La prima domanda che si pone lo storico della scienza moderna è sicuramente perché essa sia nata in Europa, e non altrove. Le spiegazioni possibili sono tante, ma sicuramente ve ne è una che risulta fondamentale: perché solo qui esisteva il concetto di creazione.
Solo il cristianesimo infatti si fonda sull'idea che il mondo non coincida con Dio, ma sia, semplicemente, una creatura. Si tratta di una idea fondamentale, perché libera l'universo da presenze divine immanenti, spirituali, che portano ad una visione magica ed astrologica della realtà, e che rendono impossibile la nascita del concetto di legge fisica. L'universo greco, romano, animista ecc., è un "grande animale", un'entità eterna, mai nata e destinata a esistere per sempre, secondo una visione ciclica del tempo.
Solo l'universo cristiano non coincide con Dio, ma ha iniziato ad esistere nel tempo, un tempo lineare, ed è regolato da leggi fisiche poste in essere da un Creatore, inteso come Legislatore supremo, "divino Artefice", come scriveranno Copernico e Keplero. Quest'idea è talmente importante nella storia della scienza che proprio da essa nascono, già nel medioevo, una serie di riflessioni cosmogoniche straordinarie. Tra queste si segnala senza dubbio quella di Roberto Grossatesta, un vescovo legato alla scuola francescana di Oxford, che in Italia è purtroppo pressoché sconosciuto. Eppure Grossatesta non fu solamente un grande studioso di lenti, di specchi, e dei fenomeni della luce in genere, tanto da essere considerato uno degli inventori degli occhiali, ma è anche colui che ha proposto, forse per primo, una straordinaria ipotesi: che il mondo sia nato da una sorta di puntino piccolissimo di luce-energia, posto in essere dal Creatore, ed espansosi sino a formare l'universo intero.
Grossatesta parte dal "Fiat lux" del Genesi, e dalle sue osservazione di ottica, per affermare che la luce, prima creatura, "è capace per natura di moltiplicare se stessa in ogni direzione…Naturalmente infatti la luce generando si moltiplica in ogni direzione, e, insieme con l'esistere, genera. Per questo riempie immediatamente ogni luogo circostante". Proseguendo spiega che la creazione della luce è anche l'origine di moto, tempo e spazio: il moto della luce crea lo spazio, e il rapporto tra moto e spazio dà vita al tempo. Moto, tempo e spazio, non sono quindi degli assoluti, ma dei relativi, che hanno iniziato ad esistere, in un istante di tempo che "dà inizio al tempo", non "continuazione del passato verso il futuro, ma solo inizio del futuro". Nelle sue riflessioni a metà tra lo scientifico e il filosofico, Grossatesta arriva quindi a negare l'esistenza di una materia eterna, teorizzata ad esempio nel Timeo platonico, e a sostenere che il moto degli astri non solo non abbisogna di anime astrali, ma neppure di intelligenze motrici, essendo il mondo materiale non un "grande organismo" vivente, ma una "mundi machina", una macchina del modo, regolata, come ogni meccanismo, da precise leggi intrinseche.
In Grossatesta, ha scritto la Battisti Saccaro, "concezione creazionista del mondo e concezione meccanicistica della sua formazione sembrano poter coesistere grazie all'azione della luce: l'evento soprannaturale della sua posizione è, nel De luce, dato per scontato, e l'unico accenno che vi riscontriamo è là dove si parla della forma prima nella materia prima creata; può quindi essere delineato il successivo costituirsi del cosmo come sistema autoproducente senza l'ulteriore intervento del Creatore". Si capisce quindi, dopo quanto si è detto, perché diversi studiosi inglesi della scuola di Oxford, tra cui il Crombie, abbiano parlato di Grossatesta come di un precursore della scienza moderna e soprattutto dell'odierna teoria del Big Bang. Una teoria, è il caso di ricordarlo, che fu ripresa da Galileo Galilei in una lettera del 1615 a mons. Pietro Dini, in cui partendo dal fiat lux del Genesi, ipotizzava appunto l'origine dell'universo da un punto di luce energia.
La teorizzazione moderna di questa possibile origine del cosmo si deve però al gesuita Lemaitre, ideatore dell'"atomo primordiale". Franco Prattico racconta al riguardo questo aneddoto: "Si dice che quando Georges Lamaitre, un sacerdote scienziato che, con George Gamow, fu autore di una delle prime formulazioni del Big Bang, cercò di discutere con Einstein la possibilità di descrivere lo stato iniziale dell'universo, il più grande fisico del nostro secolo abbia scrollato le spalle: 'Questa faccenda somiglia troppo alla Genesi', avrebbe detto, 'si vede bene che siete un prete'. E non manca ancora oggi chi considera questo modello con un certo sospetto, per la sua somiglianza appunto con un 'atto di creazione'" (Franco Prattico, "Dal caos…alla coscienza", Laterza). A ben vedere infatti il Big bang, così chiamato con disprezzo dal fisico ateo Sir Fred Hoyle, che lo considerava "troppo cristiano", è una teoria perfettamente compatibile con la fede, in quanto presuppone, come notava Grossatesta, un mondo originatosi dal nulla, in cui moto, spazio e tempo hanno iniziato ad esistere e potrebbero un giorno scomparire.
Scrive Francis Collins, direttore del Progetto Genoma umano, nel suo "Il linguaggio di Dio" (Sperling & Kupfer): "Per la tradizioni di fede secondo cui Dio ha creato l'universo dal nulla, questo [il big bang] è un risultato elettrizzante. A un evento così sbalorditivo si addice la definizione di miracolo? La sensazione di meraviglia generata dal Big Bang ha indotto parecchi scienziati agnostici ad esprimersi in termini nettamente teologici. L'astrofisico Robert Jastrow, per esempio, conclude così il suo God and astronomy: "Sulla teologia, la teoria del Big bang ha conseguenze profonde. Per lo scienziato che ha vissuto alla luce della fede nel potere della ragione, la storia finisce come un brutto sogno. Ha scalato le montagne dell'ignoranza; è sul punto di conquistare la vetta più alta ed ecco che, arrampicatosi sull'ultima roccia, viene accolto da un gruppo di teologi seduti lì da secoli". E Collins chiosa: "Il Big bang domanda a gran voce una spiegazione divina…non riesco a capire come la natura avrebbe potuto crearsi da sé. Solo una forza soprannaturale al di fuori del tempo e dello spazio avrebbe potuto fare una cosa simile". (estratto da "Dio, questo sconosciuto", Sugarco, febbraio 2008)