Il caso di Maria, 10 anni, il cui vero nome è Vika, rimpatriata in Bielorussia dopo che i genitori affidatari in Italia avevano tentato invano di nascondere la bambina per non esporla alle violenze subite nell’orfanotrofio del suo Paese, dove lei non voleva comunque tornare, mostra come ancor oggi la "ragion di Stato" prevalga sui diritti umani e sulla centralità della persona di cui tutti i politici sono sempre pronti a riempirsi la bocca.
Ma, si dirà, i genitori affidatari di Maria, non restituendo la bimba, hanno violato la legge.
Balle.
La prima legge da rispettare è infatti quella che tutela il diritto fondamentale di ciascuno di noi ad avere dei genitori, una famiglia, a non essere strappati a forza dai propri cari, dall’amore di quelli con cui vogliamo stare. A maggior ragione se la persona in questione è un minore di dieci anni, e corre il rischio di essere maltrattata da estranei.
Siamo di fronte ad una di quelle evidenze elementari e insopprimibili, che ciascuno di noi porta inscritte indelebilmente nel proprio essere. Non c’è ragion di Stato che possa permettersi di prevaricare su questo dato.
Ciò nonostante nessuna condizione è stata chiesta dall’Italia per il rimpatrio della bambina. E ora cosa garantisce Maria e suoi genitori che le violenze non si ripetano?
Su questo sopruso, su questa palese e arrogante violazione dei diritti umani sottoscritti da tutti gli stati, compreso il nostro e la Bielorussia, il silenzio del governo – e in particolare dei ministri per la famiglia Rosi Bindi e degli esteri Massimo D'Alema – è davvero assordante.
Gian Burrasca
PS
Dopo aver scritto questo pezzo ho letto e consiglio a tutti di leggere il bellissimo articolo di Eugenia Roccella pubblicato a pag. 15 de Il Giornale di oggi, che si conclude con la frase: "Tutti improvvisamente a difendere la legalità, e nessuno a difendere Maria".