NATI PREMATURI NOI SALVIAMO I PIÙ DEBOLI .DINO PEDROTTI risponde ad Arisi.
Di Rassegna Stampa (del 12/02/2008 @ 20:56:28, in Bioetica, linkato 1237 volte)
Non si può lasciar passare senza commenti l’articolo con l’intervista al dott. Arisi sulla cosiddetta “Carta di Roma”, pubblicato il 6 febbraio. Questa “Carta” riguarda l’assistenza ai nati molto prematuri, non certo prima della loro nascita e tanto meno “prima della loro nascita e tanto meno “prima della vita” come titola il pezzo. un documento sottoscritto anche da primari ostetrici romani, in linea con una Carta di Firenze sottoscritta due anni fa dalle Società di Ostetricia e Neonatologia, alla cui stesura definitiva ho partecipato anch’io; in essa si proponevano a ostetrici e neonatologi comportamenti diversi a seconda delle diverse settimane di gravidanza (da 22 a 25). La Carta di Roma è più generica e afferma che, in accordo con ormai innumerevoli prese di posizione mondiali, dalle 23 settimane compiute in poi il medico deve intervenire a seconda della “vitalità del neonato” (non del “feto” come più volte si esprime erroneamente Arisi). E quindi la decisione sulla vitalità sì o no compete al neonatologo che assiste alla nascita. Tutto chiaro. Anche perché il Comunicato nr. 20 del 22.1.08 del Ministero della Sanità aveva ben spiegato come comportarsi nella 24.ma settimana: “quando sussistano condizioni di vitalità, il neonatologo, coinvolgendo i genitori nel processo decisionale, deve attuare adeguata assistenza, che sarà proseguita solo se efficace”. Non è previsto nessun “accanimento”. E questo lo si dirà chiaro anche nel prossimo documento del Comitato Nazionale di Bioetica. Arisi sa che a Trento avevamo idee chiare su come comportarci fin dal 1992 (”zona grigia” a 23-24 settimane: idee esposte in vari convegni nazionali, da Trapani a Varese). In Trentino abbiamo tre bambine sane e già grandi, nate a 23 settimane. Di fronte alla loro vitalità non avemmo nessun dubbio ad assisterle. Ne scrivemmo su Neonatologia trentina proprio due anni fa. Consiglio di rileggere queste testimonianze. Deve esser chiaro a tutti che, quando nasce un neonato piccolo piccolo, dopo il taglio del cordone questi diventa cittadino a tutti gli effetti secondo il Codice Civile e la madre non può invocare “diritti di proprietà”, intervenendo contro le scelte del medico rianimatore. Lei e il padre devono senz’altro “essere coinvolti” e le loro opinioni devono essere tenute in massima considerazione. Il ministro Turco in TV a “Otto e mezzo” ha approvato la Carta e queste scelte, che - è stato ribadito - non sono assolutamente in contrasto con la legge 194. Incomprensibili quindi le reazioni delle femministe e dei soliti laicisti. Come ci sono molte discriminazioni “di genere” tra uomini e donne, così ci sono ancora più discriminazioni tra grandi e bambini, legate alla “piccolezza”. Più uno è debole più diritti dovrebbe avere! I bambini non devono essere per nessuno “oggetti di proprietà”, ma soggetti protagonisti della loro vita, della loro nascita. Se io, grande, per un incidente ho il 70% di probabilità di morire con possibili danni neurologici, il medico mi rianima, anche contro il parere di mia moglie. E così si rianima un bambino grave di un mese. Non capisco perché si usi un metro diverso per il neonato in sala parto. Eppure la legge è uguale per tutti! E’ vero che in Olanda ostetrici e pediatri di Groningen non rianimano neonati fino a 25 settimane e praticano l’eutanasia attiva a nati malformati su richiesta dei genitori. “Infanticidio? No è amore” (Corriere della Sera 4.12.07). Magari Arisi e Veronesi sono d’ accordo, ma contro l’opinione della stragrande maggioranza dei bioeticisti. Il primario Arisi irride a questa Carta: sarebbero”esternazioni cerebrali” (dei suoi colleghi), “esercizi mentali fuori dalla realtà”. Secondo me, troppe sue parole sono “fuori dalla realtà”, lontane quel che realisticamente si attua nel suo reparto; come Veronesi, sogna un mondo in cui, quando la prevenzione non funziona, si ha il diritto ad eliminare un figlio nel momento in cui è piccolo piccolo. Deve essere chiaro che questa non è prevenzione. Si elimina la malformazione eliminando in modo cruento il piccolo soggetto malformato; come se per eliminare un tumore si uccidesse il portatore. *** La 194 c’entra poco poco con la Carta di Roma. Come dice Arisi, il feto non può essere abortito quando ha possibilità di vita (dopo le 22 settimane, come si riconosce in tutto il mondo), salvo per “gravi motivi fisici” della madre e non per rifiuto di un figlio. E solo in questo caso è prescritta l’adozione di”ogni misura idonea a salvaguardarne la vita”. In questi casi le “gravi condizioni fisiche” della madre difficilmente le dovrebbero permettere di partecipare all’evento. L’esempio dell’anencefalia è ridicolo. Mai si rianima un bambino col 100% di rischio di morire. E nessuno “predica la rianimazione di un feto quando sono nulle le prospettive di vita” (qui c’è il dente avvelenato di Arisi contro i cattolici, che malgrado certi toni integralisti sono più vicini a queste realtà rispetto ad Arisi). Io ricordo il caso di un anencefalo che da solo ha respirato per un giorno (e l’abbiamo assistito con cure “compassionevoli”), mentre la madre mi ripeteva angosciata che lei “non ha un figlio”, perché secondo gli ostetrici doveva nascere e morire subito. Ostetrici fuori dalla realtà, ovviamente. Quanto ai tassi di abortività per 1000 nati è vero che in Italia dal massimo di 288 (1984) sono calati del 40% in otto anni (172 nel 1992), ma negli ultimi 15 anni sono migliorati di ben poco (167 nel 2004). La 194 non dà “diritto all’aborto” ma lo depenalizza e nei primi articoli dà molti diritti al bambino di non essere abortito. Non c’entra qui “il volere divino” (che talora ci complica i ragionamenti), ma “il nostro volere” di essere dalla parte del bambino, un essere molto più debole di sua madre. Dino Pedrotti ex primario di Neonatologia del Santa Chiara