Giovani cioè umili dal cuore grande
Di don Massimo Vacchetti (del 05/09/2007 @ 10:00:58, in Religione, linkato 1775 volte)
“Dio cerca cuori giovani, cerca giovani dal cuore grande”. Ci ha detto Papa Benedetto XVI. E chi è giovane? Diceva Don Giussani che la giovinezza è un atteggiamento del cuore. Un cuore che non si arrende allo scetticismo e alla rassegnazione. Un cuore che tiene desto l’ideale di una vita bella, di una vita che lasci traccia, di una vita che abbraccia tutto, di una vita innamorata, di una vita che non ha paura, di una vita piena di desiderio. Il prossimo meeting di Rimini s’intitolerà – nella tipica tradizione baldanzosa del movimento di CL – “O protagonisti o nessuno”. Nella sua pedagogia educativa ha sempre esaltato l’io. Non come affermazione individualistica: della serie “tutto gira intorno a te”. Piuttosto l’esaltazione dell’io come coscienza del mistero della persona tutta tesa all’infinito. Mi pare di ricordare (qualcuno mi aiuti a trovare dove) che don Giussani augurasse, provocatoriamente, di rimanere adolescente. Non nel senso cui siamo soliti pensare: l’età della spensieratezza gaia e balorda. L’adolescenza è’ anche l’età in cui affiora il desiderio dell’eterno, del per sempre, dei grandi ideali, delle scelte radicali. “Dio cerca cuori giovani”. Infatti ha scelto una ragazza di sedici anni, per portare l’infinito in quell’angusto largo cuore di donna. Prima aveva scelto il più piccolo dei figli di Iesse, Davide, per farlo Re d’Israele. Ma ha scelto anche un uomo, Abramo, anziano che ha creduto ad una promessa di un figlio impossibile. Per affermare che c’è un’anzianità straordinariamente giovane e feconda. Non un accenno di fecondità (uno al massimo due), ma il centuplo proporzionato alla giovinezza del cuore. Come le stelle. Tale sarà la sua discendenza. Ha scelto il più giovane tra i dodici apostoli, Giovanni, per dare ciò che di più caro aveva in vita, la madre. Certo nessuno è escluso dalla misericordia di Dio che “non ci ha chiamati alla sua collera, ma alla sua salvezza nel Signore nostro Gesù Cristo”, ma è vero che ai piccoli e ai giovani è riservata una predilezione. La Madonna, ovunque appare, parla ai dei bimbi o adolescenti. Dio sceglie il giovane perché Lui, secondo una bella espressione di Adriano Celentano, è “l’eternamente giovane”. Non necessariamente il giovane secondo una logica anagrafica. Il giovane secondo la logica del cuore. Ciò che rende giovani – lo ha detto un Papa anziano – è “il cuore grande”. E i giovani erano a Montorso ai piedi di Loreto a cercare Dio. “Siete arrivati per mille motivi diversi: chi perché appartenente a un gruppo, chi invitato da un amico, chi per intima convinzione, chi con qualche dubbio nel cuore, chi per semplice curiosità…qualunque sia il motivo , posso dire, anche se è coraggioso dirlo, è lo Spirito Santo”. I giovani cercano Colui che li cerca. E la stessa cerca è mobilitata da Uno che ha posto in essi il desiderio di sé. Giovane è colui che tiene viva questa tensione al Mistero che si rivela, ma che rimane sempre inafferrabile. Per esaltare il proprio io davanti al Mistero di Dio, immensamente grande; per vivere il mistero della vita, infinitamente più bella e positiva di quanto potremmo immaginare, occorre – dice il Papa – una virtù. Noi avremmo detto un atteggiamento. La virtù dell’umiltà. Qui non ci saremmo arrivati. E infatti ci ha sorpreso. L’umiltà non l’avremmo mai detta una virtù giovane, tanto siamo orgogliosi e confidenti in noi stessi. L’avremmo definita, piuttosto, una virtù neppure vecchia, sorpassata. Sospetta con quell’aria dimessa e rassegnata. Roba da beghine. Perché accostare la giovinezza all’umiltà? L’umile è chi riconosce la propria creaturalità. Humus, terra. Noi siamo figli di Adamo (Dall'ebraico Adamah che significa “nato dalla terra”). La giovinezza è l’età in cui l’uomo comincia a domandarsi “chi sono?”. La risposta a questa domanda, il sostenere la fragilità della risposta esige l’umiltà. Perché io sono niente. Eppure tutto. L’altro giorno mio cugino prendendo mio nipote di soli due mesi in braccio, si è rivolto a lui “chi sei tu, che fino a due mesi neppure esistevi?”. Lo diceva scherzando e diceva la cosa più grande. Quel mio nipote ha ricevuto tutto. Era niente. L’umile è chi riconosce se stesso. Sa di non potersi fare da solo ed è, infinitamente grato perché c’è; sa di essere amato anche nella propria limitatezza e negatività. L’umiltà è, in definitiva, la conoscenza di sé alla luce di Dio che si è umiliato, incarnandosi, nel cuore giovane di una donna. E di questa donna di galilea Dio ha guardato essenzialmente “all’umiltà della sua serva”. “Dio cerca cuori giovani” per riempirli della sua giovinezza eterna e renderli capaci di grandi cose. “Seguendo Cristo e imitando Maria, dobbiamo avere il coraggio dell’umiltà; dobbiamo affidarci umilmente al Signore perché solo così potremo diventare strumenti docili nelle sue mani, e gli permetteremo di fare in noi grandi cose. Grandi prodigi il Signore ha operato in Maria e nei Santi! Penso ad esempio a Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, Patroni d’Italia. Penso anche a giovani splendidi come santa Gemma Galgani, san Gabriele dell’Addolorata, san Luigi Gonzaga, san Domenico Savio, santa Maria Goretti, nata non lontano da qui, i beati Piergiorgio Frassati e Alberto Marvelli. E penso ancora ai molti ragazzi e ragazze che appartengono alla schiera dei santi "anonimi", ma che non sono anonimi per Dio”. Bellissimo l’accenno alla periferia, alla marginalità della vita, di molte vite giovani, costrette a una vita anonima. Benedetto XVI ha affermato che nella Chiesa non c’è periferia, perché dove c’è Cristo, lì c’è tutto il centro”. Capite cosa vuol dire questo per un giovane di una piccola comunità cristiana come quella in cui opero io. Vuol dire che il Papa gli restituisce la dignità di edificare la Chiesa a partire dal centro. Dal centro di quelle circostanze in cui lo ha posto. Lì c’è Cristo. “Se rimanete in me, porterete molto frutto”. Lì è possibile sentirsi protagonisti. Umili protagonisti della vita. Pochi giorni fa è morto Claudio Chieffo. In una sua canzone diceva così: “lasciati fare da chi ti conosce”. Questa è l’umiltà. La giovinezza, paradossalmente, per il fatto di non essere ancora del tutto attraversata dal cinismo e dal darwinismo sociale, può meglio di ogni altre età, paragonarsi con quest’atteggiamento. Aspettavano che uno gli dicesse qunto di più improbabile potesse loro dire. Non parlava dei giovani. Parlava a loro. Diretto e semplice. Come un padre che indica la strada. Come un padre che davanti a un figlio lo rende consapevole dei suoi limiti, eppure dell’inifinità cui è fatto partecipe. “Ciascuno di voi può compiere grandi cose, nulla è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Dio”. Ho visto giovani felici e sorpresi. Come se in un attimo lo scetticismo sulla propria vita svanisse e si rendesse più chiaro che è possibile vivere una vita autentica. Che altro non è che il nome moderno della più inconsueta parola umiltà. P.S. Via sms mi è arrivato questo da Genny: “sento che in me dopo questa esperienza è cambiato qualcosa”. Beh, innanzitutto è successo che un uomo anziano, per giunta, uno straniero, ha parlato al cuore di un giovane, perché lui per primo è uno dal cuore grande, un umile lavoratore della vigna. Un umiltà affascinante. Non ne siamo abituati.