L'Europa dell'accoglienza (ma solo in casa altrui)
Ogni evento, anche il più tragico, insegna qualcosa, e gli sbarchi di disperati sulle coste italiane di questi giorni ci offrono una lezione speciale: la dimostrazione inconfutabile che gli Stati europei – sì proprio quelli dei “diritti umani”, che pullulano di anime belle, mica di cafoni leghisti – non hanno alcuna dimestichezza con l’accoglienza di cui, spesso e volentieri, si fanno portavoce. Lo si vide già nel 2005, quando i militari di Zapatero fecero una strage (cinque morti e un centinaio di feriti) per respingere i seicento africani che cercavano di raggiungere la enclave spagnola sulla costa marocchina. Ovviamente i giornali italiani, primi fra tutti quelli di sinistra, fecero subito a gara per minimizzare l'accaduto (“Liberazione”: dieci righe in seconda pagina; “L’Unità”: pagina quindicesima), ma tutti o quasi compresero che non fu un caso, quella tragedia.
Oggi accade più o meno lo stesso: da noi sbarcano migliaia di disperati al giorno e gli Stati europei – quelli che hanno politici seri e professionali, mica quei furbastri di Berlusconi e Maroni – fanno finta di nulla. La Francia ha un cuore talmente grande che ha insistito per l’intervento bellico «in difesa dei civili», ma dei «civili» che sbarcano dall’Africa se ne infischia bellamente. Molto simile la politica della Germania, della quale il Cardinale Kasper ha detto: «Mi stupisce l’attuale chiusura del mio Paese […] l’opposizione tedesca ai visti è inaccettabile» (La Stampa, 10/4/2011, p.4). Nessuna sorpresa, Eminenza; é così che funziona l’accoglienza nei paesi civilizzati, dove i ministri che sbagliano si dimettono - non come da noi- ma dove gli africani che oggi sbarcano affamati non li mandano «fora dai ball», come vorrebbere quel burbero di Bossi: non li vogliono nemmeno vedere. Che stile.
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