Siamo sicuri che ci sia poi tanta differenza tra le posizioni leghiste e quelle della sinistra italiana in materia di immigrazione? A prima vista sembrerebbe di sì: i fedelissimi del Senatur denunciarono i rischi legati ai flussi migratori con largo anticipo su tutti e, com’è noto, con toni non sempre pacati; viceversa, a sinistra, è sempre andata di moda una visione abbastanza morbida in materia, volta ad anteporre a tutto l’accoglienza dell’immigrato. A parole. Sì perché, nei fatti, tutta questa differenza tra i leghisti e la sinistra in fatto di gestione dell’immigrazione non sempre è così evidente.
Anzi, a volte non si vede per nulla. Quando senti uno come Piero Fassino spiegare che sì, ci vogliono «tutti i diritti garantiti a chi è regolare e non infrange le leggi», ma occorre stare bene attenti perché «fino ad oggi tutte le politiche hanno consentito porte facilmente aperte» (La Stampa, 11/5/2010, p.15), non è facile capire se stai ascoltando sul serio un dirigente del Partito Democratico oppure uno delle camicie verdi. Lo stesso dubbio che ti sorge quando scopri che, dopo l’ingresso della Romania nell’Unione europea, ratificato il primo gennaio 2007, era proprio Veltroni, da sindaco di Roma, a lamentare la criminalità straniera:«Nei primi sette mesi dell’anno gli arrestati a Roma sono nel 75% dei casi romeni che hanno violentato, rapinato, ucciso. E’ evidente che c’è un problema specifico».
Anche qui accuse razziali, se a dirle fosse stato un leghista. Ma al di là delle parole, ci sono anche fatti concreti, provvedimenti, che dimostrano come il Partito Democratico, quando si tratta di adottare la linea dura in fatto di immigrazione, dimentica le critiche al mondo leghista e agisce senza problemi. Pensiamo a Padova, dove il sindaco Zanonato è stato attaccato pesantemente dall’Associazione “Razzismo stop” per aver chiarito che i genitori stranieri che chiedono l’iscrizione dei propri bambini all’asilo nido devono possedere un regolare permesso di soggiorno. Durissima ma significativa la replica di “Razzismo stop”: «Siete più leghisti dei leghisti veri» (Libero, 17/4/2010, p.20). Come volevasi dimostrare. La città Padova, si sa, è nota anche per il muro di Via Anelli, denominazione delle barriere erette nel quartiere di Mortise, contrassegnato da forte disordine e dalla presenza di immigrati.
Un caso? Per nulla: anche a Sesto San Giovanni, comune un tempo noto come la Stalingrado d’Italia, è stato dato ordine di costruire una “recinzione” per delimitare un’area dismessa di circa 18.000 metri quadrati dove un tempo c’era la fabbrica Falck e divenuta per anni meta per accampamenti rom e annesse roulotte. Analogamente, nel novembre 2006, a Schio, il sindaco – sempre di sinistra, ovviamente – ha firmato un’ordinanza di sgombero contro i nomadi abusivi nella quale, tra l’altro, veniva stabilita la realizzazione, ai margini della zona urbana, di un fossato per impedire la sosta delle roulotte dei rom; per la cronaca, anche nella rossissima Mantova, nel luglio 2010, venne firmata un’ordinanza contro i clochard. Tutti provvedimenti che quando vengono adottati da amministratori leghisti calpestano i diritti umani, ma che se emanati da un’amministrazione “democratica”, chissà come mai, vengono trascurati in toto da Santoro e Co., solitamente assai vigili, quando si tratta di denunciare il rischio di intolleranza.
E’ un vero peccato, perché non si perde mai occasione per denunciare le derive leghiste, ma quando l’intolleranza affiora in comuni rossi cala un preoccupante silenzio. Come se nessuno dovesse saperlo. Un caso emblematico è quanto accaduto a Livorno l’1settembre 2010, quando due romeni, in seguito ad alcuni scontri, si sono dovuti letteralmente barricare in casa dato che 200 cittadini hanno iniziato lanciare sassi e pietre contro la loro abitazione. Un vero e proprio tentato linciaggio, che però – stranamente – è sfuggito all’indignazione dei commentatori di “Repubblica”, notoriamente implacabili nello stigmatizzare il razzismo, vero o presunto, delle città del nord Italia, meglio se governate da politici del Carroccio. E le mense? Ricordate il pandemonio scoppiato per “i pasti negati” nelle scuole dei Comuni di Adro e Montecchio Maggiore?
Accorsero, più veloci che mai, gli inviati di Annozero, il mondo della sinistra a diversi esponenti cattolici si dichiararono indignati. L’Italia intera, insomma, chiese maggiore tolleranza per i bimbi che sarebbero stati affamati da crudeli amministrazioni (leghiste, occorre dirlo?). Peccato che la stessa indignazione non si sia sollevata per quanto accaduto a Savona nell’aprile 2010, quando l’amministrazione di sinistra scrisse ai genitori dei bimbi per dire che «gli utenti che presentano dei bollettini insoluti non potranno essere ammessi alla mensa dell’anno scolastico 2010-2011». Allo stesso modo, a Scandiano, comune in provincia di Reggio Emilia nonché città natale di Romano Prodi, la giunta monocolore Pd ha decreato che i servizi bus e mensa saranno sospesi ai genitori che non pagano la retta. «Si tratta di una questione di senso civico», ha spiegato Alberto Pighini, Assessore alle politiche sociali. Giusto.
Solo che per Savona e Scandiano, diversamente che per Adro e Montecchio Maggiore, non pare che si siano avviate mobilitazioni di protesta. Anzi, a livello mediatico si è verificato singolare occultamento di queste innegabili somiglianze tra ordinanze comunali. E dire che lo stesso che è accaduto pure a Barletta, comune in Provincia di Bari amministrato dal centro-sinistra, dove «per tre giorni otto bambini della elementare Modugno sono rimasti in classe a consumare pasto al sacco, mentre i loro compagni erano a mensa». Lo ha scritto il quotidiano “Repubblica” il 16 aprile 2010, ma in un trafiletto di cronaca ben nascosto, di 9cm x 15cm, a pagina 24. Curioso no?