Gaza secondo l'Osservatore Romano.
La situazione di un milione e mezzo di palestinesi nella Striscia di Gaza non è mai stata tanto grave. Nelle ultime settimane, i durissimi scontri tra i soldati dell'esercito israeliano e i miliziani di Hamas hanno ulteriormente peggiorato le già precarie condizioni in cui si trovavano gli abitanti del Territorio palestinese, stremati dall'embargo totale iniziato lo scorso 17 gennaio.
Un rapporto redatto da otto organizzazioni umanitarie britanniche ha reso noto che l'80 per cento della popolazione nella Striscia dipende dagli aiuti alimentari e che la disoccupazione è al 40 per cento. Mai è stata tanto diffusa la miseria in questa tormentata lingua di terra fin dai tempi della guerra del 1967. Le attrezzature necessarie alla sopravvivenza dei pazienti negli ospedali non possono più funzionare per l'impossibilità di importare i pezzi di ricambio. Ogni giorno, inoltre, a causa del crollo di infrastrutture esseziali circa cinquanta milioni di tonnellate di acque di scolo sono riversate nel Mediterraneo. Il rapporto delle organizzazioni umanitarie cita anche, tra ottobre e dicembre 2007, la morte di almeno venti persone (tra cui cinque bambini) dovuta alle lungaggini e alle restrizioni nel concedere visti d'uscita per urgenti cure mediche in Egitto e nei Paesi limitrofi.
L'embargo israeliano è uno dei principali fattori della crisi. Israele ha sempre sostenuto di non essere costretto ad occuparsi delle condizioni di vita della popolazione nella Striscia. La motivazione è che, dopo il ritiro nel 2005 deciso dall'allora premier Ariel Sharon, Gaza non gode più dello status di territorio occupato e dunque le autorità di Tel Aviv non sarebbero più tenute a rispettare le norme tipiche delle occupazioni militari sancite dal diritto internazionale. Il rapporto delle Ong britanniche condanna questa posizione definendola "fallace" e sostenendo che "Israele detiene l'effettivo controllo della Striscia di Gaza in virtù del controllo totale che esercita sui confini di terra, sullo spazio aereo, sulle acque territoriali e sul movimento di persone e di merci". Israele deve assicurare quindi il benessere della popolazione di Gaza "in base al diritto umanitario internazionale e alle leggi sui diritti umani". La politica del blocco è "inaccettabile". "Il Regno Unito e l'Unione europea debbono condannare fermamente il proseguire del blocco di Gaza e il ricorso, da parte del Governo israeliano, a una punizione collettiva, oltre che violazioni del diritto umanitario".
Di qui, un forte appello alla comunità internazionale. Gaza è il "primo territorio intenzionalmente ridotto in stato di totale povertà con la consapevolezza, il tacito consenso e l'incoraggiamento di molti Paesi". Per far fronte alla situazione è necessario che si riaprano subito i negoziati con Hamas. "La politica internazionale di isolamento di Hamas non ha avuto alcun esito positivo - affermano le organizzazioni - perciò esortiamo il Governo del Regno Unito e l'Unione europea ad avviare un dialogo politico con tutte le parti palestinesi".
E tuttavia, più che individuare le molteplici ragioni della crisi, pare più opportuno interrogarsi sulle sue possibili soluzioni.
Pochi giorni fa, al Palazzo di Vetro si è svolta una giornata di dibattito sulla situazione nei Territori. Il Pakistan, a nome dell'Organizzazione della Conferenza islamica (Oci), ha presentato un progetto di risoluzione che condanna i "persistenti attacchi e le incursioni israeliane, ed in particolare i recenti attacchi nella Striscia di Gaza che hanno causato più di 125 morti e centinaia di feriti tra i civili palestinesi". Nel testo presentato si lancia un appello "per una immediata cessazione di tutti gli attacchi israeliani", ma anche dei "lanci di razzi da parte dei combattenti palestinesi".
Al momento, l'Egitto sta cercando di raggiungere una soluzione politica, aprendo negoziati indiretti tra Hamas e Israele. Dopo i colloqui fra i responsabili della sicurezza egiziana e delegazioni di Hamas e della Jihad Islamica, in questi giorni è giunto a Il Cairo Amos Gilad, responsabile del dipartimento politica e sicurezza del ministero della Difesa israeliano, per consultazioni con i negoziatori egiziani.
(©L'Osservatore Romano - 10-11 marzo 2008)
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