Il consumismo seppellisce le nozze. La prima Fiera mondiale del divorzio
«Il giorno più bello della tua vita? Quello del tuo divorzio». Purché, premette Anton Barz, «la cosa avvenga in modo amichevole». Aggiungiamo: professionale. A tal fine Barz, che organizza a Vienna la prima fiera mondiale del divorzio, mette a disposizione i migliori esperti sul mercato, dagli investigatori privati che spiegano perché è utile e ragionevole spiare la propria moglie o il proprio marito, agli avvocati con i loro consigli su come divorziare senza inutili conflitti; dagli psicologi che suggeriscono come rendere la cosa meno dolorosa possibile per i parenti e gli eventuali figli, al medico legale esperto in test di paternità. Infine, alla fiera ci saranno anche gli agenti patrimoniali, perché se finisce il matrimonio non finisce certo l’amore, anzi la fiera si chiama “Nuovo inizio”.
Che il divorzio fosse un formidabile business e contribuisse all’impennarsi del Pil già lo sapevamo. Ed anzi abbiamo sempre avuto il sospetto che i primi a gufare contro Pcs, Dico, Cus e simili fossero loro, quanti si arricchiscono nel dissolvere legami indissolubili. Per attirare i clienti, ci sta pure che venga fatto balenare il miraggio del «giorno più bello della tua vita», più del matrimonio; più di quando è nato tuo figlio; più dello scudetto vinto dalla tua squadra in barba a Juve-Milan-Inter. Tutto è mercato e profitto. E i potenziali clienti sono un esercito. Nell’Unione europea avviene una separazione ogni 33 secondi e in Italica c’è un divorzio ogni 4 minuti. Quanto al signor Barz – «felicemente sposato» fa sapere: la fiera dunque non lo riguarda direttamente – non è certo il primo a provare ad arricchirsi. In Germania, da un anno l’ex agente assicurativo Bernd Dressler s’incarica, dietro lauta parcella, a informare sposi e amanti che il partner non li vuole più. «Terminator dell’amore» lo definirono i giornali. Un vero killer: nei primi due mesi di frenetica e benemerita attività, aveva recapitato ben 120 avvisi di abbandono. Mercato: Dressler ha capito quanto scomodo e imbarazzante sia dire addio al proprio partner, e quanto possa essere conveniente affidarsi a personale specializzato. Poiché è meno stressante farsi lasciare che lasciare, ma trovarsi l’amante e farsi scoprire è stressante il doppio, sempre un anno fa a Londra l’artista Björn Franke ha presentato l’”Imaginary Affair Kit”, una valigetta contenente segni di morsi, tracce di rossetto, capelli, profumo… insomma tutto l’occorrente per simulare un rapporto clandestino. Quanto ai figli, è uscito anche in Italia il libro “Save the Children” scritto, almeno così vogliono farci credere, dalla piccola Libby Rees, anni 10, contenente consigli ai coetanei per sopravvivere al divorzio dei genitori. Il libro aiuta i figli, forse; di sicuro ha procurato tante soddisfazioni a chi si è goduto i diritti d’autore.
Nessuno stupore per la fiera che c’è, dunque. Semmai stupore per la fiera che non c’è. Quella che non si affretta a seppellire i matrimoni, ma cerca di tenerli in piedi. Perché si investono senza parsimonia energie per sciogliere un legame, e non si fa quasi nulla per salvarlo, superando le crisi grandi o piccole e renderlo magari più saldo? Il sospetto è che la consumerist society ci abbia colonizzato perfino nei più profondi anfratti dell’anima. Bisogna consumare, non conservare. Gettare e cambiare, non riparare. Movimentare desideri, capricci e denaro. Le lacerazioni, i rimpianti, i dolori disseminati qua e là? Danni collaterali, signori. Non si può fare una frittata senza rompere le uova. Ecco, questa immagine del rompitore d’uova è la conclusione adeguata per un articolo su Barz e la sua fiera.
(Da "Avvenire", 28 ottobre 2007).
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