Riportiamo una lettera comparsa sul Trentino.
Leggiamo continuamente notizie riguardanti l’uso della pillola RU486 e l’operato del prof. Arisi in materia di aborti farmacologici all’Ospedale S. Chiara. Questa volta si tratta di ben 178 aborti nel primo anno di sperimentazione clinica della pillola.
Per di più, per l’ennesima volta, viene affermato che questo metodo farmacologico non presenta significative controindicazioni. Il primario di ostetricia e ginecologia prof. Arisi afferma infatti: “Abolita l’anestesia e la sala operatoria, le prospettive di salute della donna che pratica l’aborto farmacologico possono essere solo positive”. Su quali basi Arisi dichiara che le prospettive possono essere solo positive? Solo sulle sue sperimentazioni? O su una letteratura scientifica ormai ampia e ben documentabile? E se vi è tale letteratura, quali ne sono i documenti?
Inoltre, ci lascia alquanto perplessi la presenza di un questionario in fase sperimentale, in cui si evidenzia il fatto che le donne consiglierebbero ad un’amica la procedura farmacologia.
La realtà sulla RU486 è però ben più complessa di quanto si voglia far credere. Citiamo, per l’ennesima volta, in brevità alcuni dati scientifici su questo delicatissimo tema. Un recente studio condotto da Centers for Disease Control and Prevention, ad Atlanta negli USA, descrive i casi di 4 morti dovuti ad endometriosi e sindrome da shock tossico associato al batterio Clostridium sordellii, casi verificati nella settimana successiva all’aborto chimico. Inoltre aggiunge alcuni effetti collaterali, come tachicardia, ipotensione, edema, vischiosità del sangue, profonda leucocitosi (M. Fischer, J. Bhatnagar, J. Guarner, et al., in “New England Journal of Medicine”, Dec. 2005).
Ma soffermiamoci sull’effetto letale. Nel settembre 2003 in California muore Holly Patterson, una giovane diciottenne, a causa di shock anafilattico. Il 19 luglio 2005 la Food and Drug Administration (FDA), l’ente di controllo sui farmaci degli USA, ha reso di dominio pubblico “quattro casi di morti settiche negli Stati Uniti, in particolare in California, fra settembre 2003 e giugno 2005, a seguito di aborto medico con RU486”, i quali si vanno ad aggiungere ad un caso analogo accertato nel 2001 in Canada.
Il 17 marzo 2006 (solo un anno fa!) la FDA ha reso noto che altre due donne statunitensi sono morte dopo aver assunto la pillola RU486 (cfr.: www.fda.gov/cder/drug/infopage/mifepristone/default.htm). Inoltre, si noti che le morti di queste donne nordamericane sono venute alla luce perché i parenti hanno chiesto delle autopsie sui cadaveri per capire le ragioni del decesso improvviso. Perciò, è legittimo supporre che le morti da RU486 potrebbero essere molto più numerose, anche al di fuori dagli USA. Infine, il prof. Greene, direttore di ostetricia al Massachusetts General Hospital di Boston, in un editoriale pubblicato sulla rivista “New England Journal of Medicine” (1 Dec. 2005), una delle più prestigiose a livello mondiale, dimostra che a parità di età gestazionale, la mortalità della donna per aborto con RU486 è 10 volte maggiore rispetto a quella con tecnica chirurgica.
È la stessa Danco, industria produttrice della pillola, a pubblicare nel suo sito, per obbligo legale, oltre 600 casi di donne che lamentano fortemente gli effetti collaterali della pillola.
Inoltre, mentre il 92% delle donne che si sono sottoposte all’aborto chirurgico sceglierebbe di nuovo questa tecnica in futuro, solo il 63% delle donne che si sono sottoposte all’aborto chimico sceglierebbe ancora questa metodica, segno che l’aborto chimico “non possiede in sé quei caratteri di indubitabile maggiore tollerabilità psicologica” (M. D. Creinin, in Contraception, Sept. 2000).
Dunque, su quali basi si può affermare di poter consigliare ad una donna la pillola RU486? Forse su basi scientifiche, oggettive, che possano andare bene per tutte le donne? O forse unicamente su basi soggettive, istintive, emotive, e quindi non univoche per tutte?
Soffermandosi sul fallimento del metodo e gli effetti collaterali riscontrati nell’uso della pillola, il prof. Arisi afferma poi: “…solo l’esperienza ci potrà dare più approfondite indicazioni”. Quanta poca considerazione delle donne nasconde tale dichiarazione! Quante donne si dovranno ancora “usare” prima di poter dichiarare finita la sperimentazione e dirsi sicuri della non pericolosità della RU486?
Sconcertante, d’altra parte, il dato che solo il 67% delle donne che hanno utilizzato la RU486 sia stato mandato dai consultori familiari, mentre un certo numero è passato per il medico di fiducia e per il pronto soccorso!
Che semplicistico, infine, leggere l’uso della locuzione “materiale abortivo”! Trattare vite umane innocenti e indifese, quali appunto i bambini in grembo (vedi ecografia), come materiale abortivo esprime la più grande intolleranza nei confronti del prossimo, senza specificare che anziché scomparire nel nulla, finisce nel water!
Il Movimento per la Vita vigila e vigilerà attentamente l’andamento delle pratiche abortiste che vengono utilizzate e promuoverà le opportune azioni in sede civile e penale per le eventuali violazioni delle leggi attuali in materia di sanità ed aiuto alla maternità.
Sandro Bordignon, presidente Movimento per la Vita-Trento
e-mail: sandrobordi@interfree.it
Mauro Sarra, componente direttivo MpV-Trento
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