Il razzista abortista e determinista Watson.
Di Rassegna Stampa (del 18/10/2007 @ 18:33:26, in Scienza, linkato 1236 volte)

Elementare Watson! Perchè elementare? I giornali di oggi riportano tutti, stupiti, la notizia che il celebre scienziato ateo Watson è un razzista: bella scoperta! Lo è esattamente come tutti i suoi predecessori che hanno ridotto l'uomo al suo dna, negando la libertà e l'anima umana, e che, di conseguenza, hanno appoggiato l'eugenetica, l'aborto, la selezione embrionale ecc.Watson è solo un dei tanti esponenti del neopositivismo odierno, solo che è più coerente e dice tuto quello che pensa, anche sui neri (non solo sugli handicappati e sui bambini non pefetti da eliminare). E' razzista come lo furono, a tratti, Darwin, suo cugino Galton, il suo discepolo T.Huxley (lo dice anche Dawkins nel suo ultimo libro) e tutti gli eugenisti anglosassoni e tedeschi alla fine dell'ottocento e per metà del Novecento.

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cronache - data: 2007-10-18 num: - pag: 29 autore: Guido Santevecchi categoria: REDAZIONALE

Nuova provocazione del padre del Dna. «Senza fondamento e offensiva» Watson: «Neri meno intelligenti dei bianchi» Frase choc del Nobel. La Montalcini: indignata DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA - Può un monumento vivente della scienza, un Premio Nobel paragonato a Darwin e Copernico per la scoperta della struttura del Dna, dire impunemente che i popoli di pella nera sono meno intelligenti dei bianchi? Può attribuire questa teoria ai dati della genetica? È quello che si sta chiedendo la Commissione per i diritti umani di Londra dopo che il professor James Watson, 79 anni, americano, ha deciso di aprire la sua mente a un giornale britannico. «Sono pessimista sulle prospettive dell'Africa - ha detto lo scienziato - perché tutte le politiche sociali dell'Occidente sono basate sul fatto che la loro intelligenza sia uguale alla nostra, mentre tutti i test svolti dicono il contrario». E ancora: «La gente che deve trattare con dipendenti neri sa che (il fatto che abbiamo pari intelligenza, ndr) non è vero». Non c'è speranza che la frase sia sfuggita inconsapevolmente al dottor Watson o sia stata riportata fuori contesto nel colloquio con il Sunday Times. Perché il premio Nobel del 1962 ha appena scritto nel suo ultimo libro di memorie Avoid boring people (Evitate le persone noiose): «Non c'è alcun motivo di credere che le capacità intellettuali di popoli geograficamente separati nella loro evoluzione si siano evolute in modo identico. Il nostro desiderio di considerare una uguale forza della ragione come eredità comune a tutta l'umanità non basta per fare in modo che sia così». L'esternazione ha suscitato reazioni politiche e scientifiche sdegnate. Per Keith Valz, presidente della Commissione Interni di Westminster, è «triste vedere uno scienziato di questo livello dire cose così prive di fondamento e offensive». Non c'è da credere che Watson si faccia impressionare, perché già in passato aveva invitato «gli accademici a lasciare la correttezza politica ai politici di mestiere». Anche i suoi colleghi però sono amareggiati. «Sono veramente indignata - commenta Rita Levi Montalcini -. Macché genetica, a influenzare l'intelligenza è l'ambiente. Il fatto che una persona sia nera non conta niente, il cervello è uguale se non migliore del nostro». La premio Nobel italiana conclude: «È stato lui a dire questo? Io speravo fosse stato uno Storace». Di sicuro quest'ultima battuta non dispiacerebbe a James Watson. Da quando 45 anni fa ricevette il Nobel per lo studio sul Dna, definito il più grande passo in avanti della scienza genetica nel ventesimo secolo, il professore ha corteggiato la controversia. Ha cominciato litigando con i colleghi di Cambridge con cui aveva condiviso la scoperta e il premio. Ha fatto infuriare i movimenti femministi dicendo che la dottoressa Rosalind Franklin, che non ottenne il Nobel nonostante i suoi appunti fossero stati cruciali, aveva il difetto di essere brutta e quando gli fu chiesto di spiegare il significato del pronunciamento rispose: «L'aspetto fisico è importante ». Dieci anni fa ha suggerito che le donne in attesa di figli con geni omosessuali dovrebbero avere il diritto di abortire». E, accusato di essere degno degli scienziati dell'eugenetica nazista replicò: «Era un ragionamento ipotetico. Dicevo solo che, se si potessero individuare i geni dell'omosessualità prima della nascita, molte donne sceglierebbero l'aborto. Perché la maggior parte delle madri vogliono anche diventare nonne. Non è senso comune?». Poi si è detto a favore dello screening genetico sostenendo che la «stupidità» un giorno sarà curabile ed evitabile. Nel 2000 Watson si era già occupato di geni e colore della pelle. Suggerendo un collegamento tra forte libido sessuale e neri. Allora gli scienziati americani insorsero, dicendo che il vecchio collega «sfruttava i successi passati per promuovere opinioni senza alcuna base». Invece ci furono accademici britannici che difesero il diritto a discutere in termini politicamente scorretti e Susan Greenfield, direttrice della Royal Institution, affermò: «La scienza dev'essere libera da preoccupazioni su genere e razza, niente dovrebbe fermarla sulla via della ricerca della verità». Forse però non è questo che vuole James Watson. Forse cerca solo davvero evitare di «essere noioso», come ammonisce il suo libro pubblicato dalla Oxford University Press. A costo di rovinarsi la reputazione. D'altra parte, con le sue conferenze e il suo nome, ha raccolto 100 milioni di dollari in donazioni per il laboratorio di Long Island negli Usa. Di sé dice: «In realtà non ho mai avuto una mente eccezionale». E conclude: «Mi piacerebbe se dal mio libro fosse tratto un film divertente». Chi vedrebbe nel suo ruolo? «Sacha Baron Cohen», l'attore più politically uncorrect del momento. Fosse possibile un test genetico per l'orientamento sessuale, per le madri dei gay sarebbe giustificabile l'aborto Nel futuro potrebbe diventare realtà la manipolazione dei geni in modo da far nascere solo ragazze belle