Perché Obama ha deciso di “evolvere” la sua posizione sulle nozze gay
Di Rassegna Stampa (del 28/06/2011 @ 09:36:21, in Ideologia gay, linkato 1431 volte)

New York. La concessione del matrimonio gay nello stato di New York è un bivio politico radicale fatto di urla e sondaggi, ma anche di disinteresse e ambiguità. In mezzo alla tormenta c’è un Barack Obama tirato per la giacca dai liberal che vorrebbero più calore, criticato da destra e accusato di essere una banderuola che si aggiusta a seconda del vento elettorale.

Obama ha chiamato il suo processo di revisione del matrimonio gay una “evoluzione”. Il principio della cautela linguistica gli ha suggerito di fuggire le formule esplicite quando la settimana scorsa ha incontrato – per la prima volta – la comunità gay a una cena di fundraising a New York. Il pubblico vociante urlava la parola “matrimonio”, ma lui si è limitato a dichiarare il suo sostegno alle unioni civili, mentre per il matrimonio manca ancora qualche anello nella catena dell’evoluzione. Segno che “Obama delude i liberal e che non ha un progetto a lungo termine”, dice Karlyn Bowman, analista dell’American Enterprise Institute.

Se le parole hanno deluso gli irriducibili liberal che nel fine settimana hanno portato in trionfo il governatore di New York, Andrew Cuomo, i fatti dicono che nel tempo la posizione di Obama ha subito varie metamorfosi. L’Amministrazione ha rimosso il divieto per i gay di arruolarsi nell’esercito e ha abbandonato la legge che impediva il riconoscimento delle unioni di fatto. E’ per decreto obamiano che gli omosessuali che lavorano nel settore pubblico possono estendere i propri benefit al partner. Da scaltro generale, Obama ha però lasciato che a indossare l’elmetto negli avamposti più pericolosi fossero i “suoi luogotenenti”, come dice Nate Silver del New York Times, riferendosi alla battaglia vinta da Cuomo.

Nel 2008 il candidato alla presidenza aveva fatto dichiarazioni opposte: “Il matrimonio è l’unione fra un uomo e una donna. Per me, come cristiano, è anche un’unione sacra. Dio è nel mix”.

“God’s in the mix” che aveva fatto infuriare la sinistra gli si ritorce contro ora che per calcolo elettorale il presidente si trova a dover ammiccare a sinistra e allo stesso tempo a fuggire la classificazione di improvvisato eroe della cultura gay. Il direttore del New Yorker, David Remnick, ha fatto un collage di citazioni obamiane sul tema: ne esce il ritratto di un politico che quando deve raccogliere voti nel distretto di Hyde Park si veste da attivista dei diritti dei gay, quando corre per la presidenza invoca l’ordine divino e quando deve governare finisce per servire due padroni.

Poi c’è l’Obama in campagna elettorale, personaggio in cerca d’autore sulla questione dei matrimoni omosessuali. L’analista politico Michael Barone dice al Foglio che “il problema dei matrimoni è socialmente dirimente, ma non diventerà un tema centrale nella campagna elettorale nazionale: è una questione locale e Obama la vuole mantenere a quel livello politico per renderla meno spinosa”. D’accordo anche Larry Sabato, direttore del Center for Politics della University of Virginia: “I sei stati che hanno approvato il matrimonio gay sono democratici, mentre molti altri hanno passato leggi che lo impediscono esplicitamente. Non è un segnale politico forte”.

 Il primo paradosso per Obama era stato il naufragio della sinistra nel voto del 2008 in California, dove l’elettorato nero e obamiano aveva deciso la partita. Era la seconda sconfitta a sinistra in quattro anni, dopo che l’architetto di Bush, Karl Rove, nel 2004 aveva proposto emendamenti contro il matrimonio gay nello stesso giorno delle presidenziali. Un buon propellente per la vittoria. La legge di New York riapre la guerra dei sondaggi (diverse agenzie dicono che la maggioranza degli americani ora sostiene il matrimonio gay), dei posizionamenti politici e delle battaglie di retroguardia. Obama sta ricalibrando le opinioni, ma impedisce che una questione così divisiva assurga al livello della politica nazionale, dove gli americani si concentreranno su altro per decidere chi votare. Per questa ragionata cautela i liberal sospettano delle aperture liberal di Obama. © - FOGLIO QUOTIDIANO di Mattia Ferraresi