Bambini perfidamente innocenti. Il Battesimo Signoria dell’innocente, ingiustamente condannato.
Di don Massimo Vacchetti (del 27/11/2007 @ 21:51:18, in Religione, linkato 1480 volte)
Un battesimo rappresenta per un parroco una delle circostanze più liete e più consone al dettato evangelico “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo” (Mt 28,19) Ma è ovvio è anche una ricorrenza particolarmente sentita dalla famiglia che fa, in genere, il suo re-ingresso in società dopo il tumulto della nascita, le preoccupazioni, spesso ansiose, che rivestono le prime settimane della vita di una nuova creatura. E , finalmente si dà appuntamento ai parenti, agli amici per dire “siamo ancora vivi. Eccoci freschi come una rosa”. E così il Battesimo se un tempo veniva conferito nei giorni immediatamente successivi alla nascita, se non addirittura il giorno stesso, ora tale data viene dilazionata divenendo un appuntamento sociale. Non che si perda di vista l’orizzonte sacramentale, ma semplicemente si avvalora il gesto di un senso anche sociale. Ebbene in queste occasioni si chiarifica ulteriormente un aspetto della realtà battesimale. Immaginiamo due genitori e la loro prima bimba che portano al fonte battesimale contorniati dalla cerchia degli affetti più cari. La bimba è un essere unico, irripetibile, singolarmente preziosa agli occhi dei suoi genitori, dei nonni. Nessuno è come lei, potremmo dire. Eppure questa piccola, ignara, indifferente creatura, a ben guardare, è erede di tutto, cioè nulla, in un certo qual modo, è suo, in modo proprio. E’ erede geneticamente del babbo e della mamma, forse anche dei nonni e di qualcuno ancor più indietro nella catena generazionale. I suoi occhi, il suo naso, le sue mani, un domani anche il suo temperamento sono di altri. E di fatti, gli amici e parenti solitamente si attardano, affaccendandosi non poco, nel gioco “a chi assomiglia?”. Insomma, la bimba è indubbiamente erede di qualcuno Se è erede geneticamente dei suoi genitori, è erede anche, al momento della sua nascita, anche di altro, cui per lo più non ci si pensa. La piccola è erede di ciò che nella dottrina cattolica si chiama, “peccato originale”. Ha ereditato questa condizione in quanto figlia di Adamo e presto si manifesterà l’attitudine al peccato: “io non faccio il bene che vorrei, ma il male che non voglio” direbbe San Paolo. I bambini, lungi dall’essere le creature più innocenti, sono quelle in cui il peccato originale si evidenzia in modo sorprendente, senza barriere. Gli adulti hanno infiniti modi per mascherare le proprie vergogne, i propri insani pensieri, le proprie gelosie…i bambini no, sono innocentemente perfidi, semplicemente egoisti, manifestamente indifferenti. Il peccato originale che Ella presto ratificherà con i suoi capricci, è anche qualcosa di più che non la semplice e in fondo, perdonabile, birbonata. E’ premessa alla morte. Noi siamo segnati dal peccato sin dall’origine e siamo così destinati alla morte. Ricordate la poesia di Leopardi Canto notturno di un pastire errante nell’Asia”? Il poeta immagina la vita dell’uomo come un percorso irto, faticoso, doloroso “infin ch'arriva colà dove la via e dove il tanto affaticar fu vòlto: abisso orrido, immenso, ov'ei precipitando, il tutto obblia”. La morte è l’inambito traguardo della vita dell’uomo. C’è nel Vangelo di Luca una frase straordinaria per definire chi noi siamo e quale sarebbe il nostro destino se qualcuno non lo avesse cambiato. E’ in bocca al buon ladrone, sulla croce. Accanto c’è Gesù Crocifisso. All’opposto della croce, c’è un altro ladrone. La qualifica di “buon ladrone” non gli deriva dall’aver compiuto un azione meritevole di lode. No. E’ un filibustiere della peggior specie. Semplicemente gli è attribuita per aver riconosciuto chi egli sia realmente e, soprattutto, per aver accolto l’infinta, sorprendente, gratuita bontà che il Crocifisso accanto ha su di lui. Dunque, la frase che definisce il nostro essere sulle labbra del buon ladrone è questa: “Noi giustamente (siamo condannati alla croce), perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male” (Lc23,41). Il buon ladrone è un buon teologo perché riconosce la sua colpa e la meritevole pena. Al medesimo tempo riconosce che Cristo è il solo giusto, condannato ingiustamente, il solo possibile Salvatore. Noi tutti siamo definiti dalle parole del buon ladrone. Però è accaduto qualcosa che ha sovvertito il destino di quel filibustiere e quello di ogni altra creatura, tutt’altro che innocente, come la nostra piccola: “È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati” (Col 1,13) La nostra piccola festeggiata, meritevole di tante attenzioni e e cure, eredita col Battesimo, per una genetica della Grazia, la vita eterna. E’ ciò che i genitori, nelle fasi iniziali del Rito del Battesimo hanno chiesto alla Chiesa: “vogliamo per la nostra bimba la vita eterna”. E’ ciò che il buon ladrone ha chiesto al Re dei Giudei: la gioia del Paradiso, la Grazia di Cristo, il dono della fede che apre e spalanca un altro destino: non più la morte, ma la vita eterna. Ricevendo il Battesimo divenendo figlia di Dio, diviene erede della promessa fatta da Cristo a cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, Signore dell’Universo, Re e Giudice di ogni cuore e Signore della storia: “Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo”. Ecco, che la piccola indifesa creatura è singolarmente preziosa agli occhi non solo dei genitori che non si stancano di ammirarla, ma pure agli occhi di Dio. E’ così preziosa che Cristo ha pagato il prezzo del suo corpo e del suo sangue per farla erede delle cose più grandi. La sua unicità biologica la rendeva banalmente erede della morte. Ora, colma di Spirito Santo, redenta dalla Regalità Crocifissa di Cristo, la sua diventa un’unicità davvero imparagonabile. Anche a noi, è accaduto un giorno questa sorte. C’è una preghiera cristiana che si recita al mattino e dice così: “Ti amo e ti adoro, ti ringrazio di avermi creato e fatto cristiano”. Non basta l’avermi creato. Occorreva che mi facesse cristiano, cioè un vero sovvertitore della realtà; dalla buca della morte, alla pienezza della vita; dalla dominio del Satana, alla Signoria di Cristo; dalla corruzione del peccato, all’incorruttibilità della Grazia. Donami il Tuo Santo Spirito, Signore, per ricordare quanto hai sofferto per me e donami di non dilapidare nell’incosciente sciatteria di una vita insensata il dono della vita cristiana.