«Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti»: partendo da questa di Andy Warhol si chiede ai candidati di analizzare il valore assegnato alla fama effimera nella società odierna.
Nel futuro, sentenziò Andy Warhol, ognuno sarà famoso per 15 minuti. Ignoriamo a quale futuro alludesse l’artista, eppure siamo già oggi nelle condizioni di riscontrare, nella sua profezia, molta verità. Già oggi, infatti, assistiamo alla metamorfosi della notorietà, sempre più vasta e frammentata: un tempo le celebrità erano numericamente inferiori a quelle odierne, ma longeve, capaci di rimanere tali per anni, spesso decenni; oggi invece accade il contrario, con una moltitudine di personaggi famosi senza una ragione e dunque destinati ad un precoce congedo dal palcoscenico. Prendiamo Paris Hilton, simbolo di una fama senza senso: si è re-inventata attrice e modella, ma è divenuta celebre ed è stata presentata per anni come una «ricca ereditiera». Un po’ poco, converrete, per meritarsi la notorietà di cui gode. Eppure è ovunque, osannata come se fosse realmente dotata di qualche qualità al di fuori del suo snobismo, così noioso e ostentato. Il punto è che la fama, oggi, è soprattutto questo: liturgia del nulla, vuoto pneumatico, stupidità al potere. Per questo attrae tutti: perché non richiede alcun requisito, eccettuata la disponibilità ad esibire il peggio di sé. Ed è sempre per questo che non può superare i 15 minuti: basata sul niente, la fama ha la necessità, per mantenersi, di clonarsi all’infinito, in una vertiginosa spirale di banalità. Colpa della televisione? Fino ad un certo punto. Perché se il tubo catodico da decenni veicola il niente, significa che questo niente, tutto sommato, “rende”. Da questo punto di vista, è tutto o quasi il mondo dello spettacolo ad essere divenuto schiavo di ritmi e contenuti pubblicitari. Lo stesso accade nella letteratura dove, per dirla con Giuseppe Pontiggia, abbiamo tanti grandi scrittori ma pochi scrittori. E come potrebbe essere diversamente, dal momento non è la qualità bensì il mercato, oggi più che mai, a decretare notorietà? Come stupirsi, allora, se tutti conoscono Saviano ma non La Capria, se sanno chi è Camilleri ma non Corti, se leggono Melissa P. ma sanno già di odiare, pur non avendola mai letta, Oriana Fallaci? Chiaramente tutto questo non è che il riflesso di un vuoto antecedente, che per cronologia e importanza anticipa quello attuale; la Fama non sarebbe diventata fama se prima non si fosse consumata, silenziosa ma inesorabile, una decadenza più grave, quella dei valori che contano. Spariti i quali non è rimasto, appunto, che un valore: essere famosi per 15 minuti. Troppo pochi per diventare qualcuno, ma abbastanza per credere nell’evasione dall’anonimato. Ecco che allora 15 minuti di provino o di intervista diventano addirittura l’occasione di una vita per tanti. Che in questo modo dimenticano che è la vita - tutta intera e senza bisogno di riflettori - l’occasione più preziosa, e che se ciò che abbiamo il potere di diventare sicuramente non dipende solo da noi, dipende ancora meno da telecamere costruite per essere continuamente accese e spente, spente e accese. In una infinita rincorsa tra consigli per gli acquisti e spezzoni musicali dove manca il tempo per pensare. E anche quello per vivere.