In questo centocinquantesimo dell’unificazione d’Italia in tutte le regioni si è rivendicata una storia patria antecedente al cosiddetto Risorgimento. Al nord la presenza delle istanze federaliste ha reso più semplice il ricordo delle glorie passate, pre-1861; al sud il libro di Pino Aprile, “Terroni”, il peggiore nel suo genere, ha però svelato al grande pubblico le immense colpe della classe dirigente risorgimentale nei confronti del Meridione. Solo una città è rimasta “irredenta”, sul piano della revisione storica: Roma.
E’ vero che è uscito, per dirne una, il libro di Lucio Martino, “L’11 settembre nella Chiesa”, in cui vengono svelate nefandezze, crudeltà ed inganni compiuti dal Regno Sardo a danno dello Stato Pontificio nel 1860, ma anche in quest’opera la Roma papalina è sbrigativamente calunniata, secondo gli slogan, poco credibili, di coloro che la vollero abbattere.
Due i motivi principali: anzitutto l’immensa trasformazione della capitale, insieme alla massiccia immigrazione di altri italiani, durante il periodo post unitario, ha cancellato il ricordo stesso del passato. In secondo luogo troppo capillare è stata, nei secoli, la propaganda anti-romana di Machiavelli e dei suoi epigoni; del rapinatore Napoleone; dei risorgimentali; dell’Europa protestante e papofoba e, in verità, anche dell’Italia fascista, impegnatissima a cancellare la Roma dei papi per riproporsi come la riedizione della Roma dei Cesari. In troppi non hanno potuto e non possono perdonare alla Città eterna di essere la capitale della Cristianità, per cui, come direbbe Dante, anche “Cristo è romano”.
E’ dunque opportuno, a mio parere, rimettere a posto alcuni fatti, a partire dall’accusa più conosciuta, quella formulata da Machiavelli e poi ripresa nei secoli: la Roma papale avrebbe impedito l’unificazione del paese, essendo troppo debole per portare a compimento l’unificazione, e troppo forte per lasciarsi conquistare da altri stati italiani. La verità storica è all’opposto.
E’ la Chiesa di Roma, infatti, ad aver permesso la nascita dei regni romano-barbarici, cioè ad aver promosso una graduale, seppur difficile, unificazione tra romani sconfitti e barbari vincitori. Come la Grecia, con la sua cultura, aveva “vinto” la sua conquistatrice, la Roma pagana, così la Roma cristiana, depositaria sia della cultura pagana latina, sia della nuova forza del cristianesimo, latinizzò via via i barbari Longobardi, Franchi, Vichinghi….
Clodoveo e Carlo Magno, insomma, non sarebbero mai esistiti, senza Roma, che fu dunque promotrice di una unità culturale e religiosa, non dell’Italia, ma dell’Europa intera. Roma, infatti, divenne e rimase per secoli ben più che la capitale di uno Stato nazionale: fu caput mundi, cuore e faro della Cristianità intera. Quanto all’Italia, fu un papa, Leone I, a preservare Roma dal sacco di Attila e degli Unni nel V secolo; fu sempre lui a mitigare gli effetti dell’ invasione di Genserico, nel 455, salvando la popolazione dalla strage e la città dall’incendio, e fu grazie alle ricchezze della Chiesa e alla sua carità che la città ritornò alla normalità. Con la calata dei Longobardi, Roma fu, effettivamente, l’ostacolo all’unificazione perseguita da quel popolo.
Ma questo fu la fortuna del nostro paese che, altrimenti, sarebbe finito sotto una delle più barbariche, rozze, violente ed ignoranti delle popolazioni germaniche, divenendo così un deserto senza futuro. Fu papa Gregorio Magno, in quegli anni, ad opporsi con la sua diplomazia ed intelligenza alle brame straniere, di bizantini e longobardi, perseguendo la libertà di Roma e del paese intero.
Fu sempre Gregorio Magno a promuovere, attraverso la conversione della regina Teodolinda, il passaggio dei Longobardi al cattolicesimo e, quindi, alla latinità, che solo i monasteri e le scuole ecclesiastiche avevano permesso di conservare.
Fu ancora Roma, che aveva impedito la devastazione bizantina e longobarda, a scongiurare che l’Italia venisse unificata, sì, forse, ma dai saraceni musulmani. Leone IV, per fare un solo esempio, nell’849 promosse una lega tra le città marinare del Sud, Amalfi, Gaeta e Napoli, e così impedì l’ennesima invasione saracena. Vari suoi successori furono alla guida delle coalizioni che impedirono all’Europa di divenire terra islamica, per conquista.
Scriveva Leone XIII: “Difatti l’Italia deve alla Chiesa…se non soggiacque ai ripetuti assalti dei barbari, se respinse invitta le aggressioni enormi dei turchi, e in molte cose conservò una legittima libertà ed arricchì le sue città di tanti monumenti immortali di arti e di scienze” ( Etsi nos).
Del resto lo stesso Machiavelli ammetteva di essere isolato nella sua accusa contro Roma. Nei Discorsi sulla prima decade di Tito Livio, infatti, affermava: “E perché molti sono d’opinione che il benessere delle città d’Italia nasca dalla Chiesa romana, voglio contro a essa discorrere…”.
Riassume lo storico Massimo de Leonardis: “In realtà, come già osservato da Ludovico Antonio Muratori, la presenza del papato (lungi dall’impedire una splendida e precoce unità politica, ndr) preservò l’Italia da un destino ben peggiore…: la spaccatura tra un Settentrione provincia tedesca… ed un Meridione preda musulmana”. Il Foglio, 8/9/2011, continua