Galimberti, per fortuna copia quello che scrive, altrimenti...
Come sappiamo Nietzsche spiegò al mondo, prima di impazzire del tutto, che Dio era morto. Si racconta che alla morte del filosofo tedesco, qualcuno un po’ irriverente abbia scritto su un muro: “Nietzsche è morto”, firmato “Dio”. E’ un vezzo di molti intellettuali, o cantanti alla John Lennon, o politici del vecchio stampo sovietico, quello di proclamare periodicamente che Dio è morto…e che, in assenza sua, hanno ragione loro. Fa parte della nostra superbia umana, che ognuno di noi, compreso il sottoscritto, ha dentro dalla nascita, e che qualcuno coltiva più assiduamente di altri, giorno dopo giorno, cosicché ad un certo punto non si accorge neanche più di quanto sia smisuratamente cresciuta.
Recentemente anche un filosofo di Repubblica, Umberto Galimberti, spiegava che la religione sarebbe presto morta, uccisa dalla tecnica. Scriveva Galimberti: “La tecnica appare come quell’evento che, sotterraneamente, e a nostra insaputa, sta già formando l’uomo nuovo che più non domanda il senso della sua esistenza”. In verità questa lettura, seppure errata, non è certo banale, soprattutto quando Galimberti, se ho ben capito, riconosce che la scienza e la tecnica hanno la loro radice nel pensiero greco e nella concezione biblica di creazione: il mondo è creato da Dio per l’uomo, e l’uomo è quindi chiamato a servirsene, a conoscerlo, a dominarlo. Poi però Galimberti fa un passaggio un po’ forzato: proprio perché l’uomo cristiano ha ricevuto il mondo, si sente ad un certo punto in potere di manipolarlo, di riprogrammarlo, ne diventa padrone, tramite la tecnica e si sbarazza di Dio. Quindi il nichilismo tecnocratico e ateistico deriverebbe, coerentemente, dal cristianesimo.
A me sembra che qui Galimberti dimentichi che il creato, nell’ottica biblica, è un dono fatto all’uomo, non un possesso assoluto; un dono che però, dal principio, impone all’uomo un limite: non mangiare del frutto dell’albero; che è forse un po’ come dire di non dimenticare la propria dipendenza, di non farsi Dio. Come dire che il nichilismo tecnocratico è l’opposto del cristianesimo. O meglio, la sua esistenza ci dice proprio della realtà e dell’attualità dell’albero della Genesi: è vero, l’uomo vuole essere come Dio, vuole salvarsi da solo, vuole ridurre il mondo a tutta la realtà, per esserne padrone assoluto! Lo ha fatto nell’Eden, ci ha provato con la magia e poi con le ideologie novecentesche; lo rifà oggi, affidando alla tecnica l’ultima utopia. Ma così si condanna da solo alla tristezza e al fallimento. Ma torniamo alla morte della religione, profetizzata dal Galimberti: in verità Dio non è ancora morto, mentre il povero Galimberti, certo, non sta molto bene. Banalissimo, direte, ma vero. Mi si perdoni l’ironia, ma la notizia riportata su numerosi quotidiani che uno dei pensatori di Repubblica copi i libri altrui, mi ha lasciato basito. Soprattutto perché la vicenda è venuta via via gonfiandosi e l’accusa è di aver copiato insistentemente, più e più volte. Anch’io, in verità, ho un po’ copiato il tema di greco di maturità, e quindi non mi dovrei più di tanto scandalizzare. Anche perché immagino che certi personaggi, cui non pochi, perso il buon Dio e la sua Chiesa, chiedono una strada, debbano per forza, di tanto in tanto, scrivere qualcosa di “nuovo”, per spirito di servizio. In futuro si saprà se è vero o meno quanto si dice su questo increscioso sistema di clonazione dei libri altrui (la clonazione, caro Galimberti, è una tecnica sbagliata, perché afferma un potere che non è nostro, è la ripetizione del peccato originale). Per intanto io mi “fido” dei giornali, che non hanno ricevuto smentite dall’interessato, e mi dico: meglio così.
Se veramente Galimberti pensasse quello che scrive, ho paura che Dio, ancora vivo e vegeto, si arrabbierebbe davvero tanto con lui, il giorno del giudizio. Ad esempio, per le maldicenze: all’epoca della moratoria sull’aborto, Galimberti scrisse un articolo su Ferrara, dando per certo che era sceso in campo “non so se in accordo preventivo con le gerarchie ecclesiastiche o con le gerarchie ecclesiastiche subito al seguito”. Calunnie insomma, una tecnica non bella per un giornalista che voglia essere corretto. Inoltre Galimberti, dimostrando una intuizione buona, ma non digerita, continuò spiegando che i cattolici che si oppongono all’aborto dimenticano il concetto di individuo e di persona, inventato proprio dal cristianesimo. Lo dimenticano perché fanno della donne non un fine, ma un mezzo per la riproduzione. Ecco, anche qui si salta un passaggio: come ignorare che i cattolici sono contro l’aborto proprio perché considerano un bimbo, chiamato all’esistenza senza il suo consenso, da altri, anche dalla donna, non un mezzo, ma un fine? Non un grumo di cellule, ma una persona? Mi stupisce questo modo di condurre un discorso su binari logici, per poi cambiare all’improvviso le carte in tavola. Come quando Galimberti accusa i “fanatici” difensori della vita di “bieco materialismo”, con un luogo comune caro a Pannella: ma materialismo non è ridurre una vita umana a qualcosa che non conta nulla, ad una non persona, ad un non individuo? E allora dove starebbe il materialismo di chi dà alla materia una dignità immensa, perché vede in essa un’anima immortale? I libri, ai loro autori, i motti di Pannella, a Pannella: altrimenti uno si prende anche colpe non sue. E il concetto di persona lo lasci a chi, per sua ammissione, lo ha “inventato”…oppure, prima di copiarlo, sarebbe opportuno averlo compreso.
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