in particolare col figlio di Asinio Pollione, console in quell'anno, solo per un paio di mesi, o con quello di Ottaviano. Evidentemente si tratta di sforzi inutili: poteva Virgilio affidare il cambiamento dell'umanità al figlio di un oscuro console senza poteri, con quel nome (Asinio), e con quel cognome (Pollione)? E Ottaviano, in quegli anni, non era "solo" uno dei tre triumviri? E' evidente, in realtà, come nota il celebre studioso di Virgilio, Antonio La Penna, che tutta l'ecloga "erra al di sopra della realtà romana", ed ha "uno scarso colore romano": occasioni contingenti a parte, denuncia invece evidentemente "una parentela con il messianismo orientale, e quindi anche con quello giudaico-cristiano", e riecheggia "attese di una palingenesi del mondo" presenti in quegli anni tra Egiziani, Ebrei, Caldei, Persiani e persino Etruschi! Nell'ecloga poi Virgilio fa riferimento alla Sibilla Cumana, dimostrando così di attingere ad una di quelle "migliaia e migliaia di oracoli diffusi nel mondo greco-orientale e poi anche in quello romano almeno dal II secolo a.C. in poi" (A. La Penna, "Virgilio, le opere", La Nuova Italia). Anche il titolo dell'ecloga, "Redeunt Saturnia regna", offre lo spunto per considerazioni interessanti, sia perché effettivamente Cristo sarebbe nato in un tempo di pace, in una sorta di età dell'oro, come quella di Saturno, grazie alla pax romana imposta da Augusto dopo decenni di conflitti civili, sia perché Saturno era considerato il pianeta protettore, oltre che del Lazio, anche della Palestina. Passando dal mondo romano a quello orientale, non si può non ricordare l'attesa presente in quel tempo anche in un'altra religione: i magi che giungono da Babilonia, seguendo la stella, per adorare Gesù, sono infatti famosi astronomi e seguaci di Zoroastro. Nella loro tradizione religiosa, imperniata su un forte dualismo, prevale comunque un'ottica ottimista, perché dopo alcuni "soccorritori", arriverà quello definitivo, detto "verità incarnata", nato da una fanciulla, "senza che alcun uomo le si avvicini", ad assicurare il trionfo del Bene. Ecco che probabilmente l'attesa di un "Soccorritore" è all'origine della venuta dei magi a Betlemme: guidati da una "stella" che molti studiosi, da Keplero in poi, hanno identificato con la congiunzione luminosissima tra Giove e Saturno (sempre lui), nella costellazione dei Pesci (considerata segno della "Fine dei Tempi", e simbolo del Cristianesimo). Congiunzione che fu prevista dagli astronomi babilonesi, cioè dai magi, a ragione, per il 7 a. C. Proprio l'anno considerato oggi come la vera data di nascita di Cristo.

 
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