«La fecondazione in vitro (Fiv) ha strette regole, che lasciano le donne fisicamente ed emotivamente esauste. Alienate e frustrate, molte si rivolgono ai forum su internet per cercare informazione e supporto».
È quanto scrive l’ultimo numero della rivista scientifica «HEC Forum», analizzando i forum in rete di donne olandesi e greche, che spesso non sanno capacitarsi di come quello che era stato prospettato come una panacea, si traduca talora in tanta ansia e stress.
Poca informazione, troppa superficialità nell’accedere alla Fiv? È probabile, perché la rivista «Current Opinion in Obstetrics and Gynecology» aggiunge un altro dato spesso sottaciuto: gli studi mostrano un 30-40 per cento di aumento di malformazioni tra i bambini nati da Fiv rispetto agli altri, forse per la tecnica o per le malattie dei genitori, comunque un dato allarmante che dovrebbe far riflettere piuttosto che procedere spediti come si usa spesso fare.
La scienza analizza le conseguenze della fecondazione in vitro, e delle novità mediche che hanno attinenza col rispetto della vita umana; e i dati su rischi e limiti di tante sbandierate «conquiste» sono chiari e spesso preoccupanti: come quando si mostra che l’aborto farmacologico, il cosiddetto «aborto dolce», a detta delle donne intervistate dagli studiosi provoca più dolore di quello chirurgico; o come quando si raccontano i rischi di danni mentali provocati dalle droghe «leggere», tanto blandite e credute da troppi innocue.
Perché tanta fretta nell’introdurre certe «novità etiche»? Se lo chiede ad esempio l’epidemiologa Carine Vassy, che racconta dati alla mano su «Trends in Biotechnology» come sia stato facile fare entrare la diagnosi prenatale genetica nella prassi delle donne francesi, e come, più che la loro richiesta, abbia contato la forza del mercato.
E la rivista «Death Studies» mostra come sarebbe economicamente vantaggioso (un risparmio di circa 5 miliardi di dollari l’anno) per gli Stati lasciar imboccare le scorciatoie di fine vita piuttosto che pensare a riabilitazione e solidarietà. Già, il fine vita: «Quando la medicina diviene più un affare di soldi che di cure alle persone malate, l’accompagnamento al fine vita non è più un valore (…) ed è per questo che la cultura delle cure palliative non riesce a svilupparsi» riporta la «Revue Médicale Suisse» nell’articolo Nuove frontiere della morte e del denaro. ù
Anche la tanto pubblicizzata liberalizzazione delle droghe ha dei risvolti economici, e questi non coincidono solo con il mercato illecito, dato che già in Paesi come la Francia e la California si progetta di rimpinguare le casse statali con i proventi della tassazione della cannabis. Nell’epoca in cui si predica che ogni vizio è lecito, sono le leggi del guadagno — e non certo la libera scelta — a farla da padroni nel controllare le dipendenze dal gioco, dal porno, dalla droga, come due psichiatri francesi ben illustrano nel libro Il desiderio ammalato. Fretta e interessi economici: una non rassicurante chiave di lettura di alcune novità in campo bioetico. Ormai certe pratiche sono routine, digerite, assorbite e soprattutto «normalizzate» anche tra molti credenti, medici e non medici; il positivismo – nella forma dell’utilitarismo — sembra prevalere.
È un positivismo miope; proprio quello contro cui il Papa ha messo in guardia nel discorso al Bundestag il 22 settembre: «Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente(…), essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità». Ma se in campo di sospensione delle cure vitali, di diagnosi prenatale e di manipolazione della vita molti cristiani non sentono più né l’ingiustizia morale, né i richiami dei dati scientifici, un supporto viene invece dalla scienza che studia quei fenomeni senza censurarne le conseguenze. È un richiamo a collaborare nell’interesse della verità sull’uomo, pur partendo da culture e presupposti diversi. «Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura», ha aggiunto Benedetto XVI al Bundestag.
E con la parola «tutti» si riferiva alla parte sensibile del mondo laico e dei credenti, pronta ad attivarsi attorno all’ecologia della natura ma anche all’ «ecologia dell’uomo», come il Papa ha voluto esprimersi. La scienza, laddove è introduzione alla realtà e alla sua legge, è un ottimo terreno d’incontro. Carlo Bellieni 1 ottobre 2011, Osservatore Romano,