No Vasco, non cascarci
Di Giuliano Guzzo (del 25/03/2011 @ 12:42:29, in Attualitą, linkato 1657 volte)

Esce il nuovo album, «Vivere o niente», e lui, con la solita aria da eterno veterano della vita, torna a dire la sua su questo e su quello. Niente di nuovo: Vasco Rossi è sempre stato un ribelle della parola e della musica, uno a cui puoi rimproverare tutto tranne che la reticenza. Peccato che oggi i suoi punti vista e le sue opinioni abbiano perso il potere detonante che potevano avere un tempo per scolorare, di fatto, tra l’infantile e lo scontato. Anzitutto Blasco nega d’esser stato un corifeo dell’autodistruzione e della tossicodipendenza («Descrivevo quello che succedeva») anche se – e non potrebbe fare altrimenti – ammette di aver vissuto nel disordine e nell’irresponsabilità («Ne ho viste di tutti i colori porca vacca, come minimo non dovevo esserci. Ho sempre scritto pensando che non sarei arrivato all'età di mio padre, bruciavo la vita»); una contraddizione grande come una casa, converrete.

Poi dice che la religione è una farsa («E’un'illusione pensare che esista un creatore e che la vita sia un dono»), quindi inneggia all’eutanasia («Ho diritto di scegliere io quando porre fine a questa straordinaria esperienza») e, dulcis in fundo, elogia il relativismo negando l’esistenza di verità eterne e immutabili («Perché la scienza dimostra che non lo sono, anzi che valgono solo fino a prova contraria»). Che tristezza. Fermate il liceale medio e, su religione, eutanasia e verità, vi dirà le stesse cose del cantautore di Zocca. Il quale, ovviamente, non è tenuto ad essere filosofo, ma nel momento in cui pontifica, per milioni di giovani, lo diventa ben più di Platone e Kant.

Per questo dispiace vedere un mito come Vasco fermo a decenni fa, disilluso come non mai e incapace di ribellarsi sul serio, di dire finalmente al suo pubblico che una vita spericolata esiste davvero: la fanno gli innamorati che si sposano, che fanno figli e non dimenticano i padri, i malati terminali che lottano fino alla fine, i giovani che decidono di dedicare la loro vita a quel Dio sopravvissuto, il secolo scorso, a miliardi di funerali. Anche un timoniere di generazioni vagabonde come te, caro Vasco, può ancora rinascere nella speranza e cantare, sullo sfondo di un alba chiara e nuova, il ritorno casa. Pensaci. Anche se sei una star da decenni, al Roxy Bar il brindisi migliore lo devi ancora fare.