Le religioni laiche: il fascismo.
Di Francesco Agnoli (del 23/09/2008 @ 14:20:55, in Storia del Novecento, linkato 2418 volte)

E' idea comune, tra gli storici, che i totalitarismi del '900 siano state religioni politiche, civili, laiche, cioè senza Dio. Lenin, Mussolini, Hitler ecc... non professarono la fede in un Dio trascendente, personale, Creatore e Redentore, anzi, lo negarono, ma indicarono ugualmente una strada, una via, per la salvezza dell'uomo, dando vita ad un sistema di dogmi, di credenze, terrene, mondane, che miravano a produrre l'uomo nuovo, il paradiso in terra.

Lo storico laico Emilio Gentile, ci spiega cosa significa che il fascismo fu appunto una religione laica, basata sul culto pagano della Nazione, di Roma antica, del partito, dello Stato, del Capo.  Una religione con i suoi riti, i suoi dogmi, i suoi simboli....

"Il culto del Littorio. Sotto il governo fascista, le piazze d'Italia, furono trasformate in un unico scenario dove milioni di persone celebravano la consacrazione dei simboli, le apparizioni del duce. Popolo e paese furono avvolti in una fitta rete di simboli, che abbracciava l'urbanistica e il paesaggio. Proponiamo un viaggio tra i miti, i riti e i monumenti di un movimento che ebbe l'ambizione di infondere nelle coscienze di milioni di italiani e italiane, la fede nei dogmi di una nuova religione laica che sacralizzava lo Stato, assegnandoli una primaria funzione pedagogica con lo scopo di trasformare la mentalità, il carattere e il costume degli italiani per generare "un uomo nuovo", credente e praticante nel culto del fascismo. Con la creazione dello Stato nazionale, la meta più alta che i patrioti italiani del Risorgimento si posero fu il rinnovamento civile e morale degli italiani. Essi volevano trasformare popolazioni politicamente divise dall'epoca della caduta dell'impero romano, profondamente diverse per storia, tradizioni, culture e condizioni sociali, in un popolo di cittadini liberi, educandoli nella fede e nel culto della "religione della patria". Da questa idea di patria si sviluppò, la concezione di stato come educatore del popolo nel culto della nazione.

Lo stato nazionale doveva riunire potere politico e religioso. Compito fondamentale dello stato era assurgere a supremo custode della morale e della religione, essere soprattutto stato educatore inculcando negli animi della gente il senso del dovere civico e dell'obbedienza verso lo stato. La sacralizzazione della nazione, avviata in Europa dalla rivoluzione francese, pose in una nuova prospettiva i rapporti fra politica e religione, conferendo carattere religioso alla politica e una missione educatrice allo Stato. Iniziava un'epoca di rivalità fra religione civile e tradizionale; il problema della religione civile assillò drammaticamente il pensiero dei patrioti italiani fin dall'inizio del Risorgimento e rimase uno dei problemi centrali dello stato nazionale. Le tracce della ricerca di una religione civile per la terza Italia sono reperibili durante tutto il corso del Risorgimento. Sono vari gli elementi che, emersi da questa ricerca, entrarono a far parte del patrimonio di miti politico-religiosi della cultura italiana, alcuni elementi si trovano nel settarismo carbonaro, che dopo l'unificazione ebbe parte rilevante nella formazione di una religiosità laica fondata sulla tradizione democratica risorgimentale e caratterizzate da un militante anticlerachismo. Altri elementi, che provenivano direttamente dalla nuova religione della rivoluzione francese, si trovano nel pensiero degli utopisti e dei giacobini il quale movimento non ebbe successo, ma il mito rivoluzionario della politica come rigenerazione morale, mise le radici nella cultura politica.

La ricerca di una religione civile non fu condotta solo nell'ambito della cultura laica o rivoluzionaria, ci furono dei tentativi anche da parte di alcuni intellettuali della patria con religione cattolica, che si infransero contro l'opposizione della chiesa al nuovo stato nazionale, questo provocò un rafforzamento del sentimento di estraneità dei cattolici verso il nuovo stato e dall'altra la radicalizzazione, in senso laico, della ricerca di una religione della patria. Per assumere un'autentica sacralità la nazione doveva passare attraverso la prova del sacrificio ed essere sacrificata dal sangue dei suoi figli. Il simbolo del sangue salvifico purificatore e santificante insieme al mito della violenza rigeneratrice entra nella retorica e nella tradizione del mito rivoluzionario che non concepisce la rivoluzione senza la violenza purificatrice. Il rapporto tra la violenza ed il sacro è presente nel processo da sacralizzazione della politica sotto forma d i guerra e rivoluzione: l'una e l'altra sono eventi attraverso i quali l'uomo si rigenera e si riforma attraverso l'esperienza della lotta e del sacrificio, un uomo nuovo. Il mito dell'esperienza della guerra diede un'altra spinta decisiva alla sacralizzazione della politica, apportando nuovo materiale per la costruzione di una religione nazionale, con i miti ed i simboli nati nelle trincee ed attraverso questi risorse e si rinvigorì tra la massa dei combattenti, il mito della rivoluzione come rigenerazione morale e l'idea di una nuova politica come missione salvifica ed esperienza integrale, che doveva rinnovare tutte le forme dell'esistenza. Il fascismo era osannato come il salvatore della patria risorta dalla guerra ma trascinata dai suoi nemici interni sull'orlo di un baratro e come il restauratore del culto della nazione nei suoi miti, riti e simboli. Tuttavia pochi fra i credenti nella religione della patria si resero conto della diversità e quando questa divenne palese nella propensione fascista a distruggere la libertà, pochi di essi protestarono e reagirono in difesa dell'indissolubile legame fra libertà e nazione, che aveva ispirato la ricerca della religione civile durante il risorgimento e nell'Italia liberale. La seduzione del nazionalismo fu più forte della fede nella libertà e fece accettare il fascismo come paladino e restauratore della patria risorta. Il significato e la funzione attribuita dal fascismo ai riti di massa, si consolidò incorporando anche il culto della patria. Nel quadro delle iniziative miranti ad instaurare ufficialmente una liturgia di stato, il governo fascista diede subito un forte impulso al rinnovamento del simbolismo statale e patriottico. Mussolini mirò a qualcosa di più concreto che alla riforma sartoriale e cioè volle la restaurazione dei simboli: volle solennità ai festeggiamenti degli anniversari nazionale, prescrivendo ai comuni l'obbligo di stanziare nei propri bilanci, le spese occorrenti per celebrare le feste laiche; fu inoltre reso obbligatorio per gli uffici governativi ed i comuni, l'esposizione della bandiera nazionale . Il culto della bandiera non rimase confinato negli uffici e nelle celebrazioni di piazza, ma obbligatoriamente ogni scuola doveva averne una e per gli scolari essa doveva essere accolta come una "nuova eucarestia". Gli scolari inoltre dovevano partecipare ad effettuare pellegrinaggi alla tomba del milite ignoto. Queste erano parte di un disegno preciso di educare i ragazzi nel culto della patria, esaltando soprattutto attraverso la grande guerra il fascismo che giunto al potere si impegnò molto per sviluppare il mito della guerra, trasfigurandola in una opera epopea di eroismo e di martirio, consacrata alla divinità della patria; questo mito, legato al culto della resurrezione, acquistò un particolare significato nella sua fascistizzazione, diventando il mito di fondazione nell'universo simbolico fascista sia per quanto riguarda gli aspetti rituali del culto del littori o, sia per quanto riguarda gli aspetti epici, sviluppati nella invenzione di una "storia sacra" per la religione fascista; i motivi di questa fascistizzazione si ritrovano nella natura stessa della religione fascista, che, per il suo carattere sincretico e totalitario, mirava ad assimilare movimenti patriottici affini, come l'arditismo e il combattentismo, imprimendovi il marchio del littorio.

L'ascesa del fascio littorio fra i simboli dello stato, accompagnò la contemporanea ascesa di riti che celebravano l'avvento del fascismo al potere come una rivoluzione che segnava l'inizio di una nuova era; dopo la "marcia su Roma", il fascismo accentuò il suo carattere di religione laica, sia nella definizione ideologica che nel modo di vivere e praticare l'esperienza politica attraverso i simboli. Nello stesso tempo, cercò anche di servirsi della religione tradizionale per spianare la strada alle sue ambizioni di dominio, presentandosi come restauratore dei valori dello spirito e del prestigio della religione cattolica dopo un'epoca di agnosticismo e di materialismo. L'ideologia fascista, come teologia politica dello stato, fu facilmente cristallizzata nei comandamenti di un "credo" che così gli consentì di non esporsi a rischi di conflitti nazionali. L'unica interpretazione vera era la pratica quotidiana della fede, vissuta come dedizione religiosa e totale alla volontà dello Stato, infatti i fascisti definivano il partito come "un Ordine religioso e militare: religioso perché ha la sua fede propria, ed è militare perché obbedendo al suo imperativo interiore difende la sua fede ed incontra il sacrificio per essa". Il fascismo mirava a realizzare un'organizzazione simile alla Chiesa cattolica, eletta a modello per la creazione dello stato totalitario; l'identificazione del partito con una chiesa, servì per reprimere i dissensi all'interno del partito stesso, per espellere i ribelli come "traditori della fede" ed imporre l'obbedienza assoluta ai gregari. L'iscrizione al PNF (Partito Nazionale Fascista) non era un semplice atto di adesione, ma comportava un atto di dedizione totale, consacrato dal giuramento".