Bolt e le nostre false partenze
Era il favorito numero uno. Di gran lunga. E con ogni probabilità era il più forte in gara. Eppure il giamaicano Usain Bolt non ha vinto la finale mondiale dei 100 metri: è stato squalificato, falsa partenza. Aveva troppa voglia di vincere e per un attimo s’è dimenticato che, in gara come nella vita, la fretta è pessima consigliera. Così, deluso e sconsolato, il fuoriclasse giamaicano ha lasciato la pista con l’incredulità stampata in volto. E’ stato sconfitto dall’unico che poteva batterlo: se stesso. Un po’ come accadde a Roberto Baggio ai mondiali di calcio Usa ’94: disputò partite da antologia, ma sbagliò il rigore decisivo. Lo stesso, se ci pensiamo bene, che ogni tanto accade a ciascuno di noi: lavoriamo sodo per superare una prova, sudiamo, e quando finalmente ci sentiamo pronti a riscattare le nostre fatiche, sbagliamo inciampando; oppure, com’è successo a Bolt, partendo troppo presto. E lasciandoci dietro la consapevolezza che, anche quando si ci sente i migliori - anzi, soprattutto allora - c’è qualcosa da non dimenticare mai: l’umiltà. Un sentimento che aiuta a non sbagliare e, quando si sbaglia, ci ricorda che siamo uomini. Il che naturalmente non cancella i nostri errori, ma evita di farceli pesare più del dovuto. Dopotutto, nella vita una falsa partenza capita a tutti. L’importante è ricordarsi dov’è il traguardo.
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