Un museo per le email. Resistere alla comunicazione liquida.
Nonno, che cos’erano le email? Quando sentiremo rivolgerci questa domanda, potremo portare i nipotini al Powerhouse Museum di Sydney. Realmente, con lo shuttle stratosferico dell’Alitalia (partenza da Orio al Serio: la ripresa di Malpensa, informano gli esperti, sarà lenta) o il teletrasporto; oppure virtualmente navigando con totalnet, l’evoluzione veloce e pulita di questo ferrovecchio virulento e ingombro di spazzatura che è internet.
Fantascienza? Sì e no. Il teletrasporto è improbabile a tempi brevi, anche se le ricerche del Cern di Ginevra sui mini buchi neri, se non condurranno all’autodistruzione del pianeta e dell’intero universo (qualche apocalittico ne è convinto), potrebbero aprire prospettive interessanti in tal senso; certo è meno improbabile dello shuttle Alitalia. Ma il museo della scienza di Sydney esiste e il progetto di un archivio, dove raccogliere 20 mila messaggi di posta elettronica di ogni genere per preservarli dall’oblio, è reale.
La notizia è istruttiva ma anche inquietante. Le email hanno soppiantato la posta cartacea, con buona pace degli amici del francobollo. Ma mentre i messaggi d’inchiostro su carta restano e continuano a descriverci le epoche, con relativi usanze e sentimenti, le email svaniscono, puff, senza lasciare nulla di sé. Son fatte per andare veloci e dritte allo scopo, non per durare nel tempo. Zigmunt Bauman sogghignerebbe: le email sono liquide come le lettere erano solide. Ma alla fine trionfano le seconde, perché a Sydney, nel momento del massimo fulgore della comunicazione liquida – friabile, mutevole, impalpabile – già si pensa al loro declino e fatale scomparsa. Ed anche noi, di fronte a una email particolarmente importante, siamo portati a pensare: stampiamola, non si sa mai.
L’inquietudine nasce dall’appello rivolto dal museo agli australiani: mandateci le vostre email, di qualunque genere, senza troppo badare alla forma. Poiché da quando abbiamo cominciato a scrivere questo articolo stanno allegramente scodinzolando sulla casella aziendale almeno una decina di email di inviti a casino virtuali, di mirabolanti coadiutori per irriferibili attività sessuali e offerte finanziarie (dateci i vostri zecchini d’oro e ve li moltiplicheremo), è facile che la casella del museo sarà invasa da quella roba lì: soldi e sesso. Che idea si faranno di noi i nostri nipoti? E poi: quante email che parlino delle nostre aspirazioni più nobili e profonde, grondanti dichiarazioni d’amore o passione politica? “Le ultime email di Jacopo Ortis”… No, non funziona.
Piuttosto, gli australiani farebbero bene a pensare a un archivio degli sms, ancora più volatili e presto obsoleti. Email ed sms, il trionfo della comunicazione liquida, archiviati al museo. Sarà quasi come catturare un sospiro o inscatolare uno sguardo, quelle sì forme di comunicazione intramontabili. O uno sbuffo di fumo. La fantasia di Bonelli senior, in oltre mezzo secolo di Tex, ha fatto scrivere ai navajos interi romanzi in nuvolette di fumo. Non l’ha mai confessato, ma sembra che Noam Chomsky avesse appena letto Tex quando nel 1957 scrisse “Syntactic Structures”, fondando la grammatica generativo-trasformazionale… Anche quella ormai, pare, roba da museo.
(Da "Avvenire" del 2 aprile 2008).
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