Il vescovo ubbidisca al sindacato!
Di Paolo Zanlucchi (del 15/09/2007 @ 21:57:50, in Scuola educazione, linkato 1509 volte)
Il quotidiano «l’Adige» di sabato 15 settembre ospita un commento di Vincenzo Bonmassar, promotore del referendum del 30 settembre prossimo contro il finanziamento alle scuola paritarie della provincia di Trento, il quale, non avevamo molti dubbi a riguardo, mette in campo tutte le argomentazioni più retoriche ed ideologiche a sostegno dell’abolizione del suddetto finanziamento. Procediamo con ordine. Il casus belli che ha spinto il responsabile Scuola della UIL del Trentino ad imbracciare la penna e partire lancia in resta,  è stato l’intervento dei giorni scorsi dell’Arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, il quale, legittimamente e motivandone le ragioni, ha preso posizione a favore dell’astensionismo. Apriti cielo! Esordisce Bonmassar sottolineando il fatto che “ il dibattito e la polemica sono graditi e dovuti, fatto salvo che il tutto deve rispettare alcuni (perché non tutti?, ndr.) criteri di correttezza. Ci deve essere corretta informazione ed anche onestà di intenti”. Non possiamo non essere in accordo, ma questo vale per tutti, incominciando dai promotori del referendum, i quali da mesi distribuiscono manifesti e locandine contenenti messaggi fuorvianti, quando non smaccatamente falsi nei contenuti. Prosegue Bonmassar: “interviene il Vescovo di Trento e le cose diventano ancora peggiori perché costui (sic!) approfitta della sua indiscussa autorità morale per invitare i cittadini a non esprimersi sul tema come altri cittadini, legittimamente e nel rispetto delle regole, hanno chiesto e ottenuto. Dunque il Vescovo ritiene che i firmatari della richiesta di indire il referendum vadano svillaneggiati e derisi come se non contassero nulla. Questa è la semplice, coerente e logica conclusione del suo poco spirituale intervento”. Davvero singolare il linguaggio ed i toni usati: un attacco all’Arcivescovo che come pastore e, perché no?, come cittadino, ha voluto dare il proprio contributo al dibattito in corso, ma esprimendo una posizione divergente da quella dei promotori avrebbe svillaneggiato e deriso i firmatari del referendum. Siamo alle solite: la democrazia e il pluralismo dei Bonmassar e degli ultimi statolatri valgono solo se l’opinione è unica e, naturalmente, coincide con la loro, altrimenti diventa offesa, anzi svillaneggiamento… Non ricordo interventi del signor Bonmassar quando, nel corso dell’estate, il Presidente del Consiglio Romano Prodi affermò che i preti dovrebbero prendere posizione durante la Santa Messa contro gli evasori fiscali. In quel caso la posizione, l’opinione degli esponenti della Chiesa sarebbe legittima e sufficientemente spirituale? Non ci sarebbe ingerenza negli affari dello Stato? Ma proseguiamo nell’analisi dell’articolo. Dopo aver affermato che le scuole di tendenza, come vengono definite, sono “prive di libertà di insegnamento, come ben si sa (!), ma che sono riconosciute nella loro anomalia costituzionale da norme apposite e che specificatamente servono a fare riconoscere il titolo di studio da queste rilasciate.” Vorrei dire al signor Bonmassar che conoscendo bene, dall’interno il mondo di queste scuole di "tendenza", avendoci lavorato per 15 anni, non mi sono accorto di veder lesi i miei diritti di libero docente e, almeno spero, non credo di aver mai privato i miei studenti della possibilità di esprimere liberamente la loro opinione. L’articolo prosegue e poco dopo ci imbattiamo in una serie di pensieri che fanno rabbrividire tanto forte è la carica di giacobinismo e furore classista; non solo mons. Arcivescovo non avrebbe dovuto esprimere la sua opinione, ma il signor Bonmassar, dall’alto della sua crociata anticattolica, perché a ben guardare solo di questo si tratta, si permette perfino di giudicare le persone che liberamente hanno scelto di iscrivere il loro figlio in una scuola cattolica. Riporta il testo: “ … sono anche scuole in grado di coinvolgere qualche migliaio di utenti i quali si dividono in due categorie. La prima … è quella che crede fermamente che la Repubblica e la sua scuola rappresentino una minaccia educativa. Integralisti, penitenti, confessionali e pessimisti sono qui ben rappresentati, ma sono pur sempre una minoranza rispetto all’altra categoria che è fatta di utenti che scelgono orari a tempo pieno e scuole che non risentono della minaccia del mondo essendo sostanzialmente protetti da utenti extracomunitari ed alunni handicappati.” A quando la ghigliottina per tali utenti? Chiedo scusa per il linguaggio, ma siamo in pieno delirio di onnipotenza: alla fine dei tempi verrà il signor Bonmassar avvolto di luce propria e separerà i buoni da chi ha osato iscrivere i propri figli alle scuole cattoliche! Una serie di insulti gratuiti a chi, in piena legittimità e libertà, per varie ragioni, ha scelto un percorso formativo diverso da quello statale, o meglio, provinciale nel nostro caso. Su extracomunitari e handicappati tocchiamo poi il fondo del cattivo gusto oltre che del sotteso razzismo. Le porte degli uni e degli altri non sono mai state chiuse, certo è che le risorse a disposizione per il sostegno ed il supporto sono spesso insufficienti, ma lo sono anche nella scuola provinciale. Faccia sua questa battaglia signor Bonmassar, una battaglia per gli ultimi, affinché possano davvero integrarsi nella realtà educativa che liberamente sentono più vicina alle loro aspirazioni, al loro modo di sentire e di intendere la vita. Proseguiamo nel, breve, commento a questa lettera degna di un commissario politico cambogiano ai tempi di Pol Pot. Nelle scuole cattoliche (ndr)… "è legittimo anche licenziare in tronco gli insegnanti se divorziano e vivono more uxorio. Se si discostano dalla dottrina della Chiesa e se portano a scuola libri non consentiti e chi dovesse portarli dentro l’edificio scolastico può essere licenziato immediatamente”. Ne deriva un panorama agghiacciante, potrebbe diventare la trama di un best seller sulla falsariga del "Codice da Vinci", il tutto ambientato negli scantinati del Collegio Arcivescovile, nella mensa del Sacro Cuore e nella segreteria della UIL Trentina. Ma non è finita qui, purtroppo. Prosegue l’articolo: “serve ancora aggiungere che queste scuole private….coltivano un’ostilità verso lo stato democratico”. E ancora: “per costoro ( per chi sceglie le scuole “private”, ndr) la scuola della Repubblica assomiglia ad un covo di male persone che non lavorano, che si comportano in modo scorretto e sono pure ignoranti.” Ne deriva un quadro di utenti con il cervello all’ammasso, che non iscrivono i figli con la convinzione e la consapevolezza che la scelta educativa dei loro figli dipende solo da loro, dalla famiglia, e non dal potere politico. Che cosa significa poi “ostilità verso lo Stato democratico”? Proprio lo Stato democratico consente, o dovrebbe almeno favorire, un pluralismo di istituzioni formative, educative, in una logica di confronto che è la ricchezza di un popolo, in un'ottica di sussidiarietà che possa permettere di costruire educazione e cultura, in questo caso, dal basso, dalla società civile, come si dice oggi. E’ curioso ricordare come la legge sulla parità fu introdotta per la prima volta in Italia, pur con limiti e certamente migliorabile, dal Ministro Berlinguer, di area non certamente filocattolica. Lo ricorda questo il signor Bonmassar? O quando pensa alla democrazia sogna il paradiso formativo che si respirava nella Repubblica Democratica Tedesca o al pluralismo certamente democratico dell’offerta formativa della Repubblica Popolare Cinese? Per non parlare poi dei luoghi comuni sui docenti delle scuole statali. Non è questo il luogo adatto per dissertare sul ruolo e la figura dei docenti, ma da anni ormai il livello medio degli insegnanti delle scuole “statali” si è attestato su buoni livelli, in alcuni casi con punte di eccellenza. Lasci stare il luogocomunismo sui professori signor Bonmassar; nessuno pensa più, ormai, certe cose della maggioranza dei docenti. Contribuisca, invece, a liberare la scuola (tutta la scuola, a prescindere dall’ente gestore) dai pochi fannulloni che la disonorano facendo leva su contratti blindati appoggiati in questo da un certo tipo di veterosindacalismo che lei ben rappresenta.