C’è oggi un grande dramma, purtroppo ben poco compreso, in Occidente: un numero sempre maggiore di persone soffrono di infertilità e di sterilità e sono così private della gioia di poter concepire dei figli. Cosa è cambiato, rispetto al passato?
Geneticamente, diciamo così, nulla. La novità sta nel fatto che ad una quota per così dire “naturale” di persone sterili si aggiungono tantissimi casi di infertilità procurata da comportamenti ed abitudini scorretti, propri del nostro tempo. L’incremento dell’infertilità oggi riscontrabile può infatti essere riconducibile a vari fattori, quali: l’abitudine di spostare sempre più avanti l’età del matrimonio e del primo figlio (dimenticando che la capacità di concepire diminuisce fortemente nella donna dopo una certa età); l’uso massiccio di anticoncezionali, che abituano il fisico delle donne a rifiutare la vita, per molti anni, rendendo quindi più difficile ottenere il figlio, quando desiderato; lo stress psichico e fisico cui la donna è sottoposta nella vita odierna; aborti procurati precedenti; infezioni sessuali, in aumento soprattutto a causa dei rapporti sempre più precoci tra giovani; stress e stili di vita disordinati; abuso di alcol e fumo, da parte soprattutto degli uomini ecc…
Le risposte a questo dramma sociale possono essere sostanzialmente due.
La prima, la più ovvia, consiste nel prevenire, per quanto possibile, una certa quota di infertilità, adottando comportamenti più etici e ricorrendo anche all’uso dei metodi naturali, che, tra le altre cose, permettono alla donna una miglior conoscenza del proprio corpo, delle sue leggi e della sua armonia, risultando molto efficaci, più delle tecniche artificiali, anche per chi desideri ottenere una gravidanza e riscontri delle difficoltà.
Si potrebbe poi sviluppare una maggior ricerca medica sulle modalità per rimuovere eventuali cause ostanti al concepimento, in modo da permettere in vari casi un concepimento naturale. Ma queste due strade sono poche seguite, sia perché imporrebbero regole morali, sia perché non muovono alcun business.
La seconda risposta è quella che purtroppo sta prendendo sempre più piede, a partire dalla fine degli anni Settanta, ed è il ricorso alla cosiddetta fecondazione in vitro (FIV), o PMA (procreazione medicalmente assistita), o, ancora meglio, fecondazione extracorpoera. Questo tipo di procedimento comporta però numerose problematiche.
Anzitutto di ordine morale: infatti nella PMA la procreazione viene disgiunta dall’atto unitivo, che ne è la naturale premessa e causa. In secondo luogo la PMA apre le porte ad una quantità incredibile di aberrazioni, che hanno conseguenze sulla coppia, sulla donna e sugli eventuali figli.
Anzitutto la donna.
Procedimento preliminare alla PMA è l’iperstimolazione ovarica, che comporta un bombardamento ormonale per permettere alla donna di produrre non un ovulo, come avviene in natura, ma un numero molto alto di ovuli. Questa iperstimolazione può provocare emorragie, infarti, tumori, sterilità, persino, in qualche caso, la morte (si veda ad esempio il documentario americano “Eggsploitation” o "Le Scienze", Settembre 2004). Scrive il famoso esperto di PMA, il comunista Carlo Flamigni, che l'iperstimolazione ovarica può essere “pericolosa persino per la vita”: infatti "l'ovaio cresce in modo anomalo fino a raggiungere un volume pari a quello di un grosso melone. Successivamente, e soprattutto se l'iperstimolazione è grave, si forma un'ascite e compaiono raccolte di liquido nelle cavità pleuriche e nel pericardio. Il sangue si ispessisce e perde proteine e la funzionalità renale diminuisce pericolosamente. A causa di grossolane anomalie della coagulazione si possono determinare trombosi e tromboflebiti, talché esiste addirittura un rischio di vita nei casi più sfortunati" (“La procreazione assistita”, il Mulino, 2002)
Si tenga conto che l’esigenza di ovuli per la PMA, o anche per gli esperimenti di clonazione, comporta la nascita di un vero e proprio mercato, in cui migliaia di donne vengono “munte” dietro compenso economico, ma spesso ignare dei rischi che corrono.
In secondo luogo, dopo l’iperstimolazione, la donna viene sottoposta all’impianto di più embrioni: conosciamo tutti le storie di persone che sono rimaste incinte di 4, 5, 6, persino 8 figli. I parti multipli, come è intuibile, sono un grosso rischio tipico della PMA: un rischio, si badi bene, sia per la madre, che per i figli, soggetti, a causa delle loro particolare condizione, a morte, nascita prematura e deficit di vario tipo. Ai rischi per la donna si aggiungono quelli per la coppia: sovente le pratiche di PMA comportano, oltre a spese molto ingenti (Debora Spar, “Baby business”, Sperling & Kupfer, 2006), tempi lunghissimi, continue attese deluse, devastazione fisica e psicologica e quindi in non pochi casi portano alla rottura della coppia, incapace di uscire dal tunnel dell’aspettativa-attesa delusa e ancora aspettativa-attesa delusa (vedi Daniela Pazienza, "Io e la procreazione assistita", Armando, 2004; Manuela Ceccotti, "Procreazione medicalmente assistita", Armando, 2004).
Infine il bambino: anzitutto occorre ricordare che per ogni “figlio in braccio”, così si è soliti indicare il figlio nato da PMA, vengono eliminati ben 9 o 10 embrioni umani, con un dispendio di vite umane incredibile. In secondo luogo si consideri che le percentuali di successo, cioè di “figli in braccio”, sono piuttosto basse: in molti casi gli embrioni non attecchiscono, in altri muoiono dopo poco tempo, mentre “la mortalità perinatale di questi bambini è elevata, raggiungendo il 20%, cifra che raddoppia o quasi quella calcolata per i bambini generati naturalmente” (Flamigni).
In alcuni casi il numero dei figli risulta invece superiore alle aspettative e alle possibilità per la donna di portare avanti la gravidanza, per cui si deve intervenire uccidendo uno o più figli (riduzione embrionaria) dopo averli voluti ad ogni costo. Infine, la sorte dei bambini nati: molti di questi soffrono di malformazioni più o meno gravi, rilevabili talora già ad una anno di età, talora più avanti (Human Reproduction", novembre 2008).
Un recente studio dell’American Academy Pediatrics dimostra per esempio che i bambini concepiti da fecondazione in vitro avrebbero una maggior possibilità (1.42 contro 1) degli altri di avere un cancro (per maggiori informazioni visitare il sito del neonatologo Carlo Bellieni: carlobellieni.splinder.com/). È facile immaginare il perché di tali malformazioni: l’uso di sperma infertile, di ovuli portati a maturazione a forza tramite ormoni, l’assenza del dialogo madre-bambino che si instaura sin dal primo istante nel concepimento naturale in utero…
Ma non è finita: la possibilità di mettere le mani sulla vita nascente, quasi fosse solamente un qualcosa da manipolare liberamente, un grumo di cellule passibile di ogni sopruso, ha determinato negli anni sperimentazioni che possiamo ben definire “mengeliane”.
Ne citerò qualcuna tratta dalla cronaca:
“Barcellona, 6.600 euro per un embrione (e si può scegliere il colore degli occhi)”; Ryan Kramer: un sito per trovare i fratelli”, nati da un padre che aveva venduto vari campioni del suo seme a donne diverse” (Corriere, 7/4/2007); “Usa, nascere dopo tredici anni di freezer” (Avvenire, 14/7/2005); “Venduti a peso d’oro gli ovuli delle universitarie di Harvard” (Il Giornale, 26/11/2002); “Figli simili alle star, l’idea di una banca del seme” (Corriere, 15/10/2009); “La bambina con tre madri alla ricerca del padre biologico” (Corriere, 27/11/2008); “Primo bebè figlio di due madri” (Il Foglio, 11/3/2005); “Affari, cliniche, promesse di cure. Le rotte delle cellule embrionali” (Corriere, 20/5/2007); “Fecondazione per single e lesbiche” (Corriere, 3/6/2006); “Giappone, spermatozoi umani coltivati nei topi” (Corriere, 3/2/1999); “Bimbo da un embrione di 13 anni. Congelamento record a Barcellona” (Corriere, 5/11/2006); “Mamme-nonne e nasciture orfane” (il Giornale, 23/9/’98); “Inseminazione sbagliata, ho scelto l’aborto” (Corriere, 11/12/2009); “Record tra i bambini della provetta, nasce col seme congelato da 21 anni” (Repubblica, 25/5/2004); “Sperma artificiale, una legge divide Londra” (Repubblica, 10/3/2008); “2038, padri e madri anche a cent’anni” (Corriere, 18/7/2008); “Wendy, Linsday e gli altri 30 mila a caccia di fratellastri su internet” (Corriere, 23/11/2010); “Autistici i figli (4) della provetta 3.066” Corriere, 14/8/2006); “Vuoi un figlio quando ti pare? Congelati gli ovuli finchè sei in tempo” (Il Foglio, 14/1/2005); “Partorisce a 67 anni” (l’Adige, 17/1/2005); “Gemellini abbandonati (dopo Pma). Due su 5 sopravvivono” (Corriere, 7/10/2005); “Muore dopo la fecondazione assistita” (Corriere, 21/4/2004); “Il figlio di Osama prende in affitto un utero infedele” (Libero, 10/8/2010)… e si potrebbe continuare a lungo… da: Radici Cristiane, maggio 2011