una riflessione in margine all’intervento che Benedetto XVI ha proposto giovedì a Verona, credo contribuisca a spiegare perché il pensiero del papa sia politicamente “laico” e quanto sia invece “laicista” l’approccio offerto su l'Adige alla questione del rapporto fra Stato e Chiesa dal professor Gian Enrico Rusconi, ordinario di scienze politiche all’Università di Torino.
In sostanza il papa ha detto che alla Chiesa e ai cattolici in Italia, diversamente da quanto sostiene Rusconi, non interessa difendere o affermare non solo culturalmente ma anche politicamente e attraverso le leggi dello Stato “verità” legate alla fede inadatte da imporre con delle norme perché difficilmente condivisibili da non credenti o da diversamente credenti.
Alla Chiesa e ai cattolici preme piuttosto che le scelte politiche e legislative non contraddicano, come ha sottolineato il papa a Verona, «fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano». Valori e principi come la ragione, la scienza, l’educazione, la carità (o se si preferisce la solidarietà), la vita in tutte le sue fasi (dal concepimento alla morte naturale), la famiglia fondata sul matrimonio, che appartengono non alla comunità dei fedeli o ai credenti, ma agli uomini in quanto tali, e sono quindi patrimonio di tutti.
Senza di essi, cioè, la società non rispetterebbe le esigenze strutturali di bene, di giustizia, di compimento della persona – di ogni persona – e non potrebbe conseguentemente essere veramente “umana”. Mettere in discussione o negare questo patrimonio di “beni comuni”, ha ricordato in sostanza il papa a Verona, equivale a destabilizzare la società a partire da quella condizione primaria della convivenza che è la famiglia, e prima ancora la tutela della vita.
La Chiesa che difende e ribadisce pubblicamente questi valori in larga misura coincidenti con quelli racchiusi nella Costituzione italiana, evidenzia dunque una posizione profondamente “laica”, cioè rispettosa del bene comune e desiderosa di contribuire ad esso, e non confessionale o clericale.
Tant’è vero che è proprio su questo terreno che il pensiero del papa, della Chiesa e di una parte importante del mondo cattolico in Italia si ritrova oggi in sintonia con le preoccupazioni di alcuni intellettuali laici non credenti o non praticanti come Ferrara, Pera, Oriana Fallaci e altri. Il professor Rusconi, invece, pretendendo che i cattolici non si pronuncino a questo livello, non considerino cioè politicamente irrinunciabili (“non negoziabili”) questi valori, esprime un approccio non laico ma “laicista” alla questione dei rapporti fra la Chiesa e lo Stato.
Laicista – ecco il punto - nel senso che nega la possibilità di quell'amicizia tra la fede cristiana e la ragione, tra la fede e l'intelligenza umana, e quindi anche tra la fede e la giustizia e la comunità politica, affermata da Benedetto XVI.
Antonio Girardi