Agli amici statunitensi, in questi giorni, è toccato uno spettacolo a dir poco curioso: il Presidente che esibisce al mondo il certificato di nascita e che assicura di essere uno di loro, americano fra americani (http://www.whitehouse.gov/sites/default/files/rss_viewer/birth-certificate-long-form.pdf)
Una mossa politica prima che burocratica, che chiarisce poco e alimenta diverse domande. Anzitutto, perché Obama ha aspettato tanto – se davvero non c’era alcunché da nascondere - per mostrare quel documento? Poteva farlo subito, mettendo a tacere sospetti che durano ormai da anni, e invece ha aspettato. Come mai? Anche perché, giusto poco tempo fa, interpellato sulla vicenda il Presidente aveva tagliato corto («Non abbiamo tempo per questo tipo di sciocchezze, ho cose più importanti da fare») e in questi anni - riferisce Jerome Corsi, autore del fortunato libro Where’s the birth certificate? - avrebbe speso milioni di dollari in spese legali proprio per evitare di fornire un certificato completo.
Come si spiega, allora, questa tardiva esibizione? E’ evidente, infatti, che si tratta di un errore strategico a pieno vantaggio di Trump, che comprensibilmente ora esulta per essere riuscito a “costringere” l’inquilino della Casa Bianca a rendere pubblico un certificato che, dicevamo, poteva benissimo essere mostrato anni fa. Le possibilità, dunque, sono due: se, come pare, il fantomatico documento è vero, Obama - proprio lui, così attento al versante mediatico – ha commesso un grande errore a non esibirlo prima e uno ancora più grande a mostrarlo ora; se è falso, c’è da scommetterlo, prima o poi emergeranno nuovi dubbi. In ogni caso, per il Presidente che doveva salvare il mondo, il 2012 rischia di essere – non solo per questa storia, ovviamente – un appuntamento molto più difficile del previsto. Buona fortuna, Mr. President.