Caro Prof. Odifreddi, quella che vado a dirti è una cosa un po’ impertinente, ma credo che tu mi scuserai perché so che sei un impertinente anche tu. So anche che ultimamente sono stati in molti a scriverti riguardo al tuo libro
“Caro Papa ti scrivo”, io non mi sarei permesso di aggiungermi alla lunga, e certamente più titolata lista di interlocutori se non avessi qualcosa di diverso e “impertinente” da comunicarti, solo che anziché scriverti una pomposa lettera voglio fare una cosa più alla buona, voglio immaginare che tu sia un amico col quale parlo prendendo un caffè.
Tanto per cominciare voglio dirti che ti trovo un antipatico/simpatico, scusa l’ossimoro, ma sai la realtà umana non è tutta riconducibile alla pura razionalità, però non è di questo che voglio parlare.
Quello che da amico voglio dirti è che, francamente, se fra te e la Santa Chiesa le cose non sono andate proprio bene, la colpa mi sembra che sia in gran parte tua.
Non lo dico così, per pregiudizio, sei stato proprio tu a farmelo capire, me lo hai detto quando hai raccontato che nell'autunno del 1959 varcasti la soglia del Seminario di Cuneo con l’intenzione di
“diventare un giorno papa, e benedire da una finestra di Piazza San Pietro la folla estasiata”. Ma ti rendi conto di quello che ci hai detto?
È come se un uomo dichiarasse di aver corteggiato una donna per poter un giorno affacciarsi dalla finestra della sua bella villa di famiglia!
Caro Prof. Odifreddi, quella che tu hai raccontato è la storia di un matrimonio d’interessi!
E poi ci hai detto anche perché questo progetto è tramontato sul nascere. Le cose non sono andate avanti perché presto imparasti che
"il cammino che porta al soglio pontificio è più accidentato e tortuoso di quanto un bambino avesse ingenuamente potuto immaginare". E, poi ancora, che
"per poter un giorno comandare bisognava iniziare subito a obbedire" e a essere rispettosi: cosa che già allora non ti piaceva particolarmente.
Insomma imparasti che la realtà non è una fantasia infantile, che un cammino faticoso si compie solo se c’è una forte motivazione e la motivazione a te mancava, perché non poteva essere il desiderio successo a dare forza ad un cammino di quel tipo, ma l’amore. È come se qualcuno iniziasse a studiare biologia per prendere il Nobel anziché per amore delle scienze, sarai d’accordo con me che non è così che si fa.
Dalle tue stesse parole emerge dunque che la Chiesa per te era una donna da sposare per interesse, ma presto devi esserti reso conto del fatto che c’erano altri modi più facili e divertenti per avere successo, fu così che barattasti la finestra di piazza S. Pietro in cambio di uno schermo televisivo, capisti che non era necessario il percorso “accidentato e tortuoso” per poter benedire come un Papa le tue folle estasiate.
E così, come spesso purtroppo accade, quando non si riesce a conquistare una donna, si passa subito a dire in giro che è una poco di buono, è un vecchio vizio maschile. E, come tutti sanno, quando si raccontano cose sconce sulle donne più ammirate, si trovano molti orecchi pronti ad ascoltare e… molti libri da vendere.
Scusami ancora per quest’ultima considerazione, ma te l’avevo detto che sarei stato impertinente.
In questa mia lettera non mi soffermerò a confutare le tue argomentazioni, quelle che nelle intenzioni dovrebbero convincere qualcuno a diventare ateo, ti anticipo solo che le trovo al contrario “rassicuranti”, sì perché se davvero sono quelle le motivazioni per non credere possiamo proprio stare tranquilli. Con ciò non intendo però cavarmela senza argomentare, non mancherò di farlo.
Quello che invece voglio dirti, giunto alla fine di questa mia breve chiacchierata, è che leggendo il tuo libro a volte mi sembra di scorgere un interesse autentico verso le questioni della fede, come se tu, in quella donna che tanti anni fa pensasti di sposare per interesse, cominciassi adesso a vedere qualcosa di diverso, forse ti stai rendendo conto che mentre pensavi ad impadronirti della sua dote non ti accorgevi della sua bellezza.
So che questo ti sembrerà più impertinente di tutto il resto, ma voglio dirti che forse adesso ti stai accorgendo che con tutta la tua celebrità e il tuo successo, le cose non sono, ancora una volta, come le immaginavi da bambino. Forse le “folle estasiate” che hai conquistato non sono come pensavi, forse ti lasciano, alla fine, un senso di vuoto.
Ma ovviamente può essere che io mi sbagli.
Non aggiungo altro, da buon amico ho voluto solo dirti come vedo la situazione.
Ti chiedo solo di pensarci un po’ sopra.
Alla prossima E.P.
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