Secondo G. Chesterton il miglior metodo per il controllo delle nascite è l' autocontrollo. Effettivamente, per quanto possa costare qualche fatica, esso rappresenta la più semplice forma di rispetto della natura e dei suoi ritmi, oltre che della integrità fisica del nostro prossimo.
Gregory Pincus, inventore della pillola, la sperimentò per anni sulle donne di Portorico e di Haiti, cavie costrette dalla miseria a sottoporsi, evidentemente, alla somministrazione di veleni. Analogamente sulle donne del Perù e della Colombia, e cioè, ancora una volta, di persone indifese, fu sperimentata l'iniezione che blocca l'ipofisi per un mese o per tre mesi (AA.VV, "Contraccezione e aborto", Gribaudi).
Con quali conseguenze? Ancor oggi, dopo decenni, i contraccettivi orali hanno delle ricadute sulla donna: possono infatti provocare "flebiti e tromboflebiti, malattie cardiache, malattie del fegato ancora in atto, tumori ormono-dipendenti, come quelli del seno…emicrania, ipertensione, fibromi, epilessia, diabete, calcolosi colecistica, infarti e malattie cerebrali", oltre che depressione, nausea, amenorrea, e cancro della cervice uterina (Carlo Flamigni, "Avere un bambino", Mondadori). E che dire della pillola del giorno dopo, il Norlevo, (con funzioni contraccettive ed abortive), da 10 a 20 volte più potente, a parità di dosaggio, degli altri tre progestinici usati nei contraccettivi orali ("Manuale Merck", Stampa Medica)? Il guaio è, almeno, che tutto questo viene spesso occultato, come se ingollare una pillola fosse un "sacrificio" più piccolo, rispetto a quello richiesto dall'autocontrollo (e dallo studio dei metodi naturali).
Scrive la femminista Chiara Valentini nel suo "La fecondazione proibita": "Spesso avevano imparato (le donne, ndr) a usare diligentemente i contraccettivi ma nessuno si era preoccupato di spiegarne gli effetti secondari sulla fertilità, dalle infezioni pelviche che può produrre la spirale, alla difficoltà a concepire che può venire da un uso molto prolungato della pillola…". Un luogo comune duro a morire è che la contraccezione, per quanto pericolosa, sia almeno utile ad evitare il dramma dell'aborto.
Si tratta di una pia illusione: in realtà "sappiamo benissimo, infatti, che là dove la contraccezione è più praticata anche l'aborto è più diffuso", come succede ad esempio in Liguria, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte, regioni in cui vi è un grande uso di anticoncezionali e, contemporaneamente, un più alto numero di aborti. "Del resto, quasi tutti i rapporti annuali al Parlamento del Ministero della Sanità (ora della Salute) sull'applicazione della 194 riconoscono esplicitamente che, per la maggioranza (in certi anni si è arrivati al 75%), gli aborti sono dovuti al fallimento della contraccezione e ciò per un meccanismo psicologico assai semplice. Infatti, soprattutto chi pratica abitualmente la contraccezione, in caso di fallimento, scarica sulla contraccezione medesima e sui suoi strumenti la responsabilità del concepimento e, quindi, dell'aborto del figlio rifiutato" (Piergiorgio Liverani, in AA.VV, Contraccezione e aborto, Gribaudi). Come dire: il figlio non voluto, rimane tale, anche dopo il concepimento, e tutto diviene lecito, pur di eliminarlo, quando l'uomo si ritiene padrone, Origine, egli stesso, della vita. (F.A.)