Chi crede nella tolleranza, spiegava Bobbio, non lo fa soltanto perché capisce che non la penseremo mai tutti allo stesso modo, ma anche «perché crede nella sua fecondità, e ritiene che il solo modo di ridurre l’intollerante ad accettare la tolleranza non sia la persecuzione ma il riconoscimento del suo diritto ad esprimersi» (Elogio della mitezza, Il Saggiatore, Milano 2006, p.158). Ora, che nella tolleranza occorra crederci e investirci è pacifico. Troppo comodo, altrimenti, evocare la fratellanza universale e poi pensar per sé. Viva la tolleranza, allora, e tutti quelli che la vivificano col loro esempio. Bene. Detto questo, però, c’è un limite a tutto. E quando, a due passi da noi, il Collettivo «Banlieuses Respect» chiede alla Chiesa francese la possibilità di lasciare in gestione alla comunità musulmana alcune chiese non utilizzate, significa che quel limite, purtroppo, rischia di essere superato. Casa, cittadinanza, diritti, libertà di organizzazione, di culto, quello che volete, cari amici islamici, nel rispetto della legge. Ma le chiese no, non se ne parla. A meno che non decidiate, in questo tempo di Quaresima e di conversione, di unirvi a noi, umile gregge del buon Pastore. Di pregare insieme il Figlio del Dio vivente. In tal caso, non dubitate: vi aspetteremo a braccia (e chiese) aperte.
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