Pagare le tasse ad uno Stato abortista?
Di Tommaso Scandroglio (del 28/10/2007 @ 15:01:41, in Bioetica, linkato 3725 volte)
Il diritto positivo - cioè l’insieme leggi dello Stato - riceve il suo contenuto direttamente o indirettamente dalla legge naturale. Quindi per aversi una legge giusta questa dovrà essere consona ai principi della legge naturale. Da qui nasce l’obbligo per i cittadini di obbedire alle leggi statali, dato che esse spingono ciascuno di loro alla virtù, ad una condotta retta sotto il profilo morale, realizzando così il bene comune. Ma qualora una legge dello Stato prescriva condotte difformi da quelle previste dalla legge naturale, il cittadino è obbligato ad obbedire alla legge ingiusta? Cosa fare con una legge che contraddice i principi di morale? La risposta che forniscono sia Sant’Agostino che San Tommaso è molto simile: una legge ingiusta non obbliga in coscienza e quindi si può e a volte si deve trasgredirla. Questo perché una legge ingiusta non è propriamente una legge ma è corruptio legis, corruzione della legge. Il diritto deve essere giusto cioè conforme a morale, altrimenti cessa di essere diritto dal punto di vista sostanziale dato che non soddisfa più il suo fine proprio: educare alla virtù in vista del bene comune. Più nello specifico una legge può essere ingiusta: • per il fine: quando una legge comanda cose non utili per il bene comune ma per il bene solo di alcuni singoli. Pensiamo ad una norma che assegna immotivatamente dei privilegi economici ad uomini di governo. • per l’autorità: quando una legge è emanata da chi non ha il potere per farlo. Ad esempio un legge sarebbe ingiusta se fosse frutto di un provvedimento di un giudice. • per il contenuto: quando un legge obbliga o semplicemente permette comportamenti illeciti dal punto di vista morale. Esempi di normative di questo tipo sono la legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza, la legge 898/1970 sul divorzio e la legge 40/2004 sulle tecniche di fecondazione artificiale Ma ora poniamoci un’altra domanda: come reagire di fronte ad una legge ingiusta? L’insegnamento del Dottore Angelico anche qui ci viene in aiuto. Dato che una legge iniqua non obbliga in coscienza parrebbe logico concludere che dovremmo sempre trasgredire ad un tale comando. In realtà occorre tenere in considerazione il bene comune prima di prendere una simile decisione. Se la scelta di non obbedire ad una legge ingiusta può provocare sommosse, agitazioni di massa, scontri violenti e può portare all’anarchia allora è preferibile, proprio per non causare mali maggiori, obbedire alla legge ingiusta. Si deve cioè valutare se “il gioco vale la candela”. Se per estirpare delle erbacce dal mio orto devo radere al suolo anche tutti gli ortaggi che sto coltivando allora è preferibile desistere dall’intento. La decisione quindi se obbedire o meno è lasciata in questi casi al prudente giudizio del singolo. Facciamo un esempio avvertendo il lettore che tale esemplificazione non vuole avere la pretesa di essere assolutamente giusta in ogni caso e situazione. Nel nostro ordinamento le tasse che noi paghiamo vengono devolute ad uno Stato che tra gli altri “servizi” promuove l’aborto procurato. I nostri soldi quindi finiscono per sostenere una pratica oggettivamente lesiva del bene comune. In tal senso da una parte la legge che ci obbliga a pagare le tasse è giusta perché ognuno di noi deve contribuire anche economicamente al bene della società. Ma su altro versante uno degli effetti del nostro pagare le imposte è il sostentamento delle pratiche abortive, e perciò indirettamente questa stessa legge si tingerebbe dei colori dell’iniquità. Per questo motivo potrebbe sembrare lecito la scelta di quella persona che si rifiuta di assolvere i propri oneri di contribuente non pagando le tasse. Ma immaginiamo il caso che una gran parte della popolazione si comportasse così: sarebbe presto l’anarchia. Non solo le pratiche abortive continuerebbero, ma potrebbe accadere che chi avesse scelto di non pagare le tasse perderebbe di credibilità anche sul fronte della lotta per la difesa della vita nascente non avendo più peso decisionale e la risposta dello Stato verso gli inadempienti e verso la cultura che essi rappresentano sarebbe durissima bloccando ogni speranza di successo futuro, portando forse ad un incremento del numero di interruzioni volontarie di gravidanza. In tal modo la medicina sarebbe peggiore del male da curare. Certo: è una previsione. Le cose potrebbero andare diversamente, ma è proprio basandosi su queste stime sull’andamento futuro degli avvenimenti che il singolo deve decidere se è meglio obbedire ad una legge ingiusta oppure trasgredirla. Tale discorso che verte sulla possibilità di rispettare una legge seppur ingiusta incontra un limite molto importante: mai si può compiere o favorire o suggerire un atto che leda direttamente e volontariamente un bene fondamentale. Mai si può fare il male. Facciamo ritorno all’esempio di prima. Pagare le tasse abbiamo visto che è un atto giusto di per sé, non è un’azione intrinsecamente cattiva. E non diventa un’azione cattiva anche se so che parte di quelle tasse foraggeranno attività non lecite. In questo caso non è un’azione malvagia perché non favorisco direttamente le pratiche abortive, ma solo indirettamente. Io pago non per incentivare il numero di aborti ma perché doveroso per il bene comune. La decisione di pagare o non pagare dovrebbe essere quindi presa tenendo in considerazione i motivi di opportunità politica appena visti. E’ un po’ come se io sapessi che un tale negoziante usa i proventi delle vendite per accrescere la sua collezione di film pornografici. Acquistare da lui della merce, pur essendo a conoscenza di questo suo “hobby”, di per se stesso non diventa un’azione cattiva, e quindi non c’è il dovere di non recarsi da costui (non c’è il dovere di non pagare le tasse in riferimento all’esempio di prima). Saranno semmai ragioni di opportunità e non motivazioni morali in senso stretto che mi suggeriranno di scegliere un altro negoziante da cui rifornirmi. Diverso sarebbe il caso invece in cui Sempronio, il quale non facesse il venditore per mestiere, mi vendesse un oggetto di sua proprietà perché a corto di soldi al fine di acquistare dell’eroina. A conoscenza del suo fine illecito io sarei obbligato a rifiutare la compravendita, dal momento che i miei soldi aiuterebbero direttamente Sempronio a compiere un’azione malvagia. Similmente, tornando all’esempio di matrice fiscale illustrato poche righe fa, se ci fosse un’imposta pensata esclusivamente per aiutare le donne che vogliono abortire, sarebbe obbligo del cittadino non versare quel tributo. Infatti pagare significherebbe favorire direttamente un atto malvagio. L’atto diretto a cooperare al male è tale perché i soldi che do a Sempronio e l’imposta pro aborto servono esclusivamente a fare del male. In questa prospettiva ci sono leggi a cui non solo si può negare il proprio assenso ma si deve negarlo. [tratto da T. Scandroglio, La legge naturale. Un ritratto, Fede & Cultura, Verona, 2007]