Riporto di seguito l'articolo di Giovanni Cominelli pubblicato sull'ultimi numero del settimanale "Tempi", perché è la migliore risposta che io abbia trovato alle sconfortanti e per certi aspetti inquietanti dichiarazioni rilasciate anche a Trento, il mese scorso, dal ministro della pubblica istruzione Giuseppe Fioroni. Leggetelo. Ne vale la pena.
«Secondo il ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni l'asse del male è costituito da coloro che sostengono la liberalizzazione del sistema educativo nazionale, perché mettono al centro delle politiche educative il mercato e il profitto. Qui serve una elementare terapia del linguaggio.
Che cosa è la liberalizzazione di un servizio? è il passaggio dall'offerta del servizio da parte di un solo soggetto monopolistico, statale o privato, all'offerta concorrenziale e competitiva da parte di più soggetti, statali e/o privati.
L'offerta plurale consente il dispiegarsi della libertà effettuale, da parte degli utenti, di scegliere sulla base di giudizi fattuali circa la qualità e la convenienza del servizio offerto. Al centro della liberalizzazione stanno la persona, l'utente, il consumatore, la famiglia, cioè la domanda. Al centro del monopolio, a proprietà statale o a proprietà privata, stanno gli interessi del gestore, alle condizioni incontrollabili con cui egli offre il servizio.
Passare da un monopolio statale a un monopolio privato non è liberalizzazione, è solo privatizzazione. Nel sistema educativo italiano, caratterizzato dal 96 per cento di offerta pubblica statale e dal 4 per cento di offerta pubblica paritaria, la liberalizzazione consiste, in primissimo luogo, nel realizzare l'autonomia delle scuole sancita nella Costituzione. Lo Stato definisce il curriculum essenziale della cittadinanza attiva, le scuole lo offrono a ciascun utente nella forma di piano di studio personalizzato, costruito tra scuola, studente, famiglia.
Si tratta di passare dal centralismo burocratico, statale e ministeriale, alle circa 12 mila autonomie scolastiche in competizione virtuosa tra loro, senza con ciò affidarsi al mercato e al profitto. A queste autonomie appartiene anche il 4 per cento pubblico e paritario, la cui espansione ulteriore, fino a raggiungere almeno le percentuali europee del 20/30 per cento del sistema, non può che giovare alla concorrenza e alla qualità.
Perché il ministro identifica statalismo centralistico con qualità ed equità dell'offerta educativa?
Il cattolicesimo politico ha sempre difeso il primato della persona, della famiglia e della società civile contro lo statalismo liberale e fascista, vedasi alla voce Sturzo! Una volta conquistato il governo dello Stato, la cultura statalista ha conquistato il cattolicesimo politico. E lì stanno: discepoli immaginari di Sturzo, nipotini effettivi di Giovanni Gentile».